Quest’anno i libri arrivati alla segreteria del Premio Campiello erano 455, poi scremati a 94 e, infine, selezionati dalla Giuria dei Letterati. Ieri a Padova, nell’aula magna di Palazzo del Bo, è stata annunciata la cinquina dei finalisti.
La giuria, presieduta da Walter Veltroni, si è dimostrata compatta e sicura. Soprattutto in merito alla menzione speciale ad Ada D’Adamo, che con il suo struggente e meraviglioso Come d’aria si è guadagnata la dozzina del Premio Strega.
Ecco i cinque finalisti:
Benedetta Tobagi con La Resistenza delle donne (Einaudi),
Tommaso Pincio con Diario di un’estate marziana (Perrone editore),
Marta Cai con Centomilioni (Einaudi),
Silvia Ballestra con La Sibilla. Vita di Joyce Lussu (Laterza),
Filippo Tuena con In cerca di Pan (nottetempo).
Si è poi decretato il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, L’ultima innocenza di Emiliano Morreale, edito da Sellerio, il viaggio immaginario tra sale cinematografiche, attori e successo di un professore amante dei film d’essai.
Il 16 settembre, infine, ci sarà la premiazione al Teatro La Fenice di Venezia, in una serata condotta da Francesca Fialdini e Lodo Guenzi, mentre, nel frattempo, gli scrittori e le scrittrici in finale si adopereranno nel tradizionale tour letterario in giro per l’Italia. Le città che visiteranno, con l’obiettivo di promuovere la lettura, oltre che i loro libri e il Premio, sono Roma, Bari, Vicenza, Cornuda, Civitavecchia, Milano, Bergamo, Tivoli, Modena, Jesolo, Lido di Venezia, Cortina: un’occasione da non perdere per ascoltare le vive voci di alcuni tra i più grandi del panorama letterario italiano.

Le donne furono protagoniste della Resistenza: prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita. Una «metà della Storia» a lungo silenziata a cui Benedetta Tobagi ridà voce e volto, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. Ne viene fuori un inedito album di famiglia della Repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. “La Resistenza delle donne” è dedicato «A tutte le antenate»: è un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. Un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile che fa muovere le vicende raccontate sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l’intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra resistenza civile e armata, tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace?

Diario di un’estate marziana è il racconto di uno scrittore che a Roma ha vissuto abbastanza da non riconoscerla più, il resoconto di una passeggiata nel tempo: non in ordine cronologico, però, non strettamente, l’ordine è quello dei salti temporali, delle brevi sospensioni, degli appunti mentali, delle domande al passato e delle risposte immaginate.
Tommaso Pincio passeggia per Roma come passeggiasse nel Novecento, il secolo che sta sempre finendo, il secolo che sta durando più di quanto s’era detto. Ennio Flaiano lo accompagna, a volte qualche passo avanti, a volte rimanendo bloccato negli infiniti cantieri: la suprema e tollerante indifferenza della Capitale l’aveva capita bene lo scrittore abruzzese. Solo in una città che si deteriora così infallibilmente e così pigramente è possibile imbattersi nel passato, vero e sognato; solo durante una stagione in cui i romani sono via, altrove – sono scappati – Tommaso Pincio può concedersi di posare uno sguardo sulla polvere delle cose: dei premi letterari, del cinema, della cultura ufficiale.

Teresa ha quarantasette anni e vive in una cittadina di provincia «né grande né piccola, né nota né ignota». Figlia per sempre, succube di una madre dispotica, vorace, logorroica. È magra come una prugna secca, Teresa, e fuma in continuazione. Sola, solissima, si tiene a galla assecondando i ritmi blandi dei giorni: le commissioni in centro, le lezioni d’inglese nell’istituto per ripetenti dove lavora, i giri in bici. «Vivo come le sogliole, sul fondale», confida come una ragazzina al suo diario segreto. Soltanto lì, tra le righe dell’unico spazio di libertà che le è concesso, può fantasticare su Alessandro, un suo ex studente bellissimo e fin troppo gentile. Teresa lo sogna con una vividezza che la tramortisce. Ma lui, quando all’improvviso le riappare davanti dopo mesi di vuoto, ha in mente ben altri progetti.

Lungo tutto il secolo breve, una donna bellissima e fortissima pensa, scrive, agisce, lotta. Viaggia prima per studio, poi attraversando fronti e frontiere dell’Europa occupata dai nazifascismi: Parigi, Lisbona, Londra, Marsiglia, Roma, il Sud dell’Italia dove sono arrivati gli Alleati. Documenti falsi, missioni segrete, diplomazia clandestina. Joyce, insieme al marito Emilio Lussu e ai compagni di Giustizia e Libertà, sostenuta nelle sue scelte dalla sua famiglia di origine, è in prima linea nella Resistenza. Poetessa, traduttrice, scrittrice, ha sempre coniugato pensiero (prefigurante, modernissimo) e azione. Azione che prosegue nel dopoguerra con la ricerca di poeti da tradurre per far conoscere le lotte di liberazione degli altri paesi, in particolare dell’Africa e del Curdistan. Nazim Hikmet, Agostinho Neto, i guerriglieri di Amílcar Cabral che compongono canti di lotta durante le marce, sono alcuni degli autori che Joyce ‘scopre’ e propone attraverso traduzioni rivoluzionarie.

Uno strano narratore racconta, con stile avvolgente e ipnotica raffinatezza di tocco, una strana navigazione verso l’Oriente. È un viaggio che avviene nello spazio ma anche tra le epoche, sovrapponendo, incrociando, intrecciando presente e passato. L’uomo tiene a mostrarsi come un turista tra tanti su una nave da crociera ma ricorda in modo spiazzante il poeta Ovidio mandato in esilio venti secoli prima. È attratto da una donna che ascolta racconti nella vasca jacuzzi della sua cabina – e se la donna, a propria volta, nascondesse un segreto, una metamorfosi? Se fosse una ninfa? Perché, come sapevano bene gli antichi, lo spirito di Pan si occulta e si svela all’improvviso, nei luoghi e nei tempi più impensati. Filippo Tuena ci invita alla riscoperta del mito e del suo fascino ancora oggi così potente.
Libro vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2023:

A raccontare è un appassionato frequentatore di sale d’essai periferiche e leggendarie come il Cinema Lubitsch di Palermo, poi archivista in una smisurata cineteca di Roma, e ancora studioso e professore in piccole sedi universitarie di provincia. In questo suo girovagare si imbatte quasi per caso in una serie di storie che attraversano il ventesimo secolo, in uomini e donne che inseguono desideri e visioni di celluloide. Sono vicende crudamente vere ma più che inverosimili, e in ognuna si cerca di salvare qualcosa: se stessi, i propri cari, l’amore, la dignità, rincorrendo una redenzione impossibile. Tutti i protagonisti, in un modo o nell’altro, si accorgono che la bellezza, o la fama, non potranno riscattare né loro né il mondo. Una ragazza del New Jersey diventa quasi per caso diva del muto, passeggera del Titanic e pedina di una rete di spie in Italia. Un ebreo omosessuale arriva in Italia e si inventa una nuova vita nel secondo dopoguerra, fingendosi principe in esilio e costruendo nel nulla una nuova Cinecittà. Un regista, nella speranza di rivedere il figlio perduto, conquista suo malgrado ricchezza e successo sotto il nazismo, mentre il figlio dell’unico regista processato per crimini contro l’umanità diventa il più implacabile cacciatore di nazisti d’Europa. Un altro figlio ancora, del capo di Cosa Nostra, mentre esplode la più sanguinosa guerra di mafia di tutti i tempi realizza film inguardabili, rischiando di rovinare il padre. Poi una ragazza sbandata nella Roma degli anni ’70, due uomini che la filmano, un ragazzo che prova a salvarla e va incontro a una fine tragica. E le assurde peripezie dei divi del porno, tra la Legione straniera e gli spiriti delle antiche divinità etrusche. Di tutti loro non resta quasi nulla, a volte nient’altro che un nome o un’immagine confusa, eppure da questi frammenti effimeri scaturisce una voce, l’energia di un racconto, un romanzo che restituisce corpo e vita alle brillanti traiettorie di sogni che cambiano la realtà anche quando non riescono a realizzarsi.
Tu con le tue recensioni mandi la gente(lettrici e lettori) in mezzo alla strada.👏 😊
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Per fortuna ci sono le biblioteche 🤗😊
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M’ispira Centomilioni, me lo segno 😉
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si, non sembra male
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Cara Pina, giusto così per fartelo sapere, qualche ora fa sono andato al Vomero e ho comprato due libri cartacei e adesso vivo 😊 poeticamente parlando, sotto i ponti della Sanità, del Tevere, dell’Arno e, dulcis in fundo e ciliegina sulla torta, della Senna. Però devo dire che me la passo bene al di là dell’inflaziome che corre assai, al di là dei confini. I libri che ho comprato? Subito, eccoli: 1) Cosimo Buccarella I fuoriposto; 2) Amedea Pennacchi MOLOTOV e bigodini. E di questi due romanzi mi è piaciuta la recensione di Massini, scrittore e drammaturgo. Ma l’interesse personale per i due libri era presente già prima che leggessi la recensione. E in questo senso della cronologia mi interessa anche la trilogia di Pierre Lamaitre che tratta gli anni a partire dal 1940 se non erro fino ai giorni nostri.
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Ottimi acquisti, direi. Il libro della Pennacchi l’ho preso anch’io e presto lo leggerò.
A proposito di Massini: mi piace molto, anche quando parla dei libri.
Buona serata 🌟
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Fra poco inizio quello della Pennacchi.👏😊
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dai, poi fammi sapere come ti è sembrato
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Va bene. 😊
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