La rubrica dedicata alle parole che poco capita di incontrare nel parlato e nello scritto oggi punta le luci su queste due parole, una che viene dal passato e l’altra nata nel ventesimo secolo.

Segaligno, /se·ga·lì·gno/: derivato dalla segale, questo aggettivo si usa per lo più nel suo significato figurato, detto di persona, nel senso di magro, asciutto, ma s’intende in genere che sia di costituzione sana e robusta, capace di resistere allo sforzo.
Il termine segaligno però ha subito un’evoluzione semantica e presenta oggi una duplice interpretazione: storicamente associato a una corporatura asciutta ma forte, paragonabile a una spiga di grano, nel linguaggio comune assume spesso un significato più negativo, alludendo a una magrezza eccessiva e a una salute precaria.

Segaligno è dunque un aggettivo che racconta una storia di trasformazioni culturali. L’ideale di bellezza e salute ha subito una profonda trasformazione. Se un tempo la magrezza era associata a una costituzione sana e robusta, oggi è spesso percepita come un segno di debolezza, in contrasto con i modelli estetici dominanti, che esaltano la massa muscolare e la corpulenza.

Petricore, /pe·tri·cò·re/: è un termine di recente nascita ma che sarebbe davvero un peccato perdere. Il petricore è una particolare sensazione olfattiva, foriera di piacevolezza e sollievo, che si percepisce in presenza del profumo di pioggia sulla terra asciutta; viene dal greco πέτρᾱ pétrā “macigno, pietra” e ἰχώρ ichṓr, “icore”, essudato, linfa (come sangue degli dei). Le prime gocce di pioggia, dopo un periodo di siccità, scatenano una reazione chimica nel terreno, liberando nell’aria un aroma inconfondibile. Questo profumo, che percepiamo come un piacevole sollievo, è indissolubilmente legato all’immagine dell’acquazzone estivo che rigenera la terra e la vegetazione. È un profumo che evoca sensazioni di freschezza e di rinnovamento.

Due ricercatori australiani, Isabel Joy Bear e R.G. Thomas, hanno svelato il complesso processo chimico che dà origine al caratteristico profumo della terra bagnata. Hanno scoperto che le piante, durante i periodi di siccità, producono un olio che impregna il terreno. Quando piove, questo olio viene rilasciato nell’aria insieme alla geosmina, un composto prodotto da alcuni batteri, creando quella sensazione di freschezza che tutti conosciamo. Hanno così coniato la parola petricore, italiano di petrichor, apparso per la prima volta nel 1964 sulla rivista Nature.

Va de sé che questo odore varia a seconda del terreno e delle piante che vi albergano, dunque quello che sentiamo, che so, nella macchia mediterranea sarà diverso da quello che sentono in Australia, ma la sensazione che proviamo non è un costrutto poetico, non è solo un processo chimico, è qualcosa di sensoriale, un po’ ineffabile, sì, ma piacevole. Un profumo che ci connette alla natura, alla sua forza e alla sua capacità di rinnovarsi continuamente. Non a caso, è stato spesso celebrato come simbolo di purificazione e di rinascita.

Che mi dite di queste due parole? Vi piacciono? Le usate o usereste?