Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

La casa delle mille porte

INCIPIT

Libro primo

Prologo

Lesley
Doornfontein, Sudafrica, 1947

Una storia, come un uccello della montagna, può portare un nome al di là delle nuvole, persino al di là del tempo. Fu Willie Maugham a dirmelo, molti anni fa.
Era da tanto che non pensavo a lui, ma in questa mattina d’autunno, mentre dalla veranda guardo le cime, mi sembra ancora di sentire la sua voce sottile e asciutta, la pronuncia precisa, corretta, come ogni altra cosa in lui. Lo rivedo nell’ultima notte che trascorse nella nostra vecchia casa dall’altra parte del mondo, noi due seduti nella veranda sul retro a parlare sottovoce, la luna piena come una cesta di luce alla deriva sul mare. In casa erano già andati tutti a dormire. Il mattino dopo Willie salpò da Penang, e non lo rividi mai piú.
Da quella sera, diecimila giorni e notti sono scivolati via lungo il fiume infinito. Oggi vivo sulle rive di un mare diverso, un mare silenzioso di pietra e sabbia.

Mezz’ora fa stavo finendo di far colazione sulla veranda quando ho visto sul crinale sottostante una figura familiare arrancare in bicicletta lungo lo sterrato ripido e polveroso. L’ho seguita con gli occhi mentre superava la salita per imboccare il breve vialetto costeggiato da pioppi. Giunto alla veranda, l’uomo è smontato di sella e ha fermato la bici sul cavalletto.
«Goeie more, Mrs Hamlyn» ha urlato.
«Buongiorno, Johan».
Ha tirato fuori dalla borsa un pacchetto e me l’ha passato. Anche se era avvolto in una spessa carta da pacchi
fermata con due giri di spago, ho capito subito che era un libro. Robert è morto da quasi sei anni ormai, eppure
la sua posta – cataloghi e copie omaggio spedite da librai antiquari londinesi, bollettini di qualche club – trova
ancora il modo di filtrare fino qui, nonostante ai tempi avessi informato i vari mittenti della sua morte.
«Non è per Mr Hamlyn» ha detto Johan. «È per lei».
«Ah». Ho tastato le tasche in cerca degli occhiali da lettura e dopo averli inforcati ho strizzato gli occhi per leggere il nome scritto a macchina sul pacchetto: Mrs Lesley C. Hamlyn.
Sono rimasta a fissarlo qualche istante. Tranne per la lettera mensile di mio figlio che vive a Londra, non riuscivo a ricordare quand’era stata l’ultima volta in cui era arrivato qualcosa per me.
Johan ha indicato il francobollo. «Che strano uccello».
«È un bucero» gli ho spiegato. Il grosso becco ricurvo e la cresta vistosa gli davano un’aria davvero buffa. Se
ne stava appollaiato su un ramo, sopra la scritta B.M.A. MALAYA.
«Me lo tiene da parte?»
L’ho guardato senza capire. «Come? Ah, sí, certo». Ho appoggiato il pacchetto sul tavolo. «Una tazza di tè, Johan?»
Ha scosso la testa. «Borsa piena oggi». Ha fatto per andare, ma l’ho fermato. «Aspetta». Sono corsa in casa per tornare subito dopo con un sacchetto di carta pieno di treccine dolci. «Qualche koeksuster per te».
«Baie dankie! Le sue sono le piú buone, persino meglio di quelle di Tannie Elsie».
«Non farti sentire da lei, però».
«Ha ragione, le brucia ancora che la sua melktert abbia vinto la gara di torte. Ha detto a mia madre che non dovevano nemmeno lasciarla partecipare».
Persino dopo venticinque anni, qualcuno nel distretto mi considerava ancora una forestiera.
Johan mi ha guardato con aria un po’ preoccupata, poi, accennando al pacchetto, ha detto: «Spero non siano
brutte notizie…»

Tan Twan Eng

Recensione