Il fulmine si mostra, la neve ha una vita palpabile, la pioggia la senti addosso e le nuvole assumono continue forme mutevoli. Il vento ha solo la voce e va in cerca di qualcuno che lo ascolti. E io sono sempre disposta a farlo. A volte vorrei essere vento leggero, quello che passa, accarezza e non lascia tracce. Rimasi lì a lungo, fin quando le folate aumentarono ancora di intensità e poi cessarono di colpo, come se avessero cambiato improvvisamente rotta. Mi infilai nel sacco a pelo e lasciai il telo d’ingresso della tenda aperto, così potevo continuare a guardare fuori. Spesso, in quei frangenti, avvertivo la solitudine, ma il più delle volte, come pure in quel caso, ero contenta di affrontarla, di possederla o almeno di comprenderla, visto che nessuno o quasi la ama. In cima alla montagna c’eravamo io, un pezzetto di terra su cui sdraiarsi e tutto il cielo immenso, dove veleggiavano nuvole e stormi di uccelli, minuscoli semi e foglie leggere, pensieri lievi come piccole piume. Potevo essere ovunque nel mondo o in nessuna parte, e questo mi dava una profonda sensazione di libertà. Quella intima, tutta mia, da non condividere mai con nessuno. (Pag.34)

Tutto il cielo che serve, di Franco Faggiani, Fazi editore 2021, pagg. 280

Esce oggi per i tipi di Fazi editore il nuovo romanzo di Franco Faggiani che ci ha abituato a trovare tra le sue pagine storie molto profonde ed emozionanti. E questo suo lavoro non è da meno, anzi. In Tutto il cielo che serve, Franco Faggiani racconta il ruolo di primo piano svolto dai vigili del fuoco nell’emergenza terremoto ad Amatrice (e il libro è a loro dedicato in esergo): con competenza e partecipazione – frutto sicuramente dei tanti ascolti che ha dato alle storie che i vigili del fuoco gli hanno raccontato – ma anche con grande empatia, Faggiani riesce a farci sentire al fianco delle squadre che si sono adoperate fino allo stremo per portare il loro aiuto alle popolazioni colpite dal sisma. Allo stesso modo, in completa sincronia, attraverso le vicende della protagonista, l’autore sottolinea il contributo che le donne – sia nel corpo dei vigili del fuoco che nelle squadre delle altre forze in campo – hanno saputo dare grazie alla competenza e alla tenacia che le contraddistinguono.

Francesca Capodiferro, la protagonista, caposquadra dei vigili del fuoco a Roma e geologa, viene mandata sul versante reatino del monte Gorzano a studiare anomale spaccature del terreno. Sono i “monti della Laga, che formano una dorsale alta ma relativamente lunga, poco più di una ventina di chilometri. A nord ci sono i Sibillini, a sud, oltre il lago di Campotosto, cominciano i valloni del gruppo del Gran Sasso, e in mezzo ci sono loro”. Armata di attrezzature e seguita dai suoi due cani, Francesca si inerpica su salite e pendii.

Rimasi a lungo a guardarmi intorno, ammirando la vastità dei boschi, gli orizzonti disegnati da dorsali montuose dai profili morbidi, le borgate emergenti qua e là da quel grande mare verde. In lontananza, verso ovest, una catena di montagne più frastagliate attirarono la mia attenzione, perché in qualche piega dei loro fianchi ripidi si vedevano ancora piccoli baffi di neve, nonostante la stagione estiva. Controllai sulla mappa: era il massiccio del Terminillo. Nelle giornate limpide, sporgendomi in punta di piedi oltre la siepe di viburno che circonda il giardino della mia casa romana, riesco a individuarne il versante opposto, quello affacciato verso Rieti e le terre sabine. (Pag.30)

Dopo l’incontro con due pastori e il passaggio di un branco di cavalli lasciati allo stato brado, Francesca si ritira nella sua tenda ma, durante la notte, viene sorpresa da un boato, “un feroce ruggito risalente dal centro della terra”: il  terremoto. Siamo nel 2016 e l’epicentro del sisma è Accumuli, non molto lontano da dove si trova lei. Dopo un primo momento di sbigottimento e incredulità per la violenza del sisma che ha sentito sotto i suoi piedi, riesce a mettersi in contatto con il suo superiore attraverso il telefono satellitare. Da lui, apprende la gravità della situazione che, dai luoghi del disastro, è stata comunicata a tutte le forze dell’ordine affinché inizino le operazioni di soccorso. Francesca si precipita ad Amatrice e quello che le si para dinnanzi è uno spettacolo spettrale e devastante: rovine e macerie dinnanzi agli occhi, fumo e polvere nei polmoni.

Osservai gli edifici più vicini: le pareti erano crollate all’interno, la condizione peggiore, perché sarebbe stato difficile entrarci. Da un mucchio di macerie vidi sbucare le luci di alcune pile. Avevo nel taschino della camicia un fischietto – lo usavo di solito per farmi sentire dai cani quando si allontanavano troppo – e fischiai forte, a intermittenza, per attirare l’attenzione. Le luci vennero puntate nella mia direzione, poco dopo vidi le sagome di sei persone, ragazzi dall’aria smarrita ma a prima vista senza un graffio. (Pag.38)

Ma l’addestramento che ha ricevuto e la grande determinazione la spingono ad organizzare i primi soccorsi, mentre, intanto, giungono sul posto le squadre della Protezione civile, i militari del Genio trasmissioni, le unità cinofile, i carabinieri e, finalmente, anche la sua squadra, della quale, nonostante qualche malumore nei suoi confronti per essere un capo donna, sa di potersi fidare al massimo in termini di competenza e dedizione. Francesca è una tipa tosta, che difficilmente si fa intimidire da colleghi e superiori, e comunque mette sempre al primo posto la qualità del lavoro della sua squadra e, che piaccia o no, essendo lei il capo, è a lei che spetta il coordinamento e la responsabilità delle decisioni.

All’arrivo dei suoi, Francesca, aiutata anche dai suoi due cani Rufus – un pastore bernese addestrato ad individuare le persone morte – e Nuzzo – un bastardino vivace – si butta a capofitto nelle operazioni di soccorso alle persone intrappolate sotto le macerie o ferite, da indirizzare ai punti di raccolta e all’ospedale da campo.

Al suo fianco, conosciamo la squadra: Marco Masi, con la qualifica di vigile coordinatore, il più esperto e autorevole ma anche la persona con cui Francesca si confida e a cui chiede dei consigli; e poi Roberto Balzanella detto il Balza, Gaetano Berti e lo scorbutico Bucci, detto Jack, che non nasconde una profonda avversione per il genere femminile, figuriamoci nelle vesti di suo diretto superiore, e il nuovo arrivato Maurizio Balestrieri. E infine il suo capo, Rodolfo Monteleone. Insomma, Francesca li vede così: “Sotto l’aspetto antropologico consideravo la mia squadra piuttosto scompaginata, ma da un punto di vista professionale non potevo finire con gente migliore.” Ed è facilmente comprensibile che questo è ciò che conta per chi fa un lavoro del genere: potersi fidare di chi ti sta accanto, anche se sai che non ti amano.

Se una parte del rancore nei suoi confronti è ascrivibile al fatto che sia una donna in una posizione di comando di un gruppo di uomini, a ciò si aggiunge il fatto che tutti sanno che proviene da una famiglia ricca e che non avrebbe bisogno dello stipendio da vigile del fuoco, anzi, potrebbe vivere di rendita rispetto a quello che ha ereditato. Ma invece Francesca è proprio da quello che si è allontanata e ha preferito fare le sue scelte di vita, dedicandosi al lavoro che ha scelto lei dopo la laurea e per il quale è pronta a qualsiasi sacrificio.

Proprio ad Amatrice, dentro un ospedale da campo, Francesca ritrova un vecchio compagno del liceo, Rocco Ferraioli, ora medico di pronto soccorso nelle emergenze del corpo dei Carabinieri. Un ragazzo a cui si era legata l’ultimo anno delle superiori ma che aveva poi perso di vista. Trovarlo qui è per lei una piacevole sorpresa pur nelle tragiche circostanze che devono fronteggiare. Purtroppo riescono a trascorrere poco tempo insieme, ma averlo ritrovato e vedere anche lui impegnato in un lavoro di generosità e dedizione verso chi è in difficoltà le fa molto piacere.

Durante quei giorni concitati, una volta che sul posto i soccorsi sono stati organizzati, Francesca decide di rimettersi in cammino e di andare a perlustrare le frazioni più remote, le case isolate nei boschi e sui tratturi in quota, per assicurarsi che anche a loro arrivino i soccorsi.

Faggiani scrive delle pagine memorabili in cui descrive la natura in un modo che la fa percepire al lettore con tutti i sensi, come se davvero fosse in compagnia della protagonista, in luoghi selvatici, caratterizzati da una natura maestosa, impervi quasi da mettere soggezione, e di una bellezza unica; leggendo le descrizioni di Faggiani sembra non solo di vedere con gli occhi quei paesaggi, ma di sentirne gli odori, di udire i richiami degli uccelli che li sorvolano, di toccare con mano l’erba, le piante.

La storia che Faggiani racconta nel suo nuovo romanzo, in perfetto equilibrio tra fiction e storia vera, è molto coinvolgente e pone al centro i sentimenti e le relazioni tra le persone; attraverso la protagonista Francesca e il suo ruolo lavorativo, racconta come spesso i contrasti e le frizioni si possono risolvere, o almeno attenuare, quando le persone imparano a conoscersi e rispettarsi, e quando riescono a mettere da parte rancori e pregiudizi. In questo contesto di dolore e di tragedia – quella grande che il terremoto scatena, segnando per sempre le vite delle persone, quelle che almeno sono sopravvissute – tutti sono messi alla prova ma proprio per questo possono conoscere meglio se stessi e intendere quali siano le priorità della vita. E le vite possono prendere strade del tutto inaspettate.

A distanza di cinque anni dal sisma che ha devastato Amatrice e i paesi intorno, Faggiani non ha paura a dare vita ad un romanzo che guarda in faccia la tragedia e che racconta la generosità e la dedizione di chi, col proprio duro lavoro ma anche con tanta umanità, è vicino alle popolazioni provate da eventi così devastanti. Un tributo che gli fa onore e un’ispirazione che gli permette di scrivere un bellissimo romanzo.

Qui potete leggere l’incipit.

Franco Faggiani vive a Milano e fa il giornalista. Ha lavorato come reporter nelle aree più calde del mondo e ha scritto manuali sportivi, guide, biografie, ma da sempre alterna alla scrittura lunghe e solitarie esplorazioni in montagna. Con La manutenzione dei sensi (Fazi Editore, 2018), vincitore del Premio Parco Majella 2018, del Premio Letterario Città delle Fiaccole 2018 e del Be Kind Award 2019, si è fatto conoscere e amare da moltissimi lettori. Con Il guardiano della collina dei ciliegi (Fazi Editore, 2019), ha vinto il Premio Biblioteche di Roma 2019 e il Premio Selezione Bancarella 2020. Tutti i suoi libri (questo è in via di traduzione) sono stati pubblicati nei Paesi Bassi ottenendo un grande successo di critica e di pubblico.