Quando vedi un romanzo in una libreria (..) puoi valutare (..) la quantità di tempo che vi è contenuta. E ciò in un duplice senso: il tempo che ha impiegato l’autore per scriverlo, e poi il tempo che impiegherai tu a leggerlo. (..) C’è dell’altro (..) ossia per quanto tempo sarai segnato da un romanzo dopo averlo letto. Ci sono romanzi che ti inseguono per una vita, che ti restano dentro, che durano… Ecco perché affermo che un buon romanzo è una vittoria sul tempo.

Il venditore di incipit per romanzi, di Matei Vişniec, Voland editore 2023, traduzione dal romeno di Mauro Barindi

Che cosa succede se mettiamo in un unico contenitore letterario uno scrittore prolifico in cerca di un incipit folgorante, un inventore di incipit per romanzi che vanta un parco clienti altisonante, una scrittura fluida e immaginifica, uno stupefacente intreccio di piani narrativi? E se poi shakeriamo il tutto, con una spuzzata di fantasia onirica, di distopiche elucubrazioni, di erotiche fughe nella sensualità più recondita e meno scontata?

Il risultato è questo incredibile libro, anzi, Libro. Con la maiuscola, come si concede a qualcosa di unico, da chiamare per nome. E non nel senso del titolo, tra l’altro l’unica cosa, lasciatemi dire, banale: eh… ma attenzione perché è una trappola; il titolo è una ragnatela invisibile ma ben tessuta che acchiappa il lettore e lo getta nelle sgrinfie di un ragno furbacchione, che ogni tanto fa capolino e subito si mimetizza. Titolo che nell’originale infatti si lascia scappare la parola caleidoscopio… avete presente quel tubo al cui interno sono posti degli specchi, che riflettono frammenti di vetro colorato generando piacevoli immagini geometriche, che cambiano ruotandolo? È un termine che ci giunge dal greco, composto da  kalós ‘bello’, eîdos ‘figura’ e del tema di skopéō ‘guardo, insomma un gioco ottico di immagini in continuo susseguirsi e mutarsi che affascina l’osservatore…

Trainati da una traccia principale, ci ritroviamo in un intrico di testi, un metatesto, ciascuno indipendente ma solo apparentemente, perché, in modo sotterraneo, ogni testo è come lambito da un fiume che tutto bagna; testi che escono dalla feconda mente dell’autore-personaggio che alterna il racconto della sua vita alle opere in fieri, e chissà che ne sarà di esse. Cosa le accomuna? La ricerca di un incipit che resti nella storia della letteratura. Invece che sei personaggi in cerca d’autore, potremmo parafrasare in sei romanzi in cerca di incipit.

La prima frase din un romanzo (..) deve essere una scintilla che genera una reazione a catena.”

Questo lo sappiamo tutti, – lettori, scrittori, studenti – è l’ABC dell’apprendista stregone-scrittore; quante volte l’ha già sentito il nostro protagonista! Ma ora a ripeterglielo, durante una premiazione letteraria, con mille diverse metafore è il signor Guy Courtois, di mestiere venditore di incipit per romanzi, ultimo discendente di una lunga schiera di venditori e di una agenzia che opera da trecento anni e che ha prodotto i più fulminanti e noti incipit letterari che ogni lettore venera.

Pensatene uno famoso, “Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so.”, per dire. L’incipit de “Lo straniero” di Albert Camus non è che uno dei tanti prodotti dall’agenzia di Guy. Una costruzione strabiliante, la prima frase, seguita da una seconda, “piena di colpevolezza e ambiguità” come nessun’altra. E mica finisce qui… “Il processo” di Franz Kafka, “Moby Dick” di Herman Melville… tutti usciti dalla strabiliante mente dell’inventore di incipit, a cui l’umanità intera non può che essere riconoscente. E allora, a chi meglio affidarsi se si è in crisi di ispirazione?

Dopo avere lasciato il suo biglietto da visita, Guy si eclissa e mantiene una corrispondenza fitta con il signor M, l’autore in cerca di incipit. L’indirizzo che ha lasciato corrisponde ad una libreria, gestita dal signor Bernard che entra subito nella storia divenendo uno dei protagonisti, insieme alla signorina Ri. Da qui in poi il testo si arricchisce di numerose sotto-storie, un accavallarsi di piani narrativi, che poi si scoprirà altro non sono che i vari testi elaborati dallo scrittore in crisi che incanala la sua creatività su una serie di progetti paralleli. Testi intervallati dalle lettere di Guy Courtois in risposta allo scrittore, in cui leggiamo una serie di riflessioni letterarie accattivanti, su incipit e non solo.

Un ventaglio che si apre e si chiude di continuo, o se preferite una slot machine che, giro dopo giro, propone combinazioni diverse in cui le simbologie si incrociano, si sovrappongono, e il risultato è una stratificazione patch-work… Un romanzo distopico in cui il signor X si sveglia in una città ferma alle 6.37 di un mattino in cui sono spariti tutti. Uno scrittore che si è imbattuto nello strano Caffè dei Timidi. La casa degli scrittori di Bucarest – con tanto di scrittori reali. Uno scrittore che è il primo autore post mortem. L’inquietante (nonché attualissimo) programma Easy Teller, un costruttore di testi letterari che interagisce con lo scrittore per aiutarlo a scrivere la sua opera, e che pian piano prende il sopravvento. Un libraio che da quarant’anni si reca nella stessa pensione in Normandia e soggiogato dal mare non riesce a scrivere il suo romanzo. E tanto altro.

Anche sul piano stilistico è una continua capriola: le lettere, le poesie, i dialoghi tra umani e quelli freddi con l’aggeggio inventore di romanzi-patch, la conduzione dell’intreccio narrativo. Toni e stili diversi che compongono un catalogo completo condensato in un’unica opera letteraria. Si aprono tante finestre dalle quali si intravedono paesaggi e personaggi definiti a diversi livelli di approfondimento e, in generale, si riesce a fissare lo sguardo su alcuni punti-chiave. Le dissertazioni letterarie e filosofiche, la percezione della città di Bucarest che viene percorsa e narrata nei suoi luoghi simbolo, le vicende e le relazioni familiari.

Attraverso la voce narrante, che ha lasciato la sua cittadina di provincia per frequentare l’università a Bucarest, Matei Vişniec ci mostra la capitale al tempo del regime repressivo-spionistico di Ceauşescu, quando il luogo più esclusivo per l’elite letteraria era Casa Monteoru, sull’iconico Viale della Vittoria, dove si trovava il circolo degli Scrittori. Qui c’era il ristorante in cui tutti, ma proprio tutti, gli scrittori già famosi o meno, allineati con il regime o reduci da anni di prigione per avere manifestato il proprio dissenso, si riunivano, e dove il protagonista, imberbe aspirante scrittore, fa di tutto per essere ammesso e godere del fascino che aleggia sull’istituzione.

Casa Monteoru, Bucarest

Caduto il regime e cambiati gli equilibri europei (e mondiali) ogni cosa ha assunto contorni diversi, ma ciò che sembra unire tutti è la singolare protesta volta contro l’istituzione del Premio Nobel: unico premio legato alla Romania è quello di Herta Müller (2009) scrittrice, saggista e poetessa tedesca, nata in Romania, da cui fuggì negli anni ’80 a causa della persecuzione del regime.

Per molti versi il libro di Matei Vişniec mi ha ricordato  La vita fa rima con la morte di Amos Oz e anche il Calvino di Se una notte d’inverno un viaggiatore: una metanarrazione in cui le menti dei personaggi – reali o fittizi – appaiono come una proiezione della fantasia dello scrittore stesso.

Il venditore di incipit per romanzi è un romanzo-mondo, che affianca contesti simultanei e concomitanti, che salta come un acrobata sulla corda tesa senza precipitare, rimanendo in equilibrio. Un romanzo composto da tanti inizi, tale da creare una dipendenza.

L’uomo contemporaneo, divenuto un mutante genetico della società dei consumi, è più che ossessionato dagli inizi, ha fame di inizi. Niente di ontologico o metafisico nella sua corsa agli inizi, ma solo una fuga dalle responsabilità, un evitare il coinvolgimento profondo, un piacere di navigare sulla superficie della vita. La società ha dimenticato di vivere con pazienza, affrontando le difficoltà di un’iniziazione graduale. (..) Cos’è che ci manca in questo mondo per cui siamo così disposti a riprendere tutto dall’inizio, ancora e ancora, con una sorta di eterna speranza che la sequenza successiva sia migliore, forse più divertente, più emozionante? (..) Questo è il punto di partenza del mio romanzo in cui cerco di osservare l’evoluzione di un nuovo tipo di droga sociale: la dipendenza dall’illusione dell’inizio. E perché non scrivere, in un mondo in cui solo gli inizi sono allettanti, un romanzo fatto solo di inizi ?

Matei Visniec

Sarà questo il romanzo del futuro? Ammesso che ci sia un futuro per la prosa, il cui “grande problema” (come suggerisce l’autore per bocca dei suoi protagonisti) sta “nell’incapacità delle parole di captare il tutto in concomitanza. Ecco perché la letteratura prima o poi perderà la partita contro l’immagine“. Possiamo dunque pensare che un giorno le librerie non venderanno più romanzi? Ci saranno solo computer progettati per scrivere romanzi, a seconda delle fantasie e delle sensazioni di ciascun aspirante scrittore? 

Qui potete leggere l’incipit.

Poeta, drammaturgo, romanziere, giornalista, Matei Vişniec è nato nel 1956 a Rădăuţi, nel nord della Romania. Trasferitosi nel 1987 in Francia per sfuggire alla censura di regime, è diventato negli anni il secondo drammaturgo romeno dopo Ionesco a imporsi nel panorama teatrale europeo. Sindrome da panico nella Città dei Lumi, suo secondo romanzo, è stato tradotto in francese, russo, ungherese e bulgaro.

Casa Monteoru-Catargi Uniunea Scriitorilor din România, pic by Razvan Ploscaru