Dal punto di vista del signor Cambreleng, tutti noi che eravamo stretti intorno a lui avevamo lo status di autori di libri morti. Mai nella storia del mondo si sono scritti tanti libri morti come ai giorni nostri. Oggi i libri muoiono a una velocità sorprendente. E alcuni nascono, d’altronde, già morti.

Pag. 138

Sindrome da panico nella Città dei Lumi, di Matei Vișniec, Voland 2021, traduzione di Mauro Barindi, pp. 328

L’opera di Matei Vișniec è un metaromanzo, un contenitore di multiple storie che si intrecciano, in cui autori e personaggi si confondono e si auto-producono, in cui i libri, la scrittura, la figura dello scrittore e dell’editore sono al centro di una riflessione che, seppur con toni ludici, mantiene tutta la serietà e, per certi versi, la drammaticità insita nella questione.

Questione attuale e dibattuta, proprio come il signor Cambreleng – personaggio editore senza una casa editrice, infaticabile cercatore di autori emergenti dell’esteuropa, e salvatore di libri morti – asserisce:

I libri agonizzano, come esseri viventi, sugli scaffali delle librerie (…) sentono che nessuno li aprirà, che nessuno li comprerà più… E in un mondo in cui, di fatto, nessuno legge, è normale che tutti scrivano…

E certo, perché : “Scrivere un libro è in realtà il tentativo disperato di rimandare la morte“, il tentativo estremo di ogni scrittore megalomane, cioè di tutti gli scrittori, perché: “un uomo che vuole scrivere, che crede di avere qualcosa da dire all’umanità, dimostra già di essere, con questo atteggiamento, un po’ megalomane“; la differenza sta solo tra le opere che essi producono, che abbiano più o meno valore sarà ciò che garantirà loro fama imperitura.

Il caffè Saint-Médard in Rue Mouffetard, a due passi dal Panthéon, è il luogo dove tutto ha inizio. La voce narrante è un aspirante scrittore da poco giunto a Parigi e proveniente dalla Romania, al momento autore di una poesia intitolata La nave (che troverete in fondo al libro) che è un inno al dissolvimento del comunismo inteso come regime oppressivo, poesia che ha conquistato notorietà a livello globale, citata da intellettuali e capi di stato, sbandierata come segno distintivo per dire da che parte si è schierati. Lo scrittore è Matei ma se abbia veramente scritto questa poesia non è importante; autore, personaggio… il confine è labile.

Ai tavoli del caffè siedono autori alla ricerca di una storia da raccontare; autori e personaggi essi stessi, come si scoprirà. Ognuno di loro è un aspirante scrittore che si è rivolto al signor Cambreleng, un eccentrico editore parigino senza una casa editrice, che anima questo cenacolo con il movimento di un pendolo che oscilla tra illusione e disillusione. Conscio che tutti loro sono autori di libri già morti, cerca a suo modo di strappare qualche libro all’oblio. Scrittori “a perdere“, in “terapia” presso il signor Cambreleng che cerca di strapparli all’indifferenza, stimolandoli a scrivere storie degne di nota.

In tutta la fantasmagorica successione di racconti e personaggi eccentrici non mancano gli accenni autobiografici: Vișniec, autore e personaggio, racconta come la sua poesia, La nave, divenuto un potente strumento politico, gli abbia permesso di ottenere il passaporto con un visto per raggiungere Parigi. Tra un capitolo e l’altro, fanno capolino i suoi ricordi d’infanzia a Rădăuți, la vita universitaria nella capitale, gli amici rimasti in patria e quelli conosciuti nella diaspora parigina.

Per lui l’arrivo nella capitale francese è una grande emozione; è un paese che ama da sempre, grazie alla sua letteratura, un paese che vede come “una sorta di patria mentale“, un faro della cultura; eppure, nei viaggi di ritorno in Romania, ritrovando le vecchie amicizie, a volte gli balena il dubbio di avere attraversato tante frontiere, soprattutto quella tra Est e Ovest – nell’organizzazione del romanzo, anche quella tra finzione e realtà -, eppure di essere rimasto sempre sullo stesso punto.

Gogu era lì, che mi aspettava indisturbato nella libreria della città o al circolo scacchistico, quasi a ricordarmi che il movimento non esiste giacché continuiamo a far ritorno alla fonte, e che la frenesia è un’illusione.

Quando Matei arriva a Parigi, come molti altri intellettuali provenienti dai paesi dell’esteuropa, ottiene facilmente asilo politico; la Francia attuava in quegli anni una generosa politica di accoglienza, così come l’ambiente letterario ed intellettuale era propenso a pubblicare autori di quei paesi, a promuoverli e sostenerli. Infatti, al suo arrivo, ritrova anche scrittori che già conosceva in patria, e nomi che avevano già acquisito una certa notorietà.

Grazie ai personaggi che si alternano nei capitoli, l’autore fa scaturire molte riflessioni, filosofiche, letterarie, politiche. Come quando entra in scena Jaroslava, giovane scenografa praghese, poi emigrata a Parigi, grazie alla quale viene rievocata l’invasione russa nell’agosto del 1968; attraverso il racconto metaforico degli stivali che calpestano il suolo ceco, e la cronaca dell’esperienza di Jaroslava, l’autore ci porta con forza nelle piazze dove l’armata russa è calata per stroncare la controrivoluzione.

La libraia Faviola è il personaggio che cerca di arginare l’agonia dei libri morti; con uno sforzo titanico, un libro per volta. come una goccia d’acqua nell’oceano, mette tutte le sue energie nel salvare i volumi.

Lo scrittore cinese dissidente Hung Fao, fuggito dalla Cina di Mao su una nave britannica alla fine degli anni Sessanta, autore di diversi e sconvolgenti romanzi sulla rivoluzione culturale cinese; Pantelis Vassilikioti, che ha “multiple origini ma nessuna lingua materna” è il personaggio che stimola le riflessioni sul concetto di lingua madre. E poi George con la sua mania dei notiziari e il cane Madox, Francoise Comte e il suo gatto, Kyoko Fukusawa, la scrittrice giapponese che ha scritto quattro romanzi in forma di SMS, Vladimir Lajournade, autore di un unico libro su uno dei tic principali di Stalin…

Personaggio importante è Gogu Boltanski, amico di Matei fin dall’infanzia, compagno di scuola fino al liceo, con il quale ha scoperto la letteratura e “la magia della creazione“, il piacere di leggere e di comprare libri. Con lui faceva a gara nello stupire i compagni con esperimenti letterari e filosofici. Gogu, “bello come un dio greco” era un grande appassionato di scacchi, e dedicava ore e ore in partite alla Casa della Cultura. Gogu è rimasto legato alla sua città, alle sue abitudini, ma non per questo ha smesso di leggere e imparare; alla fine Matei riflette:

Gli anni trascorsi in Occidente erano stati per me una fuga continua, mi dedicavo più alla scrittura che alla lettura, e riguardo ai libri fondamentali dell’ultimo decennio, ne ero più informato che impregnato.

Tutta una schiera di personaggi, ciascuno col suo vissuto, va a comporre un quadro narrativo ricco e sfaccettato perché, come ci tiene a precisare l’autore per bocca di Cambreleng, la narrazione in prima persona denota megalomania, una caratteristica a cui nemmeno la Francia ha saputo opporre resistenza: non è forse francese il “gigantismo letterario” degli enciclopedisti? Anche l’universalismo è un’invenzione francese, ed ha direttamente a che fare con la megalomania. Dunque, che si impari a scrivere in terza persona, se proprio si vuole aggiungere qualche altro libro alla montagna di quelli non letti, chissà che magari ne esca un’opera letteraria degna di tale nome, suggerisce l’editore senza casa editrice.

Questa divertente costruzione e il geniale intrecciarsi di storie intrattengono il lettore e allo stesso tempo pongono tante riflessioni sul ruolo della scrittura, se abbia ancora senso o sia davvero possibile scrivere ancora qualcosa di nuovo dopo che tante opere, nel corso dei secoli, sono già state scritte.

Come fa uno a immaginare che la propria voce conti ancora dopo che su questa terra si sono narrate già tante
cose?

Mentre lo scrittore continua a provare a scrivere, a controllare il suo lavoro c’è un amico fedele, lo scarafaggio nero spuntato sul foglio proprio mentre scriveva la parola scarafaggio. Da lì non si è più mosso, come una sorta di grillo parlante di poche parole ma di autorevole presenza.

Autore o personaggio, la voce si tramuta in lettere che vanno a comporre le parole di un libro immenso, che non è altro se non la vita.

Forse facciamo parte della stessa parola che si ripete, forse facciamo parte di parole differenti… Forse facciamo parte della medesima lingua, o forse facciamo parte di lingue diverse o addirittura di una lingua inventata dalla vita mentre ci scrive… Sì, sento di essere una lettera, una parola, una frase, una regola grammaticale di una lingua che imparo mentre si autoinventa e muore scrivendo sé stessa…

Qui trovate l’incipit del romanzo. Questo romanzo è contenuto nella Box 16 di Romanzi.it dedicata alla CE Voland, di cui vi ho già parlato. Una box davvero preziosa, che contiene tre bellissimi romanzi. La potete acquistare a questo LINK che è collegato al mio blog; potete anche usufruire di un codice sconto del valore di cinque euro, riservato al mio blog.

Poeta, drammaturgo, romanziere, giornalista, Matei Vișniec è nato nel 1956 a Rădăuţi, in Bucovina, nel nord della Romania.
Ha studiato a Bucarest negli anni del regime di Ceaușescu. Per anni ha scritto pièce teatrali circolate con successo ma solo clandestinamente, perché la censura ne bloccava qualsiasi rappresentazione. Trasferitosi nel 1987 in Francia per sfuggire alla censura di regime, è diventato negli anni il secondo drammaturgo romeno dopo Ionesco a imporsi nel panorama teatrale europeo. Sindrome da panico nella Città dei Lumi, suo secondo romanzo, è stato tradotto in francese, russo, ungherese e bulgaro. Vi consiglio anche l’altro suo romanzo, sempre edito da Voland, Il venditore di incipit per romanzi.