Che ne era dell’Africa che lui era? Che ne era non solo del suo essere ma soprattutto del suo sentirsi africano dentro i margini di una cultura dove tutto era diverso e dove anche gli altri africani erano spesso a lui estranei e stranieri come lo era lui per tutti i bianchi? Come mantenersi integro nella sua identità pur desiderando diventare un po’ parte della nuova realtà e farsi un po’ fluido per farsi accettare?

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Brina e il Buio, di Elena Dak, Mazzanti libri 2023, pp. 195

Il lungo racconto di Elena Dak, dedicato a tutti “quelli che attraversano il Mediterraneo, pur rischiando di morire“, ha come protagonista un giovane africano che, come tanti, decide di affrontare un pericoloso viaggio dal suo paese verso l’Europa in cerca di opportunità per migliorare le sue condizioni. Lascia un paese in balia di estremisti che inneggiano alla guerra, con la speranza di trovare un lavoro che gli permetta di sostenere la sua famiglia. Una storia ben nota, un destino che ritroviamo nelle cronache ogni giorno.

Il Buio aveva una dolcezza negli occhi e una solitudine nello sguardo che non si sapeva come colmare.

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Il racconto si dipana in retrospettiva: a distanza di trent’anni e una volta rientrato nel suo villaggio – che nel frattempo ha vissuto sotto il terrore di Al Qaeda -, e ricongiunto alla sua famiglia, l’uomo si lascia cullare dai ricordi quando, la sera, di fianco al fuoco e al suo aloughi, il levriero arabo che ha preso con sé, ripensa alle Dolomiti, a Brina, a Fabio e Alice, i pastori con cui ha lavorato per un anno.

Il giovane immigrato africano, che impariamo subito a conoscere col nome di Buio, appellativo che gli viene dato dal pastore Fabio, suo datore di lavoro nel Veneto, proviene dall’Africa sub sahariana occidentale, da un villaggio i cui abitanti sono dediti alla pastorizia. Approdato in Italia, si ritrova dapprima nella spirale dello sfruttamento agricolo; gira tanti posti, riuscendo a mantenere la propria libertà, fino ad approdare appunto ai piedi delle Dolomiti, giganti che lo affascinano fin dal primo sguardo.

Qui il suo lavoro è molto simile a quello che svolgeva nel suo villaggio, dove accudiva capre e mucche; certo, il clima, il paesaggio, erano ben diversi, ma l’odore del fuoco, gli odori degli animali e dei bivacchi, l’odore del sottobosco umido, non sono così diversi e in un certo senso lo fanno sentire al sicuro, più vicino alla sua gente di quanto le migliaia di chilometri che lo separano da loro facciano pensare.

Le notti nelle Dolomiti erano, come a casa sua, quiete e affollate di stelle, talvolta in compagnia del fuoco (..) Notti rassicuranti perché tutto della volta celeste, assomigliava al suo mondo e poteva sentirsi al sicuro sotto un cielo identico.

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La vita errante dei pastori tra pianura e alpeggi è dura: il freddo, più o meno intenso, è un compagno fisso, di notte come di giorno, e certo dormire su dei carretti non garantisce alcun tipo di confort. Si mangia in modo frugale, si cammina per chilometri. Eppure tra le persone si costruisce un legame che fa superare le difficoltà: la convivenza prende la forma di una totale condivisione. Ma il legame più forte il Buio lo stabilisce con Brina, la cagna pastore che lo aiuta nell’accudire e governare il gregge. Fedele e determinata, conscia delle proprie mansioni, Brina è una compagna affidabile; è un cane da lavoro, ma è capace di relazionarsi con gli umani.

Brina e il Buio erano l’una il profilo dell’altro. Sembrava che, compatibilmente con le sue forme canine, lei cercasse di assumere la postura di lui (..) Il Buio la guardava sempre (..) la teneva d’occhio anche quando il lavoro era finito e si stava riposando. Lei gli girava intorno scodinzolando mentre lui sistemava le ultime faccende del giorno.

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Il Buio trascorre un anno intero con i pastori e con Brina, ma poi decide di cercarsi un altro lavoro, cerca una opportunità per garantire alla sua famiglia condizioni migliori. Non è una scelta facile, il distacco porta con sé malinconia e dubbi, ma il Buio sa che non è venuto qui per sé stesso: tutti i rischi che ha corso sono finalizzati a riunirsi con moglie e figli e a garantirsi un futuro. Il distacco da Brina è doloroso, ma il Buio è sicuro che lei capirà, che saprà che non è un tradimento.

Il Buio porterà con sé molto da questo anno vissuto sulle Dolomiti; qui impara a conoscere le usanze, le storie, l’erranza con le sue regole, l’attaccamento e il rispetto delle persone al territorio, la volontà di mantenere vive anche le colture di una volta, come le mele antiche.

Il racconto di Elena Dak è una lettura palpitante, un cammino che il lettore compie insieme ai pastori, al Buio, a Brina e alle greggi, in un territorio unico e affascinante. La sua formazione di antropologa e di esperta delle attività pastorali rende le descrizioni precise e vivide; la sua discrezione e il rispetto che nutre per questo mondo e le sue tradizioni fanno sì che non sia un racconto bucolico, ma piuttosto molto realistico. I suoi viaggi in Africa e le persone con cui è venuta a contatto, la sua sensibilità ed empatia, le hanno assicurato una prospettiva privilegiata, scevra da preconcetti e attenta ad accogliere culture e umanità.
In questo contesto e senza pietismi Dak narra l’esperienza di un immigrato africano, giunto da una terra lontana e aperto ad accogliere tutto quello che può ricevere da una esperienza faticosa ma vera, da luoghi così diversi eppure così simili a quelli che ha nel cuore. E ci spinge a riflettere su quale ricchezza potremmo trarre noi da un vicendevole rapporto di comprensione verso chi cerca nel nostro paese un riparo e un futuro migliore.

Elena Dak, ha viaggiato molto verso l’Africa, il Medio Oriente, l’Asia, come guida. Sono le terre percorse dai nomadi a catturarla, e gli studi in antropologia, prima a Cà Foscari a Venezia e poi alla Bicocca a Milano, nutrono e forgiano un desiderio che è diventato motore propulsore delle sue ricerche. Dalle sabbie del Ciad alle acque del Mekong, ovunque ci siano terre da percorrere e genti da conoscere, Elena viaggia con sguardo accogliente e passo leggero.
Vi consiglio di visitare il suo sito, e di approfondire la sua conoscenza; Elena è una persona speciale.

Qui potete leggere l’incipit de libro.

Il libro è pubblicato da Mazzanti Libri che fa parte del progetto Meta Liber, una Casa Editrice specializzata sia nell’editoria cartacea tradizionale che nella produzione di Applicazioni per Smartphone e Tablet Apple e Android. Il loro sistema di pubblicazione dei libri cartacei consente al lettore di fruire anche i contenuti digitabili tramite l’APP (gratuita). Si può ascoltare l’audiolibro letto e registrato dallo stesso autore, si possono vedere immagini, e altri approfondimenti. Dunque un modo innovativo e poliedrico.