Le parole che vi propongo oggi mi piacciono molto; la prima è caduta un po’ in disuso, la seconda, mi direte no, anche perché ha un largo campo di applicazione nella società attuale… Vi do ragione, ma analizziamola lo stesso.

Anòdino (meno corretto anodìno, ma in effetti questa è la pronuncia più comune) agg. [dal lat. tardo anody̆nus, gr. ἀνώδυνος «senza dolore», comp. di ἀν- priv. e ὀδύνη «dolore»]: Senza carattere, insignificante, inefficace, inutile, futile, insulso, debole.
In medicina, sedativo, antidolorifico, riferito a sostanza che ha azione calmante, come per es. i narcotici, gli anestetici, gli antinevralgici.
Originariamente legato al concetto di assenza di dolore fisico, il termine ‘anodino’, derivato dal greco ‘anòdynus’, ha subito un’evoluzione semantica nel corso dei secoli. Introdotto in italiano nel Settecento con un significato prettamente medico e farmaceutico, si è poi esteso a indicare tutto ciò che è inoffensivo, insignificante, privo di carattere o di rilievo. Il passaggio dal campo scientifico a quello più generale del linguaggio comune è emblematico di come le parole mutino nel tempo, adattandosi ai nuovi bisogni espressivi.
Anodino è un vocabolo poliedrico, offre una gamma di significati che si intrecciano e si arricchiscono a vicenda, delineando un quadro semantico complesso e sfaccettato. Questa profondità la distingue nettamente dai suoi sinonimi, che ne catturano solo parziali sfumature.

Livore, /li·vó·re/: [dal lat. livor –oris, der. di livere «essere livido»]. Sentimento di invidia o di rancore, astio maligno, rabbia velenosa. Nell’uso comune ci si riferisce all’aspetto livido del volto di chi è tormentato dall’invidia, come anche il buon Leopardi era uso utilizzarlo: “l’odio e l’immondo Livor privato e de’ tiranni“.

Le passioni più intense si manifestano nel corpo e nel volto. Quando il livore prende il sopravvento, i tratti si irrigidiscono, il colorito si altera, assumendo sfumature livide e malsane. È come se il corpo venisse avvelenato da un sentimento oscuro, un misto di invidia, rancore e rabbia cieca. Un’emozione primitiva, che turba l’equilibrio interiore e distorce la percezione della realtà.
Nel nostro tempo attuale e digitale il campo d’azione di questa parola è soprattutto quello dei social e dei cosiddetti dibattiti televisivi (avete presente quei “programmi demenziali” – cit. il Battiato di Bandiera bianca – dove i presunti opinionisti si urlano addosso e non si capisce nemmeno quello che vorrebbero esprimere?)

Per inciso, è anche il titolo italiano di un romanzo di Patricia Cornwell; questo rafforzerà le vostre obiezioni sul fatto che sia in via di estinzione, ma trattenete le proteste, vi ho già dato ragione… No scherzo, dite tutto quello che pensate di queste due paroline.