Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Il capanno del pastore

INCIPIT

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Appena sento il rombo dell’asfalto grigio e liscio sotto di me è tutta un’altra cosa. Mi sembra di essere in un altro mondo, che fila via tranquillo e beato. Anche col motore in tempesta e il vento che sbatte contro il finestrino, i suoni sono morbidi e ovattati. Civili insomma. Come se stessi ancora sulla terra, ma non me ne accorgessi più. Ed è uno sballo. Penserete che è la prima volta che vado in macchina. Ma dopo che hai scarpinato per settimane e mesi come un caprone, con tutta quella terra dura e quelle pietre e quei rovi contro il muso passo dopo passo, ti sembra una cosa pazzesca. Non ci capisci più un cazzo, parola mia. Ti senti tipo un angelo. Una scheggia di luce.
E accidenti a me, sto qua che vado a cento all’ora e non ho ancora messo la quinta. Su questi sedili appiccicosi, con uno di quei cosetti a forma di pino che si agita nello specchietto. Sto volando. Senza nemmeno alzare il culo. Via dalla terra. Via dalla polvere. E ormai non sono più una specie di bestia.
Quindi che cosa sono, adesso? Uno che quando arriva non te l’aspetti, ecco cosa. Una roba che non t’immagini nemmeno.
Mettiamo che faccio il vostro numero, che vi chiamo, direste, ma che cazzo, tutti dal primo all’ultimo, e vi si seccherebbe la bocca. Magari siete solo uno che ho chiamato a caso. O uno di quei coglioni di scuola, che ho chiamato apposta. Chiunque di voi, sentendo la mia voce, penserebbe a un tuono. O al grido di un uccello. Comincereste a sudare sabbia. Come se fossi l’angelo sterminatore.
Be’, non dovete preoccuparvi. Non vi perdono, nessuno di voi, ma ormai non me ne frega un cazzo. Siete il passato, ormai.
E comunque il mio telefono è spento. Attaccato alla presa del cruscotto, per ricaricarsi o schiattare, chi lo sa. Quindi rilassatevi, non vi chiamo. È cambiato tutto. Non sono più quello di prima. Ora sono solo un’idea nuova, che morde l’autostrada verso nord per andarsene al caldo, e starsene nascosto al sicuro. Ho una persona da andare a prendere. A Magnet. È già lì che mi aspetta. Almeno così spero.
E vai con la quinta. Ci ho messo un po’ a ingranarla ma ecco qua. Con questa terra rossa che mi brilla intorno. Cespugli di macchia. Pietre che scintillano. Corvi spiaccicati sulla strada. La jeep puzza, colpa delle taniche che sciacquettano nel bagagliaio. Ma i finestrini sono aperti e il vento è caldo e il tanfo di benzina vince sempre sull’odore del sangue.
Di colpo mi è venuta fame. Prendo la busta delle .410 e la rovescio sul sedile di dietro. Spingo via la scatola di cartucce per prendere la carne, che è ancora tiepida sul piatto di latta. È buona, bella grassa e sa di fumo. Mi basta il primo boccone per sentire una scarica di calore.
E continuo a correre, appena sotto il limite, con una costoletta in una mano e il volante nell’altra. Ridendo così forte che quasi mi strozzo. Per la prima volta nella vita so quello che voglio e ho quello che mi serve per prendermelo. Se non avete mai provato questa sensazione, mi dispiace per voi.
Ma non è stato sempre così. Ho dovuto attraversare il fuoco per arrivare fino a qui. Ho visto delle cose e ho fatto delle cose e mi hanno fatto delle carognate che non ci credereste nemmeno. Quindi siate felici per me. E non mettetevi sulla mia strada, porca troia.

Tim Winton

Recensione