E visto che ai posteri si raccontano solo le storie dei vincitori, questa vicenda di sicuro sparirà senza lasciare traccia. O al massimo di noi diranno che non conquistammo che sabbia.
Non conquistammo che sabbia, di Domenico Aliperto, Bianca e Volta Edizioni 2017
Domenico Aliperto ha pubblicato, tempo fa, sul suo blog alcuni stralci del suo romanzo e mi ha molto incuriosito. Lui ha definito questa pubblicazione uno “spazio autogestito promozional cialtrone” e già da questa descrizione ho messo a fuoco il suo essere ironico e leggero (in accezione positiva, intendo!).
Sono andata a leggermi la sinossi e la curiosità si è tramutata in una determinazione a leggerlo. Sono stata pienamente ripagata!
Le 713 pagine (confesso che all’inizio mi avevano un po’ spaventata…) sono volate via nel giro di tre giorni (ero in vacanza, lo dico per i malpensanti), regalandomi una lettura divertente, avventurosa, ben calibrata e ottimamente contestualizzata.
Veniamo al romanzo.
Prima di tutto devo dire che mi è piaciuta molto l’idea di titolare i capitoli con una breve frase che riassume il contenuto; ve ne cito tre, giusto per rendere l’idea:
cap 16, In cui un triangolo amoroso rischia di diventare uno strano poligono o peggio: un labirinto senza uscita
cap 22, In cui si lascia la mancia al destino e si decide, forse una volta per tutte, chi farà e chi non farà parte di questa storia
cap 31, Quando si formula un piano ben congegnato, a volte è così ben congegnato che non serve nemmeno metterlo in pratica
Non li ho presi a caso, anzi: toccano alcuni punti fondamentali di questa storia che è un misto di romanzo d’avventura d’altri tempi (un po’ alla Dumas, mi verrebbe da dire), un romanzo storico preciso e ben documentato, una spy story, una storia di amori volubili con un pizzico di erotismo.
Il romanzo è ambientato nel 1909, dunque in epoca coloniale, in un frangente in cui le potenze europee tramavano e si contendevano con alleanze e doppi giochi, il dominio dei territori collocati sotto il dominio ottomano. E nella storia ce li ritroviamo tutti, questi elementi, a partire dai personaggi: Delacroix (un prete tutto saldo tranne che nella vocazione) gesuita francese, emissario e “spia” del suo governo, Archibald Mc Fenzie, ambasciatore della Regina d’Inghilterra, Tobias Marino, l’anziano console italiano a Tripoli, la contessa napoletana De Cecco – donna esuberante e affascinante che scompiglia tutte le carte in tavola – Ennio Branca, esule romano collaboratore del console, costretto a rimanere a Tripoli a causa di loschi traffici, e poi i Giovani Turchi, l’improbabile erede di Karamanli che vorrebbe riprendersi la guida della Libia….
Delacroix e Mc Fenzie si conoscono da tempo, avendo già condiviso avventure in passato e sono in missione diretti a Tripoli per i rispettivi governi; a Mondragone (vicino Napoli) nella villa decadente della contessa, conoscono appunto Madame De Cecco e ne restano affascinati, alternandosi nelle grazie della nobildonna, in un divertente e inaspettato gioco di ruoli che farà palpitare i cuori dei protagonisti, complicando in modo esponenziale tutte le tappe del viaggio che li porterà fin nel deserto del Fezzan, passando per Malta e Tripoli, rendendosi protagonisti di una missione che sembra indirizzata a fare prevalere il dominio dell’Italia sulla Libia. Ma le vicende, ovviamente, si complicheranno, gli ostacoli e le peripezie non mancheranno, movimentando il racconto, fino all’inaspettato finale.
La storia, come si conviene al suo genere, è un susseguirsi di rocambolesche fughe, di nemici spietati da seminare, di intrighi amorosi e gelosie; il tutto macinato con una prosa efficace, ironica e centrata nel linguaggio e nel contesto. I personaggi sono molto ben delineati e approfonditi, così come lo sono le descrizioni ambientali e paesaggistiche (Malta, Tripoli e il deserto rese in modo superbo), e le implicazioni storiche e diplomatiche.
Domenico Aliperto, in questo suo romanzo d’esordio, è davvero capace di tenere viva l’attenzione del lettore (e farlo per più di settecento pagine non è facile!), costruendo una storia divertente, con dialoghi azzeccati, con quel pizzico di passionalità nei risvolti amorosi, congegnando un romanzo in cui il contesto storico e politico è ben documentato e supporta la narrazione in modo brillante.
Su tutti, sono stata conquistata da Madame De Cecco, la contessa partenopea volubile, capricciosa, naturalmente bellissima e conturbante, che riesce a volteggiare tra i pretendenti come in un giro di valzer. Cresciuta in un ambiente ristretto e mai uscita dal circondario di Napoli, è curiosa e desiderosa di avventure; per questo invita nella sua villa viaggiatori di ogni tipo, e per ascoltare le loro storie è disposta a compiacerli, come farà anche con Delacroix e Mc Fenzie, riuscendo, grazie al destino e ai Giovani Turchi, a farsi trascinare in questo viaggio, prima per mare e poi a dorso di cammello, fino ad appagare la sua sete di vita vissuta.
Ve la presento in questo stralcio, in cui è lei stessa a parlare di sé:
Io non so fare niente. Ma che dico? Io non so niente. I miei genitori non hanno voluto manco darmi un precettore per l’istruzione superiore. Sapete, a Napoli non si usa istruire le figlie femmine. Una donna è solo una donna. E se poi ha la sfortuna di nascere contessa, è pure qualcosa di meno. È un soprammobile! (..) Invito a casa mia uomini come voi e Delacroix – esploratori, diplomatici, agenti di commercio internazionale e chiunque viaggi molto per lavoro – perché mi raccontino le loro storie (…) io non riesco a fare a meno dei sogni che mi portano in dono i miei ospiti. (…) ascoltare le storie di uomini che hanno viaggiato e visto e vissuto appieno la propria esistenza in qualche modo mi ha aiutato a riempire la mia.
Sognatrice, romantica, curiosa e assetata di avventura: la donna perfetta da mettere in una storia di intrighi politici per fare girare la testa ai protagonisti, agitare le acque e provocare incidenti diplomatici …
Io credo che una donna può essere amata come un’abitudine, o una novità, o semplicemente come qualcosa che fa sentire meglio. Anzi, come qualcosa che fa sentire bene.
Domenico Aliperto è nato ad Aversa nel 1980. Vive e lavora a Milano, dove si è laureato in Relazioni Pubbliche all’università IULM e dove segue da giornalista e da appassionato di comunicazione i temi dell’economia digitale e dell’innovazione tecnologica. Viaggia, scrive e all’occorrenza fotografa per testate nazionali e siti specializzati come CorCom, Digital4 e Pagamentidigitali.it. In passato ha collaborato con i quotidiani ItaliaOggi e Milano Finanza e con i magazine Capital, Business People e Bell’Italia.
Copio il link all’editore: http://www.biancaevolta.com/libri/Romanzi-Storici/0/Non-conquistammo-che-sabbia
L’incipit lo potete leggere qui.
Il ritratto di nobile donna è di Antonio Mancini.
super emozionante leggerti nel leggermi! grazie Pina
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L’ha ribloggato su LIBRIMPROBABILIe ha commentato:
La recensione che Pina Bertoli, padrona di casa del sito Il mestiere di leggere, ha scritto dopo essere sopravvissuta alle 730 pagine del mio romanzo Non Conquistammo Che Sabbia.
A leggerla nel leggermi un po’ mi sono emozionato, e non è roba che capita spesso a un vecchio fetente come me…
E poi Pina è riuscita nell’impresa spiegare una trama talmente arzigogolata che io stesso ancora mi ci incarto.
Che dire… Grazie Pina e ACCATTATEVILLO!!!
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L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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Dev’essere proprio interessante, ben scritto… prima o poi toccherà anche a lui: io, intanto, me lo segno…
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Interessante l’aneddoto sulla mancata istruzione delle figlie, anche se nobili….
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Ce ne sono molti altri, legati ad usi e costumi, così come a fatti storici reali, a curiosità … tipo la storia dell’Amaro Montenegro…..
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alcune cose che ho scoperto mettendo insieme i pezzi mi hanno sbalordito: tipo la storia dell’ostricaro fisico e quella del leblouh (il costringere le giovani donne a diventare obese per apparir belle secondo i canoni delle popolazioni del deserto)… la realtà supera di gran lunga la fantasia.
sarà un cliché ma cavolo se è vero
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