INCIPIT
I.
È ovviamente impossibile sapere con certezza cosa contenga il petto di chiunque, meno che mai il proprio e quello delle persone che conosciamo bene, forse soprattutto quello delle persone che conosciamo meglio, ma ora qui, al livello superiore della stazione di King’s Cross, da dove posso seguire il mio vecchio amico Hosam Zowa mentre attraversa l’atrio, ho la sensazione di vedere dritto dentro di lui, comprendendolo meglio di quanto l’abbia mai compreso, come se in tutto questo tempo, i vent’anni dacché ci conosciamo, la nostra amicizia fosse stata uno studio e adesso, paradossalmente subito dopo esserci detti addio, il suo ritratto fosse finalmente a fuoco. Ma forse è nell’ordine naturale delle cose che, quando un’amicizia giunge a una fine inspiegabile o declina o semplicemente si dissolve nel nulla, il mutamento che sperimentiamo ci appaia d’un tratto inevitabile, un destino che si andava avvicinando da sempre, come qualcuno che viene verso di noi da una grande distanza, riconoscibile solo quando è troppo tardi per fare dietrofront. Nessuno è mai stato più vicino al mio cuore. Sono certo, mentre lo guardo andare verso il treno per Parigi, la città dove ci siamo conosciuti tanto tempo fa e nel modo più improbabile, che nel punto esatto in cui le costole si congiungono regge un peso invisibile, un peso che da questa distanza riesco a percepire.
Quando viveva ancora a Londra, quasi non passava settimana senza che ci vedessimo per una passeggiata, nel parco o lungo il fiume. A volte nascevano discussioni, di solito concernenti qualche astrusa questione letteraria, diatribe che, come forse ogni diatriba, nascondevano dissensi più gravi. Talora succedeva che io, e me ne rammarico perché è un gesto che mi ha sempre contrariato, gli battessi l’indice sul petto e v’indugiassi col palmo per un istante, come per trattenere ciò che pensavo di avervi riposto al sicuro, e per l’ennesima volta notavo la struttura particolare del suo costato, lo strano modo in cui le ossa sporgevano, quasi sulla difensiva, preparate a un attacco.
Hisham Matar

