INCIPIT
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Per costruire bisogna prima scavare, mi sembra di averlo sempre saputo. Si prepara uno scavo e si gettano le fondamenta. L’ho imparato quand’ero bambino. Nella nostra vita c’era un cantiere che procedeva con immensa cautela, e ci sarebbe stata una casa, in un vago futuro. Lo scavo aveva pareti profonde, foderate da armature di legno calcinato dietro le quali si indovinava il terreno macchiato e rugoso.
Potrebbe essere un falso ricordo. E però rivedo le pozze lucenti sul fondo – per tutti questi anni sono rimasto a guardarle: era pioggia, o acqua risalita dalle viscere della terra. L’umidità ci minacciava. Infiltrazioni serpeggiavano su per i muti e li gonfiavano, facendo fiorire la pittura e staccando l’intonaco. In certe case, quando bussavi alle pareti, sentivi il vuoto di mattoni porosi e cemento sfarinato, come se dietro ci fosse una porta nascosta o una stanza fantasma, e i segreti potessero trapelare da un cedimento o una screpolatura.
Perciò, fin da piccolo, sapevo che bisognava scavare prima di costruire. Non puoi posare una casa per terra come una valigia o un secchio e sperare che duri. Senza radici la casa è perduta, condannata al degrado. Ci vuole un polmone nascosto perché la casa respiri, e sospiri, e provi sollievo. E dato che alla fine lo scavo diventa cantina, ho sempre confuso cantine e fondamenta, ed è paradossale perché in cantina finiscono le cose che hanno smesso d’essere fondamentali. A meno che non sia necessario nasconderle perché, silenziosamente, lo sono ancora.
Ma lo scavo potrebbe essere un falso ricordo. Potrei averlo visto più tardi in una foto o in un filmino. Non ho ritrovato né la foto né il filmino. Mi sembra strano questo ricordo così nitido e preciso, perché i miei ricordi sono sempre confusi. Potrebbe anche essere una figura vista in un libro. Ogni tanto mi viene il dubbio che i miei pensieri provengano da libri che ho dimenticato di avere letto.
Andrea Canobbio

