Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Il veleno perfetto

INCIPIT

CAPITOLO 1

Era un bel pezzo che Vyrin aveva fatto l’abitudine ai prolungati e silenti acciacchi che accompagnano l’approssimarsi della vecchiaia. Sennonché, d’estate avvertiva sofferenze e tormenti fisici con maggiore intensità che nelle altre stagioni. Prendevano corpo e forza verso la fine di agosto, intorno all’anniversario della sua defezione, straziando articolazioni, vasi e pupille, per sparire poi senza problemi a inizio autunno, quando rinfrescava e il barometro si placava.
Sarà così che funziona una condanna a morte in absentia?, scherzava con sé stesso, percependo sulle labbra il gusto di assenzio di una morte procrastinata. Oppure è il corpo che si vendica per la nuova faccia creata dal chirurgo plastico, per il laser che ha eliminato vecchi nei e cicatrici? Magari ricorda tutto e vuole farmela pagare alla ricorrenza della mia fuga?
Le lenti a contatto per alterare il colore degli occhi gli procuravano continue congiuntiviti. Le gambe gli dolevano a causa del rialzo alle scarpe, uno stratagemma per sembrare più alto. La caduta dei capelli risultava aggravata dal ricorso alla tintura. In definitiva, essere un altro implicava un gravoso impegno quotidiano, cui non riusciva proprio a adattarsi.
Formalmente, l’uomo che era stato non esisteva più. Ormai era un altro. Un figlio di nessuno un mutaforma con una biografia creata da maestri della menzogna e delle trasformazioni.
Una lingua diversa. Abitudini diverse. Addirittura, sogni diversi. Una memoria diversa, accumulatesi su quella passata,
Va detto che l’identità regalatagli si adattava a quella reale come una sorta di protesi; si contavano sulle dita di una mano le volte in cui la sentiva una parte naturale di sé.
Il corpo, sia pure ridisegnato dal bisturi, manteneva una memoria viscerale degli organi interni – intestino, fegato e reni -, nei quali si erano installate e cristallizzate scorie di vita, calcoli biliari e renali. Un corpo che contrastava e respingeva il nuovo aspetto, il nuovo nome e il nuovo destino, anche se, a causa della condanna, per Vyrin non c’era né poteva esserci un ritorno al passato: la banale condanna metaforica aveva anche una diretta forza giuridica.

Sergej Lebedev

Recensione