Il fiume era giovane e smilzo. Al principio affiorava dalla rossa terra argillosa tra i boschi di pini del Mississipi, e poi si snodava, bruno e lento, sopra un letto di minuscoli ciottoli grigi e ocra, in mezzo agli alberi, non più alto di una mano, profondo come tre uomini in piedi l’uno sull’altro, fino alle pianure verdi e sabbiose del golfo del Messico. Avanzava strisciando, ampio e stretto, attraversato da ponticelli di legno e cemento, orlato di sottili frammenti di spiaggia bianca, dentro e fuori dai boschi, prima di dividersi nel bayou e svuotarsi nel mare. Verso la fine del suo corso, su uno di questi ponti, ritti là dove si inarcava, c’erano due adolescenti, gemelli. Scavalcato il parapetto, si tenevano aggrappati al metallo caldo e sudato alle loro spalle. Sotto di loro, l’acqua del fiume Wolf era scura e profonda, attraversata dalla corrente. Si preparavano a saltare.
Il sole si era levato soltanto poche ore prima, ma era già rovente per essere fine maggio. Christophe, il più magro dei due, allentò le braccia e si sporse in avanti, per saggiare l’altezza. Sulle spalle e lungo la schiena si vedevano i muscoli, sottili e allungati. Si domandò quanto fosse fredda l’acqua. Joshua, più alto, e anche più morbido per via del lieve strato di grasso sull’addome e sul petto, e con le braccia più robuste, sfiorava appena col sedere l’acciaio del parapetto, per evitare il calore. Christophe guardò il fratello, e gli sembrò che l’aria intorno a lui tremolasse tutta.
Jesmyn Ward