Oggi togliamo un po’ di polvere e ragnatele a due parole che sono rimaste lì, in un angolino, senza farsi troppo notare e amare.
Esperire, /e·spe·rì·re/: v. tr. [dal lat. experiri, dal tema di peritus «perito, esperto»], provare, sperimentare, tentare; anche conoscere per prova.
Esperire è un termine ricco di significato, che va ben oltre la semplice azione di provare o fare. Questo verbo racchiude in sé l’idea di un agire ponderato e consapevole, frutto di una pregressa esperienza e di una competenza specifica. L’etimologia della parola, con il suo antico participio passato “esperto” poi evolutosi in “esperito”, evidenzia ulteriormente questo spessore concettuale. L’esperire non si limita al mero tentativo, ma implica un approccio riflessivo e critico, che tiene conto delle conoscenze e delle abilità acquisite in precedenza.
Si tratta di un processo attivo e consapevole, che richiede impegno e dedizione, non solo per eseguire un’azione, ma anche per comprenderne le implicazioni e i possibili esiti. In questo senso, l’esperire si configura come una forma di apprendimento esperienziale, attraverso la quale si accresce il proprio bagaglio di conoscenze e si affina la propria capacità di giudizio.
Ad esempio uno scienziato esperisce un nuovo metodo di ricerca, ma non si tratta di un tentativo casuale, quanto piuttosto un’azione condotta sulla base di solide conoscenze scientifiche e di un’attenta valutazione dei potenziali risultati. Un musicista esperto interpreta un brano complesso, laddove la sua esecuzione non è solo frutto di abilità tecnica, ma anche di una profonda comprensione della composizione e delle sue sfumature espressive. Oppure un artigiano esperto realizza un oggetto d’arte. La sua creazione non è frutto di un semplice lavoro manuale, ma di una sapiente combinazione di conoscenza dei materiali, tecniche tradizionali e creatività personale.
Aporia, /a·po·rì·a/: dubbio insolubile, ostacolo insuperabile che blocca un ragionamento.
Il termine aporia (dal greco ἀπορία, passaggio impraticabile, strada senza uscita), nella filosofia greca antica indicava l’impossibilità di dare una risposta precisa a un problema, poiché ci si trovava di fronte a due soluzioni che, per quanto opposte, sembravano entrambe valide.
Oggi l’aporia assume il significato di insolubilità di un problema qualora si parta da determinate premesse. Se si vuole confutare una teoria il metodo usato è proprio quello di dimostrare, tramite opportune premesse, che le sue conclusioni sono aporetiche, cioè contraddittorie o che generano antinomie.
Questo termine coglie perfettamente quell’istante in cui un dibattito o un ragionamento si bloccano di fronte a un ostacolo insormontabile. Ci si ritrova imprigionati in una sorta di vicolo cieco intellettuale, incapaci di procedere a causa di un paradosso logico o di una contraddizione irrisolvibile.
L’aporia non rappresenta un fallimento, bensì un’occasione preziosa per approfondire il pensiero e mettere in discussione le proprie convinzioni. Di fronte a un’aporia, siamo costretti a rivedere le nostre premesse, ad esplorare nuove strade cognitive e a confrontarci con l’incertezza.
In questo senso, l’aporia può fungere da stimolo per la crescita intellettuale e per lo sviluppo di un pensiero più critico e aperto. L’aporia ci ricorda che la conoscenza è un processo in continuo divenire, mai definitivo o completo. E’ proprio nel confronto con i limiti del nostro sapere e con le aporie che ci troviamo di fronte che possiamo progredire e ampliare la nostra comprensione del mondo.
Che mi dite di questi due vocaboli? Li usate, vi capita di incontrarli?


Grazie.
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Grazie a te per essere passato di qua
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E’ vero, esperire, come verbo, è in disuso. Anche come participio passato, esperito è forma ormai desueta, quasi senza possibilità di recupero, direi: suona saccente, temo, utilizzabile solo in un linguaggio che si vuole “alto”, che metacomunica “attenti a voi, io e solo io sono il professore”.
Non sarebbe male, almeno talvolta, a ben vedere, un tale uso – in memoria di certi “Questo lo dice lei” scagliati da ragazzotta (se non sbaglio) novax o giù di lì all’epidemiologo cattedratico di turno.
“Sperimentare” ha, credo, scalzato il termine (senza esserne un vero sinonimo) mentre “esperto”, divenuto aggettivo sostantivato, è molto, anche troppo, utilizzato, a torto o a ragione. Siamo sopraffatti dagli “esperti”. Forse, ma solo forse, potrebbe essere usato all’infinito: con, sempre, un livello meta un po’ saccente, temo.
Aporia sarebbe davvero un bel sostantivo da recuperare al linguaggio quotidiano essendo tuttavia, da sempre, usato quasi solo nel linguaggio filosofico.
Contraddizione, antinomia (anche questa, temo, poco usata se non, per l’appunto, in ambito filosofico), sono quasi-sinonimi (come sono, peraltro sempre, i sinonimi).
Sarebbe davvero bello se ne venisse esteso l’uso al linguaggio quotidiano: costituirebbe un indicatore di buona frequentazione di quel tanto di logica della proposizione necessario a rendere una comunità sana e capace di una convivenza buona.
Ehi, davvero bella questa tua “rubrica”! Confesso che mi ci diverto.
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Grazie Ivana per tutti gli spunti e le considerazioni come sempre stimolanti.
Mi diverto molto a ripescare certi termini e indagare il loro significato.
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Aporia per me è la prima volta che lo incontro
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Spero di averti incuriosito
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Certo che si 😊
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Qui mi confesso sconfitto: non li uso mai e, anzi, di aporia essenzialmente ignoravo il significato. Mi hai conquistato, però, con esperire, e soprattutto sottolineando che il suo participio passato è esperto.
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Felice di avere stimolato la tua curiosità 😊
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di nome le conosco
esperire di più, ma per entrambe non avrei saputo collocarle in una frase precisa o dire il loro significato; aporia devo averla letta al Classico cmq
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Si, immagino, è un termine legato alla filosofia.
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Aporia trova ancora spazio nei manuali di filosofia, mentre esperire lo si incontra davvero di rado.
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Vero, sono due parole poco frequentate
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No, direi che non uso né l’uno né l’altro
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