Pacificazione
Ancora un mattino
senza fantasmi
nella rugiada scintilla in pegno
di pacificazione l’arcobaleno
Ti è concesso gioire
della forma assoluta della rosa
nel verde labirinto ti è concesso
perderti e ritrovarti
in una più chiara figura
Ti è concesso essere un essere
umano ingenuamente
Ti racconta il sogno del mattino
ragazza ti è concesso
dare un nuovo ordine alle cose
distribuire colori
e dire nuovamente
bello
in questa mattina
sei tu creatore e creatura
Madre lingua
Mi sono
tramutata in me di attimo in attimo
smembrata fatta a pezzi
sul sentiero di parole
madre lingua
mi ricompone
mosaico di persone
Madre terra
La mia patria
è morta l’hanno sepolta
nel fuoco
Io vivo
nella mia madre terra
la parola
Rosalie Beatrice Ruth Scherzer nasce nel 1901 a Czernowitz, in Bucovina, in una famiglia ebrea di lingua tedesca. La Bucovina era una delle tante provincie dell’impero austro-ungarico. Per completare gli studi, Rose lascia la sua città natale e si stabilisce a Vienna, ma lo scoppio della prima guerra mondiale costringe lei e la sua famiglia a rifugiarsi a Budapest. Nel 1920 riesce a tornare a Czernowitz poiché la città appartiene al territorio romeno. Si iscrive all’università, alla facoltà di lettere, ma dopo solo un anno, a causa della morte del padre e delle precarie condizioni economiche in cui si trova la famiglia, è costretta a interrompere gli studi.
Nel 1921 lascia la sua città per emigrare negli Stati Uniti. Si stabilisce a Minneapolis, dove riesce a trovare lavoro come aiuto redattore per un settimanale. Riesce anche a pubblicare alcune sue poesie. Dopo un anno si trasferisce a New York dove sposa Ignaz Ausländer (compagno di studi con cui aveva lasciato la Bucovina), ma dopo pochi anni divorzia. Nel 1931 torna in Bucovina per assistere la madre che è gravemente malata e inizia una relazione con Helios Hecht.
Nel 1939 pubblica la sua prima raccolta di poesie che viene accolta positivamente dalla critica.
Nel 1941 i nazisti occupano la Romania; Rose e sua madre, insieme a migliaia di altri ebrei, vengono rinchiuse nel ghetto. Degli oltre sessantamila ebrei che vi furono confinati, riuscirono a sopravvivere poco più di un migliaio; Rose riuscì miracolosamente a sopravvivere, prima nascondendosi, poi essendo destinata ai lavori forzati. Durante questi anni conobbe il poeta Paul Celan, anche lui originario della sua stessa città . La loro amicizia ebbe una grande influenza su Rose e sulla sua produzione poetica successiva.
Nel 1944 l’Armata Rossa si impossessò di quei territori, liberando gli ebrei superstiti ancora rinchiusi nel ghetto e Rose emigrò nuovamente negli Stati Uniti, stabilendosi a New York, dove lavorò come libraia. Agli inizi degli anni Sessanta tornò in Europa. Dato che la sua città natale, Czernowitz, faceva ora parte dell’Ucraina (quindi la lingua ufficiale era il russo), decise di stabilirsi a Düsseldorf, in Germania, dove era presente una piccola comunità di ebrei provenienti dalla sua città di nascita e poiché padroneggiava perfettamente la lingua tedesca.
Nel 1965 pubblica il suo secondo volume di poesie, Blinder Sommer (estate cieca), che viene accolto molto positivamente, sia a livello di critica che di pubblico.
Le sue poesie scritte dopo la seconda guerra mondiale risentono della terribile esperienza legata alle persecuzioni, sia nei temi che nello stile; la scrittura è molto scarnificata, essenziale e dolorosa, anche in relazione all’influenza di Paul Celan, che incontrò ancora una volta a Parigi, nel 1957.
Negli ultimi anni della sua vita ricevette molti riconoscimenti in Germania, tra cui il premio letterario Gandersheimer nel 1980, nonché la croce al merito della Repubblica Federale tedesca nel 1984. Fu colpita da una grave forma di artrite che non le permetteva più di scrivere di suo pugno i versi che componeva: i suoi ultimi componimenti furono dettati e trascritti.
Rose Ausländer morì a Düsseldorf nel 1988.
Il grande gioco
Le stelle sono ancora qui, ai nostri sguardi,
e seguono spensierate il loro cammino,
come se non fosse accaduto nulla. E ciò che accadde,
loro, sorridenti, finsero di non vederlo.
Loro finsero sorridendo di non udirlo,
i paesi tacquero ed anche chi vide tutto ciò,
l’angelo, non venne, non sguainò per noi spada alcuna.
Le morti, solo loro, ci furono molto vicine.
Prendemmo ogni morte nella nostra mano
e la portammo nel palmo come un talismano,
le nostre ombre guizzavano sulla parete
assumendo forme sempre diverse.
E in qualche luogo c’era un grande paese
che inventava con noi questo grande gioco.
Bibliografia essenziale in italiano:
http://edizionikolibris.net/index.php/2017/02/11/rose-auslander/
IL BILINGUISMO POETICO DI ROSE AUSLÄNDER. Studio sulle autotraduzioni



Bellissime poesie.
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madre terra: splendida…gran bel post pina, buon pomeriggio
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grazie Viki, anche a te
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