Marta Aidala si è aggiudicata il Premio Letterario John Fante Opera Prima alla sua XX edizione, con il romanzo La strangera (Ugo Guanda Editore). L’annuncio è avvenuto durante la cerimonia di premiazione del Festival John Fante a Torricella Peligna.
Marta Aidala, nata a Torino nel 1996, a diciassette anni si è innamorata delle montagne e il suo sogno è salirci per rimanere. Dopo i lavori più disparati ha frequentato la Scuola Holden e si è diplomata nel 2023. Adesso lavora in una libreria e si dedica alla scrittura.
Altri premiati del 2025:
- Sezione Cinema: Sonia Maria Laezza con il libro Quello era un posto (Morellini Editore).
- Sezione Abruzzo: Giovanni Paolone con Il silenzio della neve che cade (Radici Edizioni).
- la scrittrice Saba Anglana, Premio Arturo Bandini. Voci oltre i confini con il romanzo La signora Meraviglia edito da Sellerio editore.

I libri finalisti del Premio John Fante Opera Prima 2025 erano:
- Marta Aidala, La strangera (Ugo Guanda Editore)
- Marco Bonfanti, Appunti contadini (Edizioni Clichy)
- Paolo Valoppi, Mio padre avrà vita eterna ma mia madre non ci crede (Feltrinelli Editore)
Le tre opere sono state selezionate dalla Giuria degli esperti del Premio composta da Marino Sinibaldi (presidente), Carola Carulli, Remo Rapino, Aurora Tamigio.
Queste le loro motivazioni:
Marta Aidala racconta il senso di sradicamento e l’appartenenza molteplice in un romanzo consapevole e maturo, dallo stile asciutto ma evocativo. La Strangera si colloca all’interno della letteratura di montagna, ma innova il genere affidando ai monti uno sguardo “materno” e compassionevole. Paolo Valoppi scrive un romanzo familiare fuori dai canoni consueti intanto per le figure che mette in campo: un bambino, poi giovane uomo, diviso tra un padre Testimone di Geova, dunque fortemente religioso e una madre femminista, disinvoltamente scettica. Ma originale è anche lo stile: divertito ma non indifferente alle questioni profonde che una convivenza simile solleva. Appunti contadini di Marco Bonfanti è un libro politico, nel senso più nobile e largo del termine. Le vicende del protagonista confermano l’utilità e la rilevanza delle microstorie come criterio di lettura della Storia. Il raccontarsi di un uomo si fa narrazione della storia socio-economica e culturale di un Paese, di un Meridione che lotta e non abbassa la testa tra sconfitte e speranze di un mondo migliore. In sintesi Bonfanti dà voce a chi non ha voce attraverso un linguaggio “guasto”, una parlata originale e terrosa, la più adeguata e coerente con la mente e l’anima del personaggio
Agli esperti si è affiancata la Giuria popolare, composta da lettori del territorio abruzzese, tra cui i lettori del Silvi Book Club e di Pineto Legge, per decretare il vincitore dell’edione 2025.
Vediamo nel dettaglio i tre romanzi:

Sinossi:
Prendere la propria vita e andare – per capire se stessa, trovare un futuro, non scendere più ma restare. Sono questi i motivi per cui, una mattina di maggio, Beatrice lascia Torino per trasferirsi tra le montagne. Quelle montagne che, ne è certa, sono donne anche se spesso recano nomi maschili. Donne come lei, che appena arrivata al rifugio del Barba, un uomo burbero dal passato misterioso, si sente respinta, in quanto fumna e strangera. Marta Aidala ha il coraggio di una voce limpida che lascia parlare i gesti e gli accadimenti, i rumori del bosco, gli odori, la luce di un cielo alto sopra le cime. E sa raccontare nei dettagli più concreti una nuova epica, quella di una ragazza che va dietro alla propria libertà nonostante le esitazioni e le paure, una ragazza che cerca se stessa nei sentieri e tra gli uomini di montagna, in un mondo che sente suo anche se le vecchie tradizioni la guardano con diffidenza. Con timore e curiosità, come la guarda Elbio, il giovane malgaro con cui Beatrice instaurerà un legame profondo, fatto di ritrosie e slanci, in quell’intimità fragile e struggente che c’è tra due persone che si specchiano e si riconoscono. Quando l’estate finisce Beatrice però decide di non seguire Elbio a valle, rimane invece assieme al Barba in rifugio, luogo che ora, forse, sente di poter chiamare casa. Ma l’inverno senza neve le rivelerà una montagna inaspettata, spingendola a rimettere tutto in discussione, e interrogandola ancora una volta sul suo futuro, sulla persona che vuole essere e sui luoghi a cui sente di appartenere.

Sinossi:
A raccontare in prima persona questa «vita sua», lunga e sfiancante fin da quando era un ninno, è un contadino calabrese, semi-analfabeta, ormai vecchio, senza quasi più forze ma con ancora un’indomabile voglia di lottare, di aggrapparsi agli ultimi istanti di un’esistenza trascorsa tra fame e povertà, spinto dalla forza di volontà, «perché io la testa non l’abbasso davanti a nessuno». Nelle sue parole sgangherate, al tempo stesso così incomprensibili e chiare, nella sua lingua imprevedibile eppure vitale, tutto si fa ricordo, nostalgia. Nel suo eloquio sghembo scorre davanti a noi un secolo di storia d’Italia, con le sue grandezze e le sue miserie, le sue speranze e le sue sconfitte: gli albori del Novecento, il fascismo, la guerra, l’emigrazione, la ricerca di un lavoro che non c’è, il mondo che cambia sotto gli occhi, la vita e le persone che cambiano con lui, fino ai giorni nostri, una nuova epoca tanto difficile da capire quanto impossibile da fermare. Un secolo di storia italiana raccontato attraverso gli occhi, le memorie e le parole sbilenche di chi l’ha attraversata restandone di lato, là dove spesso la storia non guarda, un vecchio contadino che ha mescolato la sua esistenza con la terra e che si racconta tutto d’un fiato, come d’un fiato scorrono le vite con la loro inarrestabile, travolgente potenza.

Sinossi:
Paolo ha otto anni, ama il calcio e va pazzo per i Pokémon e gli hamburger di McDonald’s, ma sulla sua infanzia aleggia una presenza misteriosa e molto ingombrante: Geova. Suo padre, che di lavoro fa l’architetto, ne è un Testimone devoto, sua madre invece non ammette nessun amore superiore se non quello per i libri – prima aveva una piccola libreria femminista, ora insegna lettere a scuola – e, soprattutto, per le persone che le stanno a cuore. E così la crescita di quel bambino romano dal carattere docile e curioso si accompagna a un secondo mistero. Quello di quei due genitori che, pur divisi da una religione così spesso offerta a caricatura, continuano a stare insieme. A casa di Paolo il rispetto si mescola all’ironia, principale arma della resistenza materna. Ma il bambino, volendo bene al papà, desidera assecondarlo in quella fede che farebbe di lui un’anima destinata alla vita eterna, anzi a diventare “l’Eletto”, come lo prendono in giro i miscredenti in famiglia. Cosa succede, allora, quando certe piccole disillusioni e poi l’adolescenza con la sua spinta verso gli “atti impuri” lo allontanano inesorabilmente dal Dio di suo padre ma non dalla vicinanza che prova per lui? Con limpido affetto il protagonista racconta di sé e dei suoi familiari, mentre, crescendo, perde la fede paterna ma a poco a poco trova la propria strada e la propria voce.
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Ho letto recentemente “La strangera” di Marta Aidala e ne sono rimasto impressionato in modo molto positivo.La sua scrittura è asciutta come la vita in rifugio che racconta, ma per niente scialba,anzi le bastano poche frasi per definire nitidamente paesaggi,emozioni,azioni.Anche il plot è molto valido.Fino ad ora,uno dei migliori libri che sono transitati sul mio comodino quest’anno
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Grazie per questa veloce recensione che illustra con chiarezza il romanzo. Sarà utile a tutti per decidere se leggerlo.
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