Oggi ci dilettiamo con un aggettivo e un nome. Partiamo col primo:

Mellifluo /mel·lì·fluo/: [dal lat. tardo mellifluus, comp. di mel mellis “miele” e tema di fluĕre “scorrere”] di una dolcezza insinuante e spesso insincera; caramelloso, dolciastro, melato, melenso, sdolcinato, smielato.
Ma più spesso nel senso di improntato a blandizie affettata o addirittura insincera e simulata, dunque artefatto, artificioso, lezioso, manierato, ricercato, svenevole.

Esiste anche un uso LETT.•ARCAICO Che stilla miele; fig., che scorre con dolcezza e soavità, con particolare riferimento ai pregi dell’eloquenza. In questo senso, Il dottore mellifluo, per antonomasia, è s. Bernardo (1090-1153).

Infatti, nella retorica, il termine mellifluo viene utilizzato per indicare uno stile di scrittura o di oratoria caratterizzato dall’uso di parole dolci e lusinghiere, finalizzate a persuadere l’interlocutore. Questo stile viene spesso utilizzato in politica e in pubblicità, dove l’obiettivo è quello di convincere il pubblico attraverso la persuasione emotiva.

Nella teologia il termine viene utilizzato per indicare la dolcezza e la bontà di Dio, che si manifesta attraverso la sua parola e la sua azione divina.

E voi lo avete usato?

Il nome che vi propongo oggi probabilmente vi suona più familiare… Eccolo:

Sarabanda /sa·ra·bàn·da/:  [dallo spagn. zarabanda, d’incerta origine] danza di origine orientale comparsa in Spagna verso l’inizio del sec. XVI e diffusasi in Europa nei secoli successivi. Originariamente era in tempo di tre quarti a ritmo vivace e sfrenato (tanto che in Spagna venne proibita perché lasciva), assunse in seguito un andamento grave e solenne tanto da costituire il tempo lento della suite. Con questo carattere entra alla fine del sec. 17° a far parte della suite e in genere di composizioni strumentali in più tempi (Corelli, Bach, Händel, ecc.)
Per estensione, suono o movimento convulso, chiassoso o scomposto (con riferimento alla forma originaria della danza). Infatti, nell’uso comune, si riferisce a una successione rapida e disordinata di cose o elementi fra loro diversi, in genere accompagnata da forte rumore (significato, questo, sul quale la parola ha certamente esercitato un’influenza fonosimbolica). Si usa un po’ come baraonda.

Vi piace? Lo usate?