Al Palazzo del Bo di Padova, presso l’Università degli Studi di Padova, è stata annunciata la cinquina di libri finalisti del Premio Campiello 2025, concorso di letteratura italiana contemporanea promosso dalla Fondazione Il Campiello ‐ Confindustria Veneto.
Ecco le opere – scelte tra le 81 ammesse dal Comitato Tecnico – che si contenderanno la vittoria finale, a settembre, a Venezia: 

  • Di spalle a questo mondo (Neri Pozza) di Wanda Marasco (mia recensione)
  • Bebelplatz – La notte dei libri bruciati (Sellerio) di Fabio Stassi (mia recensione)
  • Inverness (Polidoro) di Monica Pareschi 
  • Nord Nord (Einaudi) di Marco Belpoliti
  • Troncamacchioni (Feltrinelli) di Alberto Prunetti

La Cerimonia di selezione della 63^ edizione del Campiello ha visto protagonista la Giuria dei Letterati, presieduta quest’anno da Giorgio Zanchini, nel corso di un evento pubblico in cui sono stati definiti i cinque romanzi di narrativa italiana tra quelli pubblicati nell’ultimo anno, in lizza per il Premio Campiello – Selezione Giuria dei Letterati, vinto lo scorso anno da Federica Manzon con Alma (Feltrinelli).

Il vincitore della 63^ edizione del Premio Campiello sarà proclamato sabato 13 settembre al teatro la Fenice di Venezia, selezionato dalla votazione della Giuria dei Trecento Lettori anonimi. I Giurati vengono selezionati su tutto il territorio nazionale in base alle categorie sociali e professionali, cambiano ogni anno e i loro nomi rimangono segreti fino alla serata finale.

Durante la selezione la Giuria ha inoltre annunciato il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, riconoscimento attribuito dal 2004 ad un autore al suo esordio letterario. Il premio è stato assegnato a Antonio Galetta con Pietà (Giulio Einaudi Editore).

La motivazione:
Pietà, esordio narrativo di Antonio Galetta, si impone per la qualità della scrittura e l’originalità della costruzione. Ambientato in un minuscolo e immaginario paese dell’Italia meridionale, il testo diviene rappresentazione, al tempo stesso ironica e drammatica, di un universo umano molto più ampio. L’adozione del noi come voce narrante consente di osservare dall’interno la comunità. La coralità del romanzo, tuttavia, non esclude il distacco critico verso una degenerazione del discorso pubblico che valica i ristretti confini della cittadina. La struttura narrativa, non lineare ma ben coesa, e la lingua, che si caratterizza per l’inventiva lessicale e per l’alternanza dei registri dal comico al burocratico o dal grottesco al lirico, testimoniano un’interessante ricerca stilistica.

La Giuria dei Letterati è presieduta da Giorgio Zanchini ed è composta da autorevoli personalità del mondo letterario ed accademico quali: Alessandro Beretta, critico letterario, giornalista, programmer cinematografico e promotore culturale, Federico Bertoni, docente di Critica letteraria e letterature comparate all’Università di Bologna, Daniela Brogi, docente di Letteratura Italiana contemporanea all’Università per Stranieri di Siena, Silvia Calandrelli, direttore di Rai Cultura, Daria Galateria, scrittrice, accademica e traduttrice, Rita Librandi, docente emerita di Linguistica italiana e Storia della lingua italiana e Vicepresidente dell’Accademia della Crusca. Compongono la Giuria inoltre Liliana Rampello, critica letteraria e saggista, ha insegnato Estetica all’Università di Bologna, Stefano Salis, caporedattore delle pagine dei Commenti e della Domenica del Sole 24 Ore e Lorenzo Tomasin, Docente di Filologia Romanza all’Università di Losanna e Roberto Vecchioni, cantautore, scrittore, docente universitario.

Vediamo i cinque libri finalisti:

Libro vincitore del Premio Costa Smeralda 2025 – Sezione narrativa
Libro incluso nella dozzina finalista del Premio Strega 2025, presentato da Giulia Ciarrapica
Libro finalista del Premio Internazionale Flaiano 2025 – Sezione Over 35
Libro finalista del Premio Campiello 2025

Fin da bambino Ferdinando ha odiato la morte al punto da fare della salvezza la sua ossessione di medico. Ma una vocazione così grande, scontrandosi con le iniquità subite, non può che fallire e trovare casa nella follia. Olga, nella sua infanzia a Rostov, ha dovuto misurarsi proprio con l’alienazione materna, quintessenza di Storia e fragilità. Unico scampo da essa la fuga, frenata da una radice nascosta sotto la neve e dalla zoppia, che diventa destino e comunione con l’imperfetto. Ma si può vivere a un passo dall’ideale? Ferdinando, dal buio della sua ratio opacizzata, continuerà a salvare asini e pupi; mentre Olga, pur guarita dalla scienza e dall’amore di Ferdinando, tornerà a claudicare. Voi non credete che quando ci spezziamo è per sempre? La domanda che Olga rivolge al pittore Edoardo Dalbono è sintesi di una irreparabilità e di una caduta che restano perenni.

10 maggio 1933. A Bebelplatz, nel centro di Berlino, allo scoccare della mezzanotte migliaia di libri vengono dati alle fiamme. Joseph Goebbels proclama: «L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo di carattere». Su tutta l’Europa si sparge un odore di benzina e di cenere. 24 febbraio 2022. La Russia invade l’Ucraina, e di lì a qualche mese un nuovo conflitto devasterà la striscia di Gaza. Durante un tour negli istituti di cultura italiani da Amburgo a Monaco, Fabio Stassi attraversa le piazze delle Bücherverbrennungen, i roghi di libri, e risale a ritmo incalzante la memoria del fuoco e delle censure, dei primi bombardamenti aerei sui civili, del saccheggio di librerie e biblioteche. Studia mappe e resoconti, si interroga sul ruolo della cultura e sulla cecità della guerra, indaga l’istinto di sopraffazione degli esseri umani. Alla fine compone un piccolo atlante della letteratura «dannosa e indesiderata» e rintraccia cinque scrittori italiani destinati alle fiamme dai nazisti: Pietro Aretino, il cantore della libertà rinascimentale; Giuseppe Antonio Borgese, cittadino del mondo e inguaribile utopista; Emilio Salgari, antimperialista amato in Sudamerica; Ignazio Silone, antifascista radicale, e Maria Volpi, unica donna della lista, disinibita narratrice del piacere e dell’indipendenza femminile. Quello di Stassi è un appassionato discorso in difesa di tutto ciò che trasgredisce la norma, un viaggio ricco di corrispondenze, colpi di scena e nuove interpretazioni, da Ovidio a Cervantes, da Arendt a Canetti, Sebald, Morante, Bernhard: un invito a disseppellire la biblioteca di Don Chisciotte. Perché la ribellione si impara leggendo, e ogni lettore, per qualsiasi potere, «è sempre una minaccia».

Monica Pareschi torna alla narrativa con un’opera fondata sui sentimenti più nascosti, sulle piccolezze mostruose, vitree, che tutti noi coviamo mentre amiamo e mentre odiamo. Una costellazione di racconti che divaricano l’anima piano piano, come cristalli Swarovski. In queste storie c’è, nell’incontro con l’altro, una paura antica: incontri sbagliati e mancati, incontri fatali. Baci velenosi. Bambine dai difetti repellenti. Addii freddi e intollerabili, ricambiati in parte e scambiati per eterne maledizioni. Il confine sottile tra il vedersi davvero e l’inorridire.

Da quando è andato a vivere nel Nord del Nord, abbandonando la pianura emiliano-romagnola, Marco Belpoliti è affascinato dal mistero di quel luogo, insieme concreto e sfuggente. E come già in “Pianura”, più che nel raggiungimento di una meta, il senso del suo vagabondare sta negli incontri avvenuti lungo la strada. È nello scambio intellettuale e umano con fotografi, artisti e scrittori amici – veri e propri spiriti-guida – che Belpoliti individua il suo Nord, la sua bussola sentimentale e poetica. Dove si trova esattamente il Nord? E che cosa significa, nel nostro Paese? È forse una pura invenzione? Né Dante né Petrarca hanno mai usato questa parola, in caso di necessità l’avrebbero chiamato Settentrione. Allora quando si è cominciato a parlarne? Partendo da questi interrogativi su un concetto relativo e quanto mai sfuggente, Marco Belpoliti traccia i contorni di un territorio definito dalla storia, dalla geografia, dai ricordi personali e letterari: un territorio che da Milano, sua città elettiva, si estende alla Brianza, a Monza e a Bergamo, ma anche al Mare del Nord e persino al Mar Nero.

È il racconto di uomini e donne nell’Alta Maremma agli albori del fascismo: anarchici e banditi, disertori e comunisti, tipi arruffati che non hanno avuto la fortuna di trovare davanti a sé una strada dritta e spianata, ma sono stati costretti a farsi avanti “a troncamacchioni”: perennemente in fuga dall’autorità costituita, dai picchiatori fascisti, dai delatori pronti a vendere il vicino di casa per pochi denari. Lo spirito ribelle di minatori e contadini che non hanno niente da perdere ma non rinunciano a opporsi, a negare il proprio consenso, si fa avanti a colpi di coltello, di bastone, di furore, ma anche di versi in ottava rima improvvisati. E dalle colline della Maremma arriva fino in Francia, in Belgio, in Russia.

Ne avete letto qualcuno? Siete attirati da un titolo in particolare?