Pensieri strani. Come si fa a non averne viaggiando su un suolo bianco e smisurato. Un foglio inchiostrato dal sangue dei poeti e incendiato dai roghi della storia. Sopra orizzonti di neve e ghiaccio. Chilometri tutti uguali segnati da slitte che trasportavano gli zar e la rivoluzione. Poi i boschi di betulle, gli abeti e i pini dove si riunivano compagnie di dissidenti e vagabondi per sfidare le notti. Malgrado ci separino trentamila piedi, la terra russa fa vibrare i propri fantasmi allargando in ogni verso i confini della sua geografia sentimentale. (primo giorno)

Viaggiatori nel freddo, di Sparajurij, Exorma editore 2015, collana Scritti traversi, pagg.237

Il sottotitolo di questo particolare diario di viaggio – Come sopravvivere all’inverno russo con la letteratura – offre subito, già in copertina, una chiave di lettura del libro. Il protagonista e voce narrante è unico ma in realtà dietro di lui ci sono due penne, quelle di Elisa Baglioni e Francesco Ruggiero, del collettivo Sparajurij (dal titolo dell’omonimo pezzo dei CCCP). Il pretesto d’avvio è l’invito ad un festival letterario, che si trasforma in un viaggio di conoscenza e riscoperta.

Il viaggio che attraversa tempo e luoghi, si srotola tra presente e passato, con l’idea di attraversare e sopravvivere al gelo russo guidati dalla letteratura. Esplorando luoghi e letteratura sulla leggendaria tratta Mosca-Petuski e sui treni notturni, luogo letterario per eccellenza della tradizione russa, ci si muove dal centro, Mosca, alla periferia di città e periferie satelliti, percorrendo strade gelide, in un continuo incontro, fisico e virtuale, con la letteratura dei classici e quella contemporanea. E se l’incontro con gli autori del passato non può che essere mediato dai testi o dai luoghi della memoria (come nella casa moscovita di Anton Čechov), quello con i contemporanei invece si snoda in luoghi fisici, le fermate della metropolitana, come locali underground, librerie e ristoranti, dove insieme ai versi dei nuovi poeti si assaggiano i piatti tipici della cucina russa e si fanno le bevute di vodka di rito. Dunque un viaggio tra storia e attualità.

Strutturato in ventuno capitoli – tanti quanti i giorni del viaggio – questo originale diario si può leggere come una guida turistico-letteraria, un vademecum che può guidare il lettore nella Russia post-comunista, attraverso gli incontri e le voci della sua letteratura, passata e contemporanea. Da Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov e Mosca-Petuški di Venedikt Erofeev, a Josif Brodskij, i riferimenti sono molti e si colgono attraverso l’esplorazione di una Mosca che, pur passata attraverso rivoluzioni e cambiamenti continui, conserva una sua identità.

Dai sotterranei dei caffè che ricalcano le atmosfere dei primi del Novecento alla visione aerea e perfino spaziale di Mosca, sulle orme di Jurij Gagarin, divenuto statua sparti-traffico lungo la prospettiva Lenin (Leninskij prospekt). Ci sono vie raccolte e sonnolente come nel quartiere centrale Zamoskvoreč’e, che ha il pregio di conservare un profilo pre-sovietico. E anche luoghi esclusi dai circuiti turistici come le periferie o le città desolate della provincia. Infine il treno, che sia la breve distanza Mosca-Petuški o un viaggio notturno dentro la steppa, è un passaggio fondamentale. (cit. intervista a G. Turi)

I ventuno giorni sono densi di movimento: oltre al Cremlino, alla Galleria Tret’jakovskaja, all’antico quartiere Zamoskvoreč’e, a piazza Puškin, questi “viaggiatori nel freddo” ci accompagnano alla casa di Čechov, a quella di Majakovskij, di Čajkovskij e poi sulla strada ferrata per raggiungere Peredel’kino, il villaggio non lontano da Mosca dove vissero o soggiornarono numerosi scrittori e poeti sovietici, come Isaak Babel’, Il’ja Erenburg, Kornej Čukovskij, Boris Pil’njak, Evgenij Evtušenko, e, soprattutto, Boris Pasternak, che lì scrisse il romanzo Dottor Živago.