Di Paolo Cognetti tutti conosciamo la passione per la montagna: il suo più noto romanzo, Le otto montagne, ha vinto il Premio Strega nel 2017 e da esso è stato tratto il film omonimo, una pellicola di rara bellezza (4 David di Donatello 2023 Miglior film, sceneggiatura non originale, fotografia e suono; presentato in Concorso al Festival di Cannes 2022, dove ha vinto il Premio della Giuria), diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, interpretato da Luca Marinelli nei panni di Pietro (lo scrittore) e Alessandro Borghi nei panni di Bruno (l’amico). Cognetti appare rapidamente in una scena del film, che è stato girato tra la Val d’Ayas, Valle d’Aosta, Torino e il Nepal.
Il titolo di libro e film viene da un’antica leggenda nepalese. La raccontano a Pietro gli abitanti di un villaggio sull’Himalaya. Al centro del mondo c’è una montagna altissima, il monte Sumeru. Circondato da otto mari e otto montagne. Ecco allora che le otto montagne diventano una parabola narrativa che copre un’amicizia nata e dispersa dal caso nel corso di vent’anni, nei quali due ragazzi così diversi eppure così uniti vengono risucchiati nei rispettivi destini, da loro non scelti e da entrambi infine rifiutati.

Illustrazione di James Oses

Ma dove scrive Paolo Cognetti? Naturalmente dove vive e cioè in una baita di montagna, a duemila metri, a Estoul, una piccola frazione di Brusson in Val d’Ayas, Valle d’Aosta. Anche se nella sua vita ha girato molto, questo è il luogo del cuore, circondato dalle Alpi imponenti. In questo luogo meraviglioso, Cognetti scrive i suoi libri su un tavolo posto in giardino, recuperato dalla stalla abbandonata dietro la baita.

Nella sua scrittura procede per tappe, immagini, istanti; in questo processo si rivela il ritmo del viaggio, che Cognetti ha nel sangue. Infatti porta sempre con sé, nello zaino, dei quaderni dove fissare pensieri, suggestioni, idee che lo ispirano durante le sue camminate.

Giunto a quella che avverte come l’ultima frase, sentimento che si manifesta in modo chiaro, si volta e rivede il proprio percorso, fatto di tanti momenti che insieme creano l’opera completa, come una nitida traccia sulla cartina.

Una stanza tutta per sé, di Alex Johson

In copertina: foto di L. Martinelli©