I dettagli di una storia sono come le pozzanghere quando si cammina su una strada dopo il temporale, si evitano saltellando per non bagnarsi le scarpe e a me tocca invece affondarci dentro per guardarli da vicino perché sono i dettagli a raccontare il senso delle immagini, colori e forme.

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La parabola dell’anguilla, di Luigi Irdi, Nutrimenti edizioni 2023, pp. 352

Luigi Irdi torna in libreria e nella cittadina di Torre Piccola col terzo romanzo giallo che vede protagonista Sara Malerba, pubblico ministero e cinefila appassionata; l’abbiamo già conosciuta in Operazione Athena e in Il nero sta bene su tutto, ma grazie a questa nuova indagine, approfondiamo molti lati del suo carattere.

Vi rimando anche all’intervista che abbiamo fatto all’autore in cui Luigi Irdi rivela molti aspetti legati al processo creativo.

Il nuovo romanzo di Irdi si configura come un giallo sociale; al centro c’è un’indagine da portare avanti, anche se all’inizio non si è nemmeno sicuri di essere in presenza di una morte violenta; poi però le cose iniziano a complicarsi e vanno a toccare tanti temi sociali. L’avvelenamento del territorio ad opera di chi persegue guadagni senza scrupoli, il lavoro in nero e lo sfruttamento, lo stalking familiare condito con la violenza domestica, il rifiuto dell’omoessualità, la vita monastica delle suore e le loro relazioni, interne e con l’esterno.

La narrazione procede mantenendo un perfetto equilibrio tra azione e riflessioni; i pensieri della P.M. che esplorano i propri sentimenti verso la persona con cui sembra costruire qualcosa di più di una relazione occasionale, il suo sguardo sul mondo esterno e le sue storture, le relazioni tossiche che emergono nel caso di stalking che sta seguendo e che le fornisce numerosi spunti per domandarsi cosa sia l’amore. Nonché il dialogo sempre aperto con la madre defunta.

“Per me queste chiacchiere sono preziose. Mi aiutano a cercare l’ordine senza uccidere del tutto il disordine a cui sono tanto affezionata.”
“A te succede così per mestiere. Ti ritrovi paracadutata in un’incomprensibile storia di disordine e da lì cominci a cercare una bussola, un orientamento. Come fanno i narratori, quelli che inventano storie.”

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Attraverso questi momenti abbiamo modo di conoscere meglio Sara, soprattutto quando si confronta con sé stessa e si osserva con occhio ipercritico: “Arrivo a malapena a un metro e sessanta, ho i capelli lisci e sottili senz’un’onda e il viso un po’ allungato, l’andatura troppo leggera per imporre una presenza. (..) Porto un paio di fondi di bottiglia sugli occhi che mi proteggono dal prossimo e sono sempre troppo magra“.
Eppure non tutti la vedono così, ad esempio il maresciallo dei carabinieri Elvio Berardi, suo fidato collaboratore, o l’appuntato Cantatore. Forse questo modo di descriversi è un po’ un paravento dietro al quale cela lati del suo carattere che però, al momento giusto emergono, e le fanno scorrere l’adrenalina nel sangue.

L’indagine si apre quando una suora viene ritrovata cadavere in una discarica. La suora in questione, dal nome letterario di Sofonisba – e di riferimenti letterari è disseminato tutto il romanzo -, è molto nota a Torre Piccola, cittadina adagiata sul litorale laziale a poca distanza da Roma: è impegnata nel sociale attraverso progetti di microcredito, si fa in quattro per mettere insieme quel che serve alla mensa dei poveri, ed è pure un ingegnere idraulico; grazie a lei il monastero che la ospita ha potuto ridare vita all’aranceto per farne marmellate e gelatine. Ha anche restaurato la fontana che abbellisce il cortile e ripulito le annerite facciate che guardano alla fontanella. Insomma, una persona amata e rispettata, anche se, considerato il suo modo di vedere le imperfezioni – espressioni cioè della individualità di ciascuna persona, nonché umile accettazione del fatto che la perfezione spetta solo all’Altissimo – la madre superiore ogni tanto deve ricondurla sui binari dell’obbedienza e della sottomissione.

La povera suorina viene ritrovata come conficcata in un cumulo colorato di immondizia della discarica, il volto rigato dal sangue rappreso scivolato dalle orbite a cui i gabbiani hanno strappato gli occhi, banchettando anche con le labbra, lacerate e tumefatte. Il volto, racchiuso nella cuffietta caratterizzata da una riga di ricamo azzurro intenso, come il colore dei fiori di veronica, chiede pietà al cielo.

L’anatomopatologo Manlio Porceddu, che per dislessia sbaglia ogni desinenza, una volta effettuati gli esami di prassi, conferma che la suora è morta per infarto; sul suo corpo non ci sono ferite che facciano pensare a morte violenta. Si tratta dunque di una morte naturale? Nessun reato ha causato il decesso? E allora, senza ipotesi di reato, il caso si può considerare da archiviare?

Come le ha insegnato il suo mentore Lello alla scuola di magistratura: “Ciò che manca è ciò che conta, ciò che conta è ciò che manca”. A lui spesso Sara Malerba ripensa quando si trova in situazioni di stallo o complicate, che necessitano di raccogliere le idee; proprio lui le ha insegnato l’importanza della scomposizione dei fatti: “Un fatto è un fatto che a sua volta ne contiene altri” e bisogna imparare a metterli tutti in fila separandoli l’uno dall’altro.

Tra gli altri casi che sta seguendo, ce n’é uno di stalking: il bel Giorgetto, idraulico scansafatiche col vizietto delle botte da propinare alla compagna Dalia, è recidivo, non perde occasione, anzi se le inventa, per massacrare di botte la povera donna, che, dopo essere finita più volte in ospedale, inizia a temere per la propria vita. Eppure, in una certa misura, lei lo giustifica, “si vede che ci tiene a me se è così geloso” si ripete come refrain consolatorio. Intanto l’uomo minaccia anche il di lei figlio ed ecco allora che la donna si è decisa ad andare in Procura, dove ottiene una misura restrittiva per l’uomo. Peccato che, dopo alcuni giorni, ricominci a frequentarlo. E a prender botte.

Sara Malerba ha la passione per il cinema e annota su un taccuino i titoli dei film che le vengono in mente quando indaga; un modo per fissare certi particolari che infatti poi tornano buoni per le indagini. Malerba e il maresciallo Berardi raccolgono le testimonianze delle suore da cui però non emergono elementi significativi. Al contrario, indagando sul fiume che attraversa la valle e lambisce il convento, si imbattono in una biologa che lavora per conto della EcoEat, la società che gestisce la discarica e lo smaltimento dei rifiuti. I proprietari, una ricca e potente famiglia borghese del posto, si erano arricchiti anni addietro grazie alla miniera di blenda, ormai esaurita; peccato che l’attività estrattiva, che aveva impiegato un po’ di manodopera a basso costo per un certo periodo, abbia inquinato drasticamente le acque del torrente e abbia compresso l’intero ecosistema della valle.

La città di Torre Piccola invece di valorizzare il turismo costiero, si ritrova assediata tra rifiuti tossici interrati, discariche più o meno a norma, acque reflue contaminate, e un territorio costellato da siti di archeologia industriale. Ostaggio dell’industria estrattiva, si ritrova ora depauperata senza sbocchi futuri.

Tossicità sembra essere il leit motiv della vicenda: rifiuti tossici, acque rese tossiche, relazioni tossiche, veleno tangibile e veleno nelle relazioni, una pestilenza che inquina ogni aspetto della vita civile. Che sia da ricercare qui la chiave di lettura?

Mentre Malerba e Berardi, coadiuvati dalle intuizioni di Cantatore, continuano a tessere le loro supposizioni, ci scappano altre due morti, che naturalmente non svelo, per non rovinare la lettura. Cosa lega queste due morti a suor Sofonisba? Chi o cosa c’è dietro a tutto?

Gli sviluppi della trama seguono il binario del noir classico, condito con quel tanto di splatter che rende tutto più reale (i cadaveri non sono mai un bello spettacolo, specialmente in certe circostanze). L’indagine porta alla luce segreti e la violenza non tarda a manifestarsi.

Sara Malerba è un magistrato che si dedica totalmente ai casi che segue – anche durante i viaggi in treno casa-lavoro, anche nei momenti di relax in compagnia del gatto Poker, o durante le videochiamate con il biologo con cui ha una relazione. Avulsa da qualsiasi mira di potere all’interno della Procura, anche se l’amica e collega la sprona a farsi avanti, visto che il Procuratore Cantalamessa è prossimo alla pensione.
E qui Luigi Irdi sfrutta tutta la sua conoscenza del settore e la sua abilità nel rendere, con ironia corrosiva e credibilità, l’ambiente della magistratura, che appare sempre più auto-riferita e invischiata nelle beghe di potere interno.

Guarda quante emozioni ci sono in questo caso. Amore, la dedizione di suor Sofonisba, la vergogna del peccato, il dolore della perdita, la frustrazione, la sofferenza di quella Dalia, rancore, vendetta, il cuore spezzato di Dino per la sua Mara, l’odio della Paganelli nei miei confronti. E io sono l’unica che deve sempre rimanere in equilibrio e guardare in trasparenza.

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E l’anguilla, in tutto questo cosa centra? Chi è che ama esprimere i concetti alludendovi tramite parabole? A voi scoprirlo… Qui intanto potete leggere l’incipit. Buona lettura!!

Luigi Irdi romano, ha lavorato per oltre 40 anni nei giornali (Corriere della SeraL’EuropeoNational Geographic Magazine, Il Venerdì di Repubblica). Ha scritto romanzi, saggi, canzonette. Con Nutrimenti ha pubblicato Operazione Athena (2020), esordio della PM Sara Malerba, Il nero sta bene su tutto (2021).