INCIPIT
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Era l’oscurità a incorniciare le giornate di Miche: il buio della mattina, quando si alzava alle tre e mezza per andare al lavoro, e quello della notte, quando tornava a casa. Un fondale monotono e uniforme, chiuso da un sipario ancora da tendere o già teso. Lo spettacolo era ciò che stava in mezzo, lo spettacolo era l’autogrill.
Alle tre e mezza di mattina la sveglia suonava, quella che le aveva regalato la madre il giorno in cui aveva deciso che era ora che si svegliasse da sola per andare a scuola e aveva decretato con forza che i ritardi erano responsabilità della figlia, non più suoi. Miche anticipava di qualche minuto quel suono, così, naturalmente, per abitudine ormai, come se avesse un sensore interno che la avvertiva che quello squillo acuto stava per iniziare. Aspettava qualche istante con gli occhi fissi sul soffitto e spegneva la sveglia con calma, come se fingesse di svegliarsi in quel preciso momento. Si metteva le calze, quasi sempre bucate sul tallone, con sopra altre più spesse; si infilava pantaloni di velluto a coste larghe, più ampi di una taglia, di cui aveva una serie
che variava solo per tonalità, marrone scuro, marrone chiaro, maRrone nocciola. Prima di indossare una delle due maglie che era solita usare per il lavoro, si annusava le ascelle e, se l’odore era tenue, se la infilava coprendola con diversi strati. Prendeva il bomber, la cuffia, la sciarpa, il casco e i guanti e saliva sulla sua motoretta bordeaux, anche lei quella di sempre. Viaggiava ai quaranta all’ora in mezzo alla linea bianca tra le due corsie della strada, cercando di seguirla, in modo lineare e dritto. Avrebbe perso nel momento in cui fosse sbucata una macchina e lei fosse stata costretta a ritrarsi nella sua carreggiata, ma non era ancora mai successo.
Fin da bambina si divertiva a creare piccole competizioni sull’asfalto, anche quando andava all’asilo con la sorella che era sempre qualche passo avanti. Giocava con piccole pietre che calciava cercando di non superare mai il limite, che era rappresentato, in quel momento, dalle caviglie della sorella. E le volte che accadeva erano guai.
Alessandra Gondolo

