Cane e contrabbasso, di Saša Ilić, Keller editore 2023, traduzione dal serbo di Estera Miočić, pp. 384

Il jazz, con la sua intrinseca improvvisazione, le sue armonie complesse e le dissonanze che spesso risolvono in una nuova, inattesa bellezza, offre un parallelismo straordinario con la letteratura che esplora il disagio mentale derivante da traumi. Proprio come un musicista jazz naviga attraverso temi e variazioni, a volte ritornando su un motivo familiare, a volte perdendosi in una cacofonia per poi ritrovare una nuova melodia, così un romanzo che affronta il trauma delinea la frammentazione della psiche. Le narrazioni del disagio non procedono in modo lineare, ma si muovono con flashback e salti temporali, proprio come le improvvisazioni che attingono a ricordi melodici per creare qualcosa di nuovo. Le pause, i silenzi, i “blue notes” del jazz trovano eco nelle esitazioni del pensiero e nei momenti di smarrimento del personaggio, rendendo la lettura un’esperienza viscerale e complessa, capace di rispecchiare la profonda e spesso caotica risonanza emotiva del trauma.

In Cane e contrabbasso, Saša Ilić riesce magistralmente a fondere questi due ambiti, creando un romanzo che è al tempo stesso potente e significativo. Grazie alla traduzione dal serbo di Estera Miočić e alla pubblicazione di Keller Editore, il lettore italiano può apprezzare quest’opera che ha conquistato il prestigioso premio letterario balcanico “Nin”. La giuria ha elogiato il libro per la sua capacità di cogliere i “traumi nazionali e sociali che modellano la nostra società” e di evocare “in modo suggestivo visioni diverse e reciprocamente opposte della nostra epoca”.

Il jazz è metafora della libertà. Mi piace molto. La musica dà il ritmo al romanzo e troviamo momenti più morbidi ed altri più incalzanti. È la dinamica del libro. Alla fine ho inserito anche una “colonna sonora”, un elenco di musiche che possono accompagnare la narrazione. Ho anche trascritto versi di canzoni jugoslave. Miles Davies invitava a suonare non ciò che si vede ma ciò che sta sotto; anch’io ho cercato di descrivere quello che rimane nascosto, sotto l’apparenza.

Intervista dell’autore su Heraldo

Cane e contrabbasso è un’opera dal respiro ampio, più epocale che generazionale, un vero e proprio affresco storico e civile che si muove attorno all’eco della Legge Basaglia. Non a caso, l’Italia non è lontana: nel testo originale in serbo, alcuni lemmi italiani compaiono in corsivo, a sottolineare un legame profondo.

Il mondo intorno a me era cambiato così in fretta, mi sentivo come se precipitassi lungo i suoi scarichi verso le fauci oscure in fondo alle quali c’era quel padiglione con i pazienti in attesa di terminare la riabilitazione, mentre la mia doveva ancora iniziare.

Pag. 30

Al centro della narrazione troviamo Filip Isaković, un musicista jazz ed ex veterano della guerra jugoslava, la cui voce musicale si è spenta. Per lui, “il jazz è l’arte delle occasioni perse”, una definizione che risuona con la sua stessa condizione (e che trova un’esplicita risonanza nella ricca soundtrack che chiude il libro). Filip viene condotto all’ospedale psichiatrico di Kovin per un percorso riabilitativo, ed è qui che entra in scena la figura quasi divinatoria del dottor Marko Julius, un convinto sostenitore delle idee basagliane.

Kovin, o Bolnica Kovin in Vojvodina, a due passi dal Danubio, è un mondo a parte, un’isola dove il tempo scorre a una velocità diversa. Il dottor Julius è finito lì a causa delle sue posizioni critiche nei confronti del regime di Milošević. Questo anziano psichiatra, profondamente influenzato dall’approccio di Basaglia sulla chiusura dei manicomi, incarna la coscienza critica dell’opera. Il nome di Franco Basaglia risuona spesso tra le pagine di Cane e contrabbasso, e attraverso questa critica al sistema, Ilić mette in luce come la rimozione dei traumi – sia che si tratti di pazienti da internare o di guerre da dimenticare – sia una costante delle società che non affrontano la propria storia, preludio a tempi bui.

Quando Ilić parla della genesi del suo romanzo, rivela che la storia è prevalentemente di tipo autobiografico. Spiega di aver partecipato alla guerra del ’91 nella marina militare, un’esperienza che ha fornito l’impronta iniziale della trama.

Avevo 18 anni quando purtroppo sono stato convocato come recluta, e ho passato così quell’intero anno della mia vita, anno in cui, come sappiamo, è iniziata la disgregazione della Jugoslavia.

Nato nel 1972 a Jagodina, nell’attuale Serbia, Ilić si riferisce al 1991, l’anno in cui Slovenia e Croazia intrapresero il percorso verso l’indipendenza. Mentre la Slovenia concluse il processo in pochi mesi, la Croazia innescò una reazione a catena che diffuse i conflitti armati in quasi tutto il territorio dell’ex Jugoslavia. Il “cane” del titolo, infatti, è la traduzione di un’espressione serba che identifica come “cani da guerra” coloro che furono arruolati, un dettaglio che aggiunge un ulteriore strato di significato all’opera.

Nell’ospedale psichiatrico di Kovin, il protagonista Filip Isaković si trova di fronte a una galleria di personaggi che, nella loro diversità, riflettono il macrocosmo di un paese in frantumi. Qui, in questa comunità del sanatorio, si ricompone simbolicamente la Jugoslavia disgregata, un luogo dove le vite di coloro che l’abitavano sono andate in pezzi, lasciandoli impotenti di fronte ai cocci da rimettere insieme. Le pagine del romanzo non offrono una mera ricostruzione, ma un percorso di cura del sé, una ricerca di un nuovo equilibrio in un mondo che ha ridefinito regole e confini. Le relazioni mutano: quelle affettive, professionali, le amicizie e le inimicizie, persino il rapporto con il mondo circostante.

Cane e contrabbasso tesse una trama di profonda risonanza emotiva, accostando la storia di un’anima in pezzi a quella di una nazione frantumata. Tra queste due narrazioni centrali, la musica emerge con prepotenza, con il jazz che si rivela il vero cuore pulsante di questo racconto convulso. La narrazione si muove con un ritmo sincopato, un’alternanza incalzante tra presente e passato, tra momenti presenti e visioni oniriche.

Video sul cellulare strappano Filip indietro nel tempo; telefonate con amici lontani rivelano recapiti ormai sbiaditi, case abbandonate che portano il sigillo dell’oblio, e volti di persone ormai svanite nel ricordo. Il contrabbasso stesso si fa simbolo tangibile della perdita d’identità: uno strumento che, pur essendo stato un fedele compagno e forse l’ultima ancora di salvezza, per quasi tutta la durata del romanzo sembra respingere il suo proprietario, quasi a sigillare un doloroso rifiuto di ciò che è stato.

L’Italia riemerge con forza nell’ultima parte del romanzo, teatro di un epilogo che si consuma a Genova. Qui, tra i marmi del cimitero di Staglieno, si spegne e viene sepolta Ana Flavijana Betizza, madre di Julius – figura, questa, che insieme al padre Dezider, rappresenta un altro anello mancante nella catena narrativa.

Il protagonista, in un percorso di ricomposizione non solo della sua storia ma anche di quella del suo compagno di sventura Julius, approda nel capoluogo ligure. È qui che il suo destino si incrocia con quello di musicisti del calibro di Paolo Fresu, ed è qui che, finalmente, si ricompone il suo rapporto con il proprio contrabbasso. Fare pace con il proprio strumento musicale diventa sinonimo di una riconciliazione profonda con la propria storia, l’unico, autentico modo per riprendere il cammino.

Cane e contrabbasso è un romanzo che parla a diverse sensibilità, lo consiglio a chi è affascinato dalla storia recente dei Balcani e desidera comprendere le ferite di un conflitto che ha lasciato segni profondi. La capacità di Ilić di intrecciare la grande storia con le vicende personali rende il romanzo un’immersione potente e necessaria.

Sarà apprezzato anche dagli amanti del jazz e della musica in generale. Il ritmo sincopato della narrazione, la presenza costante del contrabbasso e la colonna sonora esplicita alla fine del libro creano un’atmosfera unica che risuonerà con chi vive la musica non solo come suono, ma come linguaggio dell’anima.

Infine, il romanzo si rivolge a chi è interessato ai temi del disagio mentale e del recupero psicologico, in particolare alla luce delle riflessioni basagliane. La rappresentazione della comunità di Kovin e il percorso di ricomposizione del protagonista offrono spunti di riflessione profondi sulla cura, sulla memoria e sulla capacità di rinascere dopo il trauma.

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Saša Ilić, nato nel 1972 a Jagodina (Serbia), si è laureato alla Facoltà di Filologia dell’Università di Belgrado. Ha pubblicato tre raccolte di racconti nonché tre romanzi. Le sue opere sono state tradotte in albanese, inglese, francese, macedone, tedesco e ora in italiano. Nel 2019 ha vinto il premio nin della critica per il migliore romanzo dell’anno. Vive e lavora a Belgrado. Dirige Komunalinks.com, portale dedicato alla letteratura.