Cinema dissidente e altro di Massimo Triolo, Mimesis Edizioni 2023

Recensione di Claudio Cherin

Michael Cimino, Abel Ferrara, Brian De Palma, David Lynch o George A. Romero hanno qualcosa in comune? Massimo Triolo, nel saggio Cinema dissidente e altro uscito da poco per Mimesis Edizioni, ritiene che ci possano essere dei legami. Ognuno di questi registi hanno dato tutti vita a grandi capolavori rimasti impressi nella storia, ma lo hanno fatto abbattendo dei limiti, spingendosi oltre.

Il motivo per cui sono riusciti ad emergere è il fatto che erano e sono registi ‘dissidenti’.

Interessati non solo a storie per il grande pubblico, ma anche storie che potevano interessare un ristretto gruppo di spettatori.

Il testo di Massimo Triolo è un saggio che analizza nomi eccellenti del grande schermo. E trova punti in comune. Triolo tratta il cinema d’autore senza rimanere fermo nei canoni cinematografici, ma leggendoli attraverso la filosofia, la sociologia e l’antropologia.

Le scienze umane aiutano a comprendere meglio il lavoro di registi di alto livello. Come se attraverso le immagini esprimessero quanto la filosofia va descrivendo. Va detto che quello che fa è un ottimo connubio tra cinema filosofia o altre discipline delle scienze umane.

Del resto lo stesso Heidegger non scrive un pezzo su una tela di Van Gogh per illustrare un suo concetto? È sicuramente un buon modo di interpretare il cinema, oltre alla visione ‘letterale’ del film, ovviamente. Introdurre libri di filosofia, scrittori (l’autore cita Svevo, ad esempio, Canetti, ma anche Marcuse, Sartre tra gli altri) perché è solo attraverso questa commistione di elementi diversi e discipline differenti che è possibile comprendere meglio il disagio, ma anche la validità dell’opera.

Cosa sarebbe Fellini, senza una buona conoscenza, anche e non solo, del pensiero psicanalitico di Freud? Qualcosa di importante si perderebbe. (Guai, però, a fare di Fellini un corpo da vivisezionare con la psicanalisi!) Fellini vive di una propria luce. Ma l’aiuto di altre discipline fa comprendere meglio ciò che si guarda.

Cosa di cui l’autore sembra essere perfettamente consapevole.

Massimo Triolo analizza nel dettaglio il Joker di Todd Phillips: evidenzia su tutta una serie di caratteristiche che rendono l’opera ampia, attuale, sfaccettata. Lo stesso vale anche per altri film che coprono gli ultimi quaranta-cinquanta anni, come il gotico Toby Dammit di ad esempio.

L’autore non sceglie gli autori a caso, la sua è una ‘prospettiva allargata’, personale, di alcuni registi, ma l’estraneità sembra essere il filo rosso che unisce film di epoche e attori diversi.

Di particolare interesse è anche la lettura che fa del film di Kubrick Eyes wide shut nel quale oltre a individuare il rapporto «intrinseco» tra sesso e potere presente in quell’incantato mondo borghese in cui la borghesia, con le sue leggi, si chiude in se stessa, non ammettendo nulla di diverso dal matrimonio e dal patriarcato. E in cui la maschera usata dai protagonisti non sarebbe altro che un modo per superare le imposizioni alla categoria sociale nella quale vivono.

Lo scrittore individua anche l’estraneità a cui giunge il registra inglese: non vuole che gli spettatori parteggino per uno dei personaggi. Ma rimangano estranei, perturbati da quando viene raccontato.

Per Triolo questa pellicola è incentrata sulla figura della donna e non dell’uomo (medico, per altro) che gira per le strade cupe di New York.

Nel film le donne appaiono indipendenti: mostrano i propri sentimenti, come Marion, si adattano a quello che la vita offre loro, come per la ragazza svenuta durante la festa, si sacrificano come la donna che prende da parte Billy, nel cupo boudoir, e gli sussurra di andarsene, si sacrificano. Ma scelgono il proprio destino, per quanto possono nel mondo patriarcale.

Nicole Kidman ‒ come un’Alice delle Meraviglie, attraverso lo specchio e attraverso le verità che compaiono nei sogni ‒ si addentra nei luoghi più impervi e potenzialmente della  borghesia della Grande Mela, ‘fino a giungere’ in quella società sotterranea e ctonia che la riporta alle origini primitive del sesso e di una parte del desiderio atavico dell’uomo, senza però negoziare la propria «discrezionalità valoriale».

Bill, invece, non è capace di cambiare, si ritrova immobilizzato e senza la possibilità di tornare indietro. Incapace di comprendere i riti orgiastici e la liturgia che inneggiano al possesso dei corpi. E al rendere essi solo oggetti.

Per questo «è un viaggio di Bill verso la compromissione di una volontà liberata» e non può che portare «a una fine tragica». Una donna sceglie al posto di Billy di sacrificarsi e seguire quella legge non scritta in cui «una vita vale un’altra vita».

(la recensione è stata emendata, ritornando alla prima versione, più coerente con le intenzioni del testo. N.d.R.)

Massimo Triolo (1977) è scrittore, giornalista e artista del disegno. Tra le sue più recenti sillogi poetiche: Trilogia dell’estasi (2019); Due ali di fiamma (2020); Le forme del visibile (2020); Nero (2021). Ha pubblicato i romanzi Innocenza e altre deviazioni (2020) e Luce della mia tenebra (2021) e la raccolta di racconti gotici Raso rosso. Racconti e visioni (2021). È comparso con sue liriche nel prestigioso “Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea” (2018 e 2022). Ha vinto e ha menzioni di merito in numerosi premi letterari a carattere nazionale. Collabora con la rivista culturale “Pangea”, con “Teatro contemporaneo e cinema” e con “Il Borghese”. Sono comparsi articoli a sua firma su quotidiani nazionali tra cui “il manifesto”. Ha condotto programmi culturali su diverse emittenti radio.