Le case del malcontento, di Sacha Naspini, e/o edizioni 2018, pp. 464

Le Case è un posto pieno di trappole, la più grande resta il cervello bacato di quelli che ci abitano dentro.

Pag.159

Le case del malcontento è un romanzo davvero notevole, geniale, di quelli che ti catturano perché sanno mettere a nudo tutto il campionario di vizi (tanti) e virtù (poche) umane, di quel malcontento che è uggia di vivere laddove si è attaccati al niente, ad una povertà che non è solo materiale ma di sentimenti.

Il teatro in cui tutto si svolge è un borgo sperduto di Maremma, abbarbicato su uno sperone di roccia, un gigante preistorico che manda spesso tremori, che fa dondolare i lampadari e mina la terra sotto i piedi ai suoi abitanti. Un borgo millenario fatto di stradine lastricate e case attaccate alla roccia, che affiora nelle cantine e che custodisce segreti inconfessabili.
Un paese morente, da cui chi ha potuto e voluto se ne è andato, una trappola da cui molti non riescono a uscire o dove, dopo effimeri tentativi di fuga, si è costretti a ritornare. E proprio da un ritorno scabroso prende il via il racconto.
Samuele Radi, nato e cresciuto nel cuore del borgo e poi partito al mondo, ritorna nella casa della nonna fuggendo da un’accusa infamante, sospettato di un efferato atto di violenza. È davvero colpevole? E chi può permettersi di giudicarlo? Chi può davvero dirsi innocente?

È questo un romanzo costruito attraverso l’alternarsi degli autoritratti attraverso cui i cittadini di Le Case si raccontano, dando vita ad una struttura narrativa corale, brulicante di storie che si intrecciano, di fili che si stringono immobilizzando le vite di chi da quel pantano di ripicche, vendette, dispetti e cattiverie non riesce a liberarsi, di chi dell’invidia si nutre, delle passioni che prima ti fanno volare in alto, e poi ti fanno precipitare fino all’inferno. Un racconto che si tinge più di nero che di rosa, un colore che solo a sprazzi si accende nel grigiore, ma che quasi sempre viene soffocato dalle più tetre tinte.

Quello di Naspini è un grande sforzo narrativo, perfettamente tenuto in bolla e capace di offrire al lettore una visione multipla e frammentata, come le immagini che si colgono facendo ruotare il cilindro di un caleidoscopio: pezzi di immagini in movimento combinatorio, ciascuna a sé stante ma tutte legate a formare un unico disegno. Ogni personaggio contiene in sé una simbologia che definisce l’insieme dell’oscurità di un inconscio collettivo che travalica i confini locali, proiettandosi su ogni angolo di mondo, producendo un effetto disturbante, come quando ci si guarda in uno specchio deformante e non ci si riconosce. Eppure siamo sempre noi.

E allora eccoci percorrere pagine che mostrano vite assediate da speranze e illusioni che immancabilmente prendono la china del disincanto, dell’amaro in bocca, fino a spingersi nella tragedia. Traiettorie esistenziali che si muovono su un’orbita ellittica, che sembra portare via dal borgo, ma che poi sempre lì ti riconduce, in quel pantano di umori incattiviti, di speranze perse, di sofferenza materiale ed esistenziale.

Un romanzo mondo, che dalla Maremma fa virare lo sguardo a tutto un territorio più generico, un microcosmo che potrebbe essere localizzato in mille altri angoli d’Italia e non solo.

Naspini, che già ho molto apprezzato in Villa del seminario, ha una cifra stilistica ben riconoscibile, unica, uno stile asciutto che mostra con pienezza senza fronzoli ciò che offre al lettore, che sapientemente costruisce il racconto amalgamando l’italiano colto con un italiano intarsiato di termini contadini toscani, duri e diretti, espressivi, che sanno rendere al meglio il quotidiano vivere e l’ambientazione, le atmosfere e le personalità.

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Con tanti romanzi all’attivo (Villa del seminarioLe Case del malcontentoNivesOssigeno e altri ancora), Sacha Naspini (Grosseto, 1976) è ormai considerato uno degli autori italiani più originali e più letterariamente dotati della sua generazione. Tradotto in ventisei paesi, vincitore di numerosi premi, Naspini è uno scrittore poliedrico, che eccelle nella creazione di bellissime storie legate al territorio della Maremma così come nell’invenzione di mondi distopici e sorprendenti. Il suo stile di scrittura è unico: immaginifico e preciso al tempo stesso, inventivo, efficace.