Le parole che vi propongo oggi vi suoneranno abbastanza familiari, sicuramente le avrete sentite, lette e usate; anch’io le uso ma mi capita piuttosto spesso di sentirmi dire che sono “parole vecchie”, “sei proprio di un’altra generazione”, “si vede che andavi a scuola in un altro secolo”… Naturalmente queste ironie vagamente velate riferite alle mie numerose primavere mi fanno sorridere, però mi fanno anche venire il dubbio che queste bellissime parole potrebbero avere vita breve, almeno nella lingua parlata.
Basta premesse, eccole qui.
Parto da un aggettivo che mi piace molto, perché è diretto, va dritto a rendere palese il suo significato senza gingillarsi; nessuna implicazione estetica, manieristica. Una parola che definirei quasi scultorea.
Nerboruto, /ner·bo·rù·to/: agg. [der. di nerbo, con influenza dell’ant. plur. nerbora]. – Muscoloso, vigoroso, robusto, poderoso, riferito a persona o a parti del corpo umano.
Nerboruto è più di un semplice descrittore fisico: è un’evocazione della forza primordiale, della materia muscolare che si contrae e si distende. Il termine, nelle sue radici, ci mostra l’intreccio di muscoli e tendini, il nerbo che dà forma e potenza al corpo. Un termine che evoca la forza della natura, la vitalità che si esprime nella materia.
La seconda parola di oggi è un termine poetico, che personalmente amo molto.
Rorido, /rò·ri·do/: agg. [dal lat. rorĭdus, der. di ros roris «rugiada»], poet. – Rugiadoso, umido, bagnato da gocce, imperlato.
Rorido lo definirei un gioiello lessicale. Dal latino “ros”, rugiada, evoca immagini di albe fresche e nature rigogliose. A differenza del più comune ‘rugiadoso’, rorido porta con sé una patina di poesia, suggerendo atmosfere liriche e sensazioni delicate. Il prato al mattino, i fiori tremuli, tutto ciò che scintilla di rugiada può essere definito rorido. Un aggettivo che invita a un’osservazione più attenta e raffinata della natura. È il termine perfetto per evocare la bellezza fragile e scintillante dell’alba, quando il mondo si risveglia bagnato dalla rugiada; è un termine che cattura l’essenza della goccia. Che si tratti di una lacrima, di una perla di rugiada o di una goccia di sudore, rorido evoca un’immagine di fragilità e perfezione. È un aggettivo che ci invita a osservare il mondo con occhi nuovi, apprezzando la bellezza delle piccole cose.
Che mi dite di queste due belle parole? Le usate?


Rorido non mi pare obsoleto, lo sento usare ancora, nerboruto si è perso effettivamente, ne ho perse le tracce quando mio padre smise di seguire il pugilato. E io ero ancora bambina
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😁😁😁😁
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Grazie, ho imparato una parola nuova: rorido. Non l’avevo mai incontrata e quindi non ne conoscevo il significato.
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Grazie a te Daniela, e buona domenica 🌹🐾
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Mi sono entrambe simpatiche. Rorido é quasi poesia…
Buona domenica!
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Grazie Luisella, buona domenica anche a te 🐾🍂🌹
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Grazie nerboruto a volte compare, rorido, scomparso 🌹🐈⬛
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A me piacciono molto 😊
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Sai che rorido non l’avevo mai sentito (e nemmeno il correttore automatico del mio telefono, che continuava a sostituirlo con orrido)? Grazie per avermelo fatto scoprire, è effettivamente molto bello, anche se non penso che si possa usare in molte occasioni.
Anche nerboruto ha il suo fascino, anche se di solito gli preferisco un termine che si rifa più alla sfera “fisiologica” che a quella “anatomica”: gagliardo.
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Gagliardo è bellissimo
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Anche a me piace molto, da quando ho sentito Mastroianni usarlo alla fine dei Soliti Ignoti:-).
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A me piacciono ambedue!
Rorido mi richiama sempre la Morte di Ermengarda: ” … e rorida/ di morte il bianco aspetto.”
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Grazie Luisa per avere condiviso questa citazione colta. In effetti questo aggettivo è molto poetico e piace agli scrittori.
Piaceva anche al buon Leopardi, la troviamo anche nell’Ultimo canto di Saffo:
Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
sei tu, rorida terra. Ahi! di codesta
infinita beltá parte nessuna
alla misera Saffo i numi e l’empia
sorte non fenno.
Che poesia in questi versi….. al di là di rorida….
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Versi davvero fantastici! Grazie per avermeli ricordati
Buon pomeriggio, Pina 💞
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Rorido mai sentito
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ecco, almeno ti ho fatto scoprire qualcosa di nuovo
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Oramai quasi a ogni post
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😊😊😊🙃🙃🙃
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“Lenta le palme e rorida di morte il bianco aspetto…” 🙂 Non uso rorido, nerboruto sì, ma solo in contesto ironico.
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grazie Marisa
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Nerboruto secondo me si usa ancora abbastanza, non lo sento come un termine così vecchio o desueto. Rorido, invece, per quanto anche a me piaccia molto, credo di averlo incontrato solo in ambito letterario.
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Adoro anche io la parola rorido che evoca tantissime poesie e sensazioni. Nerboruto lo uso ancora; bella la definizione che dai. Grazie.
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mi fa piacere che tu le usi!!
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non trovo parole vecchie o nuove…solo parole perfette per ognuno di noi, nel senso che ci “esprimono” in determinate situazioni emotive. personalmente adoro letteralmente “rorido” che ha della sensualità nel suo stillare gocce d’essenze le più disparate. nerboruto invece mi è ” pesante” non antico proprio pesante. meglio non so dirlo…ciao pina un abbraccio ❤
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Grazie per avere espresso con tanta grazia e sensibilità il tuo pensiero.
È buona giornata 🍀🐾
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Grazie a te
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nerboruto sì, l’ho sentito ogni tanto
la seconda, no, la prima volta ho pure letto altro 😂
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Assomiglia a orrido…. 😁😁
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Oddio
Noto ora che è l’anagramma
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Rorido, bellissimo aggettivo, davvero, quasi solo poetico; difficile da usare in prosa, purtroppo. Meno che mai nel parlato. Purtroppo, ancora.
Nerboruto, non so perché, mi risuona come avente, con il significato riferito al fisico, un significato di squalifica sul piano dell’intelligenza, tipo uno di quei luoghi comuni per i quali una donna bella non dovrebbe essere intelligente: ecco, un uomo nerboruto neppure. Divertente scoprirmi uno stereotipo di questo tipo al maschile.
Sarà per questo che non sento “nerboruto” come desueto, pure se lo è: chissà, forse lo tengo a portata di voce/di scrittura come occasione di insulto civilizzato; dopotutto non è una parolaccia.
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Non ti preoccupare per l’uso di nerboruto; capita spesso di attribuire alle parole un significato personalizzato, magari legato ad un ricordo, ad un episodio significativo, ad una emozione indelebile.
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