Dopo l’avventura di crescita del Piccolo regno Wu Ming 4 torna a visitare le terre che ama, quelle dove Storia e leggenda si uniscono in un luogo oscuro e incantato. Un luogo dove “non ci sono leggi, ma storie”.

Quando camminava nel bosco sentiva la vita crescere ostinata intorno a sé, e sapeva che era così da infinito tempo prima che lui nascesse e che così sarebbe stato per chissà quanto ancora dopo la sua morte. Lì tutto sarebbe rinato, stagione dopo stagione, germoglio dopo germoglio, storia dopo storia.

La vera storia della banda Hood, di Wu Ming 4, Bompiani 2024, pp. 240

La leggenda di Robin Hood è stata riscritta ed esaltata da cantastorie, romanzieri, cineasti. Se mai può esistere una versione verosimile è però impastata di fango, sangue e sogni; s’intreccia con la missione di un re partito per la Crociata e le trame di suo fratello il traditore, con la ribellione dei nobili e quella di chi cerca di sfuggire a una sorte miserabile.
Wu Ming 4 immagina l’origine della leggenda più famosa del Medioevo e la pone al cuore del conflitto che rappresenta. Da una parte la città, il palazzo, l’autorità costituita; dall’altra la foresta, le credenze popolari, la natura vivente. I destini di un cavaliere scaltro, capace di muoversi nei meandri del potere, si incrociano con quelli dei banditi incappucciati: poco più che bambini, uniti in una piccola comunità di sopravvissuti che traggono dai misteri della foresta di Sherwood il loro sostentamento e le loro fantasie. Ci sono troll, fate e folletti. C’è un cervo candido dalle corna d’argento che incarna lo spirito della foresta. E quando il mondo del cavaliere e quello dei giovani reietti s’incontrano può nascerne solo qualcosa di grande e terribile.

Dal sito Wu Ming Foundation:

Quella di Robin Hood è senz’altro una delle leggende più longeve di ogni tempo. È intramontabile, perché la sua figura richiama subito la riparazione dei torti sociali, la vendetta di classe, la ridistribuzione della ricchezza, la reazione dei poveracci al dominio dei potenti, la creazione di una microsocietà autarchica, basata su regole proprie.

Robin Hood non è un eroe aristocratico come quelli dei poemi classici (Achille, Odisseo, Enea, ecc.), e non è nemmeno un cavaliere come i paladini di Francia della Chanson de Geste o i cavalieri della Tavola Rotonda nel ciclo arturiano. Tant’è che la tradizione moderna, dal Rinascimento in poi, ha voluto recuperare e ripulire la sua figura, facendone un nobile decaduto, il celeberrimo Robin di Locksley conte di Huntington, ripresa poi da romanzieri come Scott e Dumas e in tanti film. Ma nelle ballate medievali non c’è niente di tutto questo: Robin Hood è un uomo del popolo, uno yeoman, la cui arma prediletta è l’arco, un’arma leggera, da fantaccino. Ed è un bandito assai poco gentiluomo, che non si fa scrupolo di taglieggiare o uccidere i rappresentanti del potere costituito, anche con una certa spietatezza.

Il segreto della sua longevità è proprio questo: Robin Hood è il primo e sicuramente il più famoso eroe popolare sovversivo della letteratura. Ecco perché è una figura che non può tramontare. Per quanto sia stata raccontata in mille salse, affascinerà sempre.

Va aggiunto che la sua è una figura complessa già nei tratti originari. Robin Hood è al tempo stesso un bandito che si è dato alla macchia (cioè il prototipo del ribelle, secondo la celebre definizione di Ernst Jünger); ma anche un trickster, un imbroglione e maestro di travestimenti, cioè un archetipo narrativo; ed è anche uno spirito dei boschi, una personificazione del Green Man, dal punto di vista folklorico. Il romanzo di Wu Ming 4 tiene assieme i vari aspetti, immaginando la convergenza di storia, poesia e folklore, per raccontare una versione verosimile della nascita della leggenda.

Il booktrailer de La vera storia della banda Hood è stato ideato e realizzato da Alberto Merlin, con testi di Wu Ming 4, e musiche tratte da Bensound.com, license code: QYBHAERUCQ6ESN7H.

Grafico e illustratore di professione, Merlin è anche l’autore delle illustrazioni del romanzo a mosaico Cronache dalla polvere (Bompiani, 2019), opera collettiva sul colonialismo italiano in Africa, firmata Zoya Barontini.

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