Il mese di gennaio 2025 mi ha offerto una varietà di letture interessanti; sei romanzi che mi hanno regalato emozioni intense, ognuno con una storia unica e coinvolgente, portandomi in viaggio attraverso diversi paesi e culture, e varie epoche: sono stata in Germania, in Francia, in Lapponia, nell’isola di Reunion, nella Repubblica ceca e in Iraq.

È sempre un’esperienza meravigliosa quando si ha la fortuna di imbattersi in romanzi appassionanti, scritti con maestria e capaci di toccare il cuore del lettore. Un’esperienza che ci ricorda ancora una volta il potere magico dei libri di trasportarci in mondi lontani e di farci vivere esperienze indimenticabili.

Questi i sei libri che ho letto:

Dunya Mikhail, Le regine rubate del Sinjar

Mariana Leky, Pronto intervento

Valérie Perrin, Tatà

Petra Rautiainen, Terra di neve e cenere

Gaëlle Bélem, Il frutto più raro. La scoperta della vaniglia

Alena Mornštajnová, Hana

Tra i sei libri letti, il migliore si è rivelato Hana, della scrittrice ceca Alena Mornštajnová.

Il romanzo si concentra sulla storia di due donne, Hana e Mira, le cui vite sono intrecciate da un legame di parentela e da un passato doloroso. Hana all’inizio del racconto ha l’aspetto di una persona anziana, è denutrita, stranita e silenziosa; porta sul braccio i segni indelebili della sua esperienza nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Un passato infausto che non vuole ricordare, un dolore che ha segnato la sua esistenza.
Mira è una bambina che dopo aver perso i genitori a causa di un’epidemia, viene affidata alle cure della zia Hana. Il loro rapporto è inizialmente difficile, segnato dalla diffidenza e dal silenzio. Ma con il tempo, tra le due si instaura un legame profondo, un sentimento di affetto che nasce lentamente, in un cuore che sembrava incapace di amare
Il romanzo è composto da tre parti ciascuna ambientata in un periodo di tempo diverso con narratori alternati.

Abbracciando due distinte linee temporali, i lettori vengono trasportati tra la fine degli anni Trenta, gli anni Quaranta e Cinquanta di Meziříčí, gli anni della guerra in un ghetto di Terezín e il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Mentre Mira scopre la verità sulla sua storia familiare, vengono svelate le ragioni del comportamento di sua zia, il suo aspetto denutrito e il tatuaggio sul polso.

Come Mira dieci anni dopo, Hana crede di essere l’unica sopravvissuta della sua famiglia. Sebbene dopo la guerra si sia riunita con la sorella a Meziříčí, Hana non è mai riuscita a superare completamente il trauma subito. Il suo senso di colpa per non aver colto l’opportunità di fuggire quando era ancora possibile e per essere sopravvissuta ai campi di concentramento è profondamente radicato. È perseguitata dalla sua decisione e si sente responsabile del destino di sua madre e dei suoi nonni.

La colpa del sopravvissuto è un tema ampiamente trattato, spesso da sopravvissuti stessi che hanno raccontato le loro esperienze per elaborare il trauma. Per costruire la sua narrazione, Mornštajnová, pur non essendo ebrea e non avendo legami personali con l’Olocausto, si è basata sulle testimonianze orali dei sopravvissuti e sulla ricerca storica sulla comunità ebraica di Meziříčí.

L’autrice mette in luce come due tragedie, distanziate di un decennio, possano generare le medesime ripercussioni psicologiche nelle due protagoniste. Sia Mira che Hana sono accomunate dal senso di colpa del sopravvissuto, ma paradossalmente diventano l’una il fulcro della guarigione dell’altra. Mira trova conforto nella piatta e ripetitiva esistenza di Hana, mentre prendersi cura di Mira infonde in Hana un rinnovato scopo di vita. Mornštajnová suggerisce che, sebbene il trauma non possa essere cancellato, il tempo e la costruzione di legami significativi possono rappresentare i più potenti strumenti di guarigione.

Quali sono state le vostre esperienze di lettura nel mese di dicembre? C’è un titolo che vi ha particolarmente coinvolto e che vorreste suggerire?