Basta un filo di vento, di Franco Faggiani, Fazi editore 2024, pp. 264

Il mondo è un groviglio di incontri che ci cambiano, un intreccio di sentieri da percorrere, di mari da attraversare.

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Con il suo nuovo romanzo Franco Faggiani ci regala un toccante affresco della vita – come già ci ha abituato con le sue precedenti opere – intrecciando magistralmente le storie degli uomini con quelle della natura.
Lo scrittore, con la sua sensibilità unica, ci conduce in un viaggio attraverso le relazioni familiari, gli amori e le passioni, immergendoci in atmosfere che sembrano sospese nel tempo. Le sue narrazioni, pur radicate nel passato, sono illuminate da una luce di speranza che ci invita a riflettere sul nostro presente e a immaginare un futuro migliore.
Faggiani possiede il dono di farci sentire a casa, di farci riscoprire il valore delle piccole cose e di ricordarci che la natura, con la sua forza e la sua bellezza, può essere una fonte inesauribile di conforto e ispirazione.

Ambientato nelle suggestive colline dell’Oltrepò Pavese, il romanzo racconta la storia di Gregorio, un uomo alle prese con una scelta difficile che metterà alla prova i suoi legami affettivi e la sua visione del futuro. Da questa scelta dipende il futuro della Conventina, la grande azienda agricola che ha ereditato appena diciassettenne, quando i suoi genitori sono prematuramente scomparsi.

La Conventina, un gioiello appartenuto alla famiglia di Gregorio, i Conti Bajocchi Del Drago, da quattro generazioni, è un’estesa tenuta agricola di oltre mille ettari, un mosaico di ventidue cascine che pulsano di vita. Qui, dodici famiglie, legate alla terra da generazioni, coltivano un tesoro inestimabile: un’arca di tradizioni, di conoscenze e affetti. La loro dedizione ha reso questa tenuta un luogo unico e prospero, un’oasi di pace e bellezza; a tal punto che la sua autenticità l’ha resa un obiettivo ambito da investitori che vorrebbero trasformarla in un lussuoso resort, con tanto di spa e campi da golf.

La signorina Bisio si è sempre occupata della Conventina con cuore e dedizione, così come i genitori di Massino, Adelchi e Battistina, Augusta e Pietro Manera, i gemelli Bortolo e Tinto, Contardo e Angiola, i due Roversi e le altre persone che lavoravano per noi, tutto l’anno o secondo la stagione. Molti di loro nella proprietà ci erano pure nati e in certi casi le loro famiglie erano presenti da generazioni. La Conventina erano loro.

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Gregorio si trova di fronte a un bivio cruciale: vendere la tenuta, assicurando un futuro alle famiglie che vi abitano, o mantenerla, preservando un pezzo della sua storia. È una scelta che trascende il mero valore economico (pur molto cospicuo), coinvolgendo questioni identitarie e affettive. Da una parte, la vendita rappresenterebbe una svolta radicale, un distacco doloroso ma forse necessario, un nuovo inizio, una nuova vita tutta da inventare. Dall’altra, mantenere la tenuta significherebbe assumersi una grande responsabilità, legando indissolubilmente il suo destino a quello di un luogo carico di storia e di ricordi.

La Conventina è un luogo vivo, pulsante, fatto di persone che lavorano la terra e di una villa che ne è il cuore, è un mosaico di paesaggi: colline dolci, vigne che si arrampicano sui pendii, boschi misteriosi, campi coltivati e strade bianche che si snodano tra le cascine. Dalle colline alle vigne, dai boschi ai campi, ogni angolo racconta una storia, una moltitudine di emozioni.
Villa Conventina, al centro della proprietà, è la dimora dei Bajocchi, un nido accogliente, un rifugio dove il tempo sembra fermarsi. Le sue stanze, illuminate da una luce calda e avvolgente, custodiscono i ricordi di quattro generazioni. Dalle finestre, lo sguardo si perde all’orizzonte, abbracciando un paesaggio che cambia continuamente, ma che rimane sempre familiare.

La Conventina è molto più di una semplice proprietà: è un patrimonio storico e culturale, un legame indissolubile tra uomo e natura; è anche una sfida: come coniugare la tradizione con l’innovazione, preservando l’identità di questo luogo unico e garantendo un futuro sostenibile alle famiglie che vi lavorano?

Faggiani ci immerge in un caleidoscopio di emozioni umane, intrecciando con maestria temi universali come le radici, l’identità, la solidarietà e il dolore. La natura, presente in ogni pagina come un personaggio a sé, diventa lo sfondo su cui si dipanano le vicende dei suoi personaggi, amplificando la loro gioia e il loro tormento, scandendo con i suoi ritmi stagionali anche i le stagioni dei sentimenti umani.

Sullo sfondo dell’incerto destino della tenuta, attraverso gli umori, i ripensamenti, e il via vai delle persone che gravitano nell’orbita della tenuta, il romanzo intreccia passato e presente in un affresco emozionante.
Narrato in prima persona dalla voce di Gregorio, ripercorriamo la sua vita, dall’infanzia alla sua gioventù, in cui era un giovane pieno di speranze e di sogni, legato da un’amicizia indissolubile a Massino, figlio del fattore della tenuta. Insieme, esploreranno il mondo e torneranno alla terra natia, pronti a raccogliere l’eredità familiare.

Il passato è anche un fantasma che torna prepotentemente rimodellando le sue forme terrene, gettando un’ombra sul presente, con la figura di Emma, un amore giovanile tormentato che ha lasciato profonde cicatrici; Emma è la prima moglie di Gregorio, dalla quale ha avuto un figlio, che è stato allontanato da lui e con il quale ancora oggi i rapporti sono difficili.
E poi c’è Cora, la ragazzina un po’ punk con cui da adolescenti era difficile stabilire un legame di amicizia, tornata sulle colline pavesi dopo anni di assenza, portando con sé il peso di un passato doloroso e la speranza di un futuro migliore.

Lì, sotto quelle zolle rovesciate e su tutti i campi intorno, ci sono la dignità, le storie di quelli che ho conosciuto, i giochi e le speranze, i resti dei morti. C’è il ricordo incorruttibile. C’è quello che sarà. La terra ti lascia andare ma poi ti rivuole, ha ragione mio padre.

Pag. 98

In questo intreccio di vite, la tenuta e le dolci colline che la circondano diventano il palcoscenico su cui si consumano amori, rotture e riconciliazioni, mentre il destino di questo luogo sospeso tra tradizione e modernità rimane incerto.

Faggiani intreccia una trama di relazioni umane, dove l’amicizia fraterna con Massino, l’amore maturo e inatteso per Cora e il ritorno del passato, rappresentato dall’ex moglie malata e dal figlio, si intrecciano in un affascinante mosaico. Come un filo di vento che accarezza le colline, la narrazione ci conduce attraverso i dubbi, le speranze e i rimpianti di un uomo alla ricerca di un equilibrio tra passato e presente.

Basta un filo di vento è un racconto che celebra la forza della natura, in un paesaggio che accoglie e consola, dove una comunità si stringe attorno ai suoi membri celebrando il valore dei legami, della forza della collettività e della necessità di fare i conti con le proprie radici.  L’amicizia, come un soffio di vento, può cambiare il corso delle vite, mentre l’attaccamento alla terra diventa un baluardo contro le avversità.

Il nuovo romanzo di Faggiani è un’opera che tocca il cuore e ci invita a riflettere sulla nostra connessione con il mondo che ci circonda, ci parla del potere della memoria, della bellezza della natura e della necessità di perdonare e di lasciarsi andare; ci invita a riflettere sulla fragilità della vita, sull’importanza dei legami affettivi e sulla necessità di trovare la propria pace interiore.

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Franco Faggiani vive a Milano e fa il giornalista. Ha lavorato come reporter nelle aree più calde del mondo e ha scritto manuali sportivi, guide, biografie e romanzi ma da sempre alterna alla scrittura lunghe e solitarie esplorazioni in montagna. Con La manutenzione dei sensi (Fazi Editore, 2018), vincitore di svariati premi, si è fatto conoscere e amare da moltissimi lettori. Con Il guardiano della collina dei ciliegi (Fazi Editore, 2019), si è aggiudicato il Premio Biblioteche di Roma 2019 e il Premio Selezione Bancarella 2020. Sempre con Fazi Editore, ha pubblicato Non esistono posti lontani (2020), Tutto il cielo che serve (2021) e L’inventario delle nuvole (2023), con il quale, tra gli altri, ha vinto il Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo 2023, il Premio Gambrinus Mazzotti 2023 e il Premio Selezione Bancarella 2024. I suoi romanzi sono stati tradotti con grande successo in Olanda, Ucraina, Bulgaria e Francia dove, con L’inventaire des nuages, ha vinto il Grand Prix du Salon International du Livre de Montagne de Passy 2024.