I Balcani: un Crocevia di Storie e Culture

Spesso associati a conflitti passati e a un’immagine stereotipata, i Balcani sono in realtà un mosaico complesso e affascinante di popoli, culture e paesaggi. Questa penisola, incastonata tra l’Europa centrale, l’Oriente e il Mediterraneo, ha sempre rappresentato un crocevia strategico, un ponte tra mondi diversi che ha plasmato la sua storia e la sua identità. Comprendere i Balcani significa fare un viaggio attraverso secoli di dominazioni, movimenti indipendentisti e una resilienza unica che si riflette nella società di oggi.

Un Mosaico di Nazioni

La definizione geografica dei Balcani può variare, ma generalmente si includono paesi come la Slovenia, la Croazia, la Bosnia-Erzegovina, la Serbia, il Montenegro, il Kosovo, la Macedonia del Nord, l’Albania, la Grecia, la Bulgaria e la Romania. Ognuno di questi ha una storia e caratteristiche uniche.

  • Slovenia e Croazia: Le due nazioni più occidentali, spesso considerate la “porta d’ingresso” ai Balcani. Entrambe membri dell’Unione Europea, la loro storia è stata profondamente influenzata dall’Impero Austro-Ungarico. La Slovenia, con i suoi paesaggi alpini e una forte impronta mitteleuropea, è spesso vista come un ponte tra i Balcani e l’Europa centrale. La Croazia, con la sua lunga e bellissima costa adriatica e una ricca storia veneziana e austro-ungarica, è un’importante meta turistica che fonde cultura mediterranea e balcanica.
  • Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e Kosovo: Il cuore dei Balcani occidentali, le cui vicende sono state segnate in modo indelebile dalle guerre degli anni ’90 e dalla dissoluzione della ex Jugoslavia. La Bosnia-Erzegovina è un esempio di diversità etnica e religiosa, con una popolazione divisa tra Bosniaci (musulmani), Serbi (ortodossi) e Croati (cattolici). La sua capitale, Sarajevo, è un simbolo di convivenza e rinascita. La Serbia, il più grande dei paesi post-jugoslavi, ha un ruolo centrale nella regione. La sua capitale, Belgrado, è un polo culturale ed economico vivace. Il Montenegro, con i suoi spettacolari fiordi e le sue montagne imponenti, è un piccolo stato con una forte identità storica. Il Kosovo, la nazione più giovane d’Europa, la cui indipendenza non è riconosciuta da tutti, continua a navigare una complessa situazione politica.
  • Albania, Macedonia del Nord e Grecia: L’asse meridionale. L’Albania, a lungo isolata durante il regime comunista di Enver Hoxha, è oggi un paese in rapido sviluppo che si sta aprendo al turismo e all’economia. La Macedonia del Nord, una nazione multietnica con un’eredità storica che spazia dall’antica Macedonia di Alessandro Magno all’Impero Ottomano. La Grecia, sebbene spesso considerata un’entità a sé stante per la sua storia millenaria e il suo forte legame con il Mediterraneo, è geograficamente e culturalmente parte della penisola balcanica.
  • Bulgaria e Romania: I Balcani orientali. La Bulgaria, con la sua eredità ortodossa e slava e i suoi paesaggi che variano dalle spiagge del Mar Nero alle montagne innevate, ha una storia legata a doppio filo con l’Impero Bizantino e Ottomano. La Romania, sebbene con una cultura e una lingua di matrice latina, è geograficamente situata in gran parte nella penisola e condivide una storia di influenze ottomane e slave.

Caratteristiche e Società Attuale

La società balcanica odierna è un mix affascinante di tradizione e modernità. Le cicatrici delle guerre passate sono ancora visibili, ma c’è un’incredibile spinta verso la ricostruzione e il progresso.

  • La resilienza: La gente dei Balcani è nota per la sua capacità di adattarsi e resistere. La storia di conflitti e difficoltà economiche ha forgiato una comunità forte e unita, che spesso trova rifugio nella famiglia e nella comunità locale.
  • La vivacità culturale: Le città balcaniche, da Belgrado a Sarajevo, da Skopje a Bucarest, sono centri di un fermento culturale notevole, con una scena artistica, musicale e letteraria in continua evoluzione. I caffè e i ristoranti sono il cuore della vita sociale, dove la gente si incontra per discutere di politica, sport e vita quotidiana.
  • La questione dell’identità: La frammentazione politica non ha cancellato le profonde connessioni culturali che legano i popoli della penisola. In molti casi, la musica, la cucina e persino l’umorismo superano i confini nazionali, dimostrando che l’eredità condivisa è più forte delle divisioni.
  • La sfida del futuro: I Balcani affrontano ancora sfide significative, dalla corruzione e l’instabilità politica all’emigrazione giovanile. Tuttavia, l’integrazione nell’Unione Europea (per alcuni) e la spinta verso un’economia più moderna offrono speranza per un futuro di maggiore stabilità e prosperità.

I Balcani sono molto più di un’area geografica; sono un’idea, una storia in continua evoluzione che merita di essere scoperta e capita al di là dei luoghi comuni. Un viaggio in questa regione è un’immersione in un mondo di contrasti, dove la storia antica e il presente convivono in ogni angolo, e dove ogni strada ha una storia da raccontare.

Se questo breve viaggio vi ha incuriosito, non c’è modo migliore per approfondire la conoscenza dei Balcani se non attraverso i libri. Per questo, ho preparato una lista di titoli che reputo interessanti per comprendere la complessità e il fascino di questa regione. Inoltre, vi ricordo che potete trovare molti altri romanzi, saggi e reportage nei miei due articoli precedenti interamente dedicati a questo argomento. Buona lettura!

Guardando ad Est: letterature senza confini

Viaggi letterari – Balcani

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Elvira Mujčić, che durante le guerre jugoslave era una bambina come Eliza, racconta i destini individuali attraverso cui si muove il destino di un Paese intero, animato dagli stessi sogni dei suoi protagonisti, che inevitabilmente si scontrano con la fine delle proprie utopie. La Jugoslavia diventa così il simbolo di ciò che accade quando il culto del passato si esaspera e si trasforma in violenza, teatro di paure e inquietudini così simili a quelle del nostro presente.
Jugoslavia, 1990. L’aria è tesa, le voci dei nazionalisti si fanno sempre più insistenti. Ma c’è ancora tempo, c’è ancora spazio per scongiurare gli allarmi che arrivano dalle zone di confine. In questa atmosfera elettrica, due giovani fanno ritorno alla loro cittadina nella Bosnia orientale. Nene è un artista ossessionato dall’eventualità che il suo Paese possa d’improvviso non esistere più, che nessuno ricordi più cosa significa essere jugoslavi, e immagina di realizzare un’opera che testimoni il mondo in cui la sua generazione è cresciuta. Merima, l’amica degli anni della scuola, crede nella politica, nel sogno di «fratellanza e unità» dei popoli, e cerca di contrastare i venti burrascosi che soffiano nel Paese, sperando così anche di distrarsi da una ferita d’amore. E poi c’è Eliza, la figlia di Merima, una bambina di otto anni che sta pianificando un viaggio per raggiungere il padre che non ha mai conosciuto e di cui conserva solo un biglietto di auguri. (In libreria a fine agosto)

Sempre più spesso meta preferita dai turisti nella stagione estiva, i Balcani occidentali restano oggi uno spazio europeo per molti versi sconosciuto. I più ne ricordano le tragedie delle guerre degli anni Novanta, ma nei trent’anni ormai trascorsi dal loro scoppio nel 1991 poche volte questi paesi sono balzati nuovamente agli onori delle cronache. Gli autori di questo volume (ricercatori e giornalisti che da anni si occupano della penisola balcanica) provano dunque a tracciare una panoramica ricca e aggiornata delle caratteristiche e dei fenomeni (economia, ambiente, rotta balcanica, identità, memoria storica, cultura, gastronomia) che hanno caratterizzato (e continuano a farlo) Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Macedonia del Nord e Albania a partire dal 1995, l’anno in cui gli accordi di Dayton posero fine al conflitto di disgregazione della Repubblica socialista federale di Jugoslavia.

Con il ritmo del giornale di bordo, Giuseppe A. Samonà ci accompagna su una frontiera che non è una linea ma uno spazio disteso, fluido, dai contorni sfumati, in cui coabitano e si mescolano genti, lingue e culture. Una frontiera spaesata appunto, nel senso di un paese che non è un paese ma molti paesi. Una frontiera insomma che non si lascia afferrare, che si sposta sempre. Si parla molto di letteratura, di Storia e storie che sono indispensabili alla comprensione dei luoghi. Un percorso esplorato insieme agli scrittori e ai poeti di queste terre e che l’autore annota e disegna su tovagliette di carta: una sorta di mappa potenziale in cui cercare pezzi di itinerari che ognuno potrebbe comporre a modo suo; preziosa per chi volesse mettersi in cammino da Trieste, verso est e verso sud-est, lungo la costa dell’Istria o penetrando l’interno della Slovenia e della Croazia, verso il cuore dei Balcani.

A passo di lumaca il trenone parte illuminando con il suo occhio centrale la ferrovia buia e pesta. Il treno Chișinău-Mosca inizia così la sua lunga marcia. È il 13 maggio, sono le 21.46. Tra un giorno, sette ore e 38 minuti il nostro scorgerà finalmente la sua Itaca, alla stazione Kievskij di Mosca. Saranno le 5.24 del 15 maggio.

Dalle coste della Dalmazia ai Carpazi ucraini, un fil rouge d’acciaio collega le rotte più remote dei Balcani e dell’Europa orientale: è la ferrovia. Sebbene convogli e infrastrutture versino spesso in condizioni disastrose, nei paesi d’oltrecortina i treni giocano un ruolo chiave per il tessuto sociale locale. Sono tanti i villaggi nati intorno alle stazioni, grazie a treni che dipendono molto più da gasolio e da migliaia di braccia, che da computer e automatismi. Sono ferrovie imparziali, quelle dell’Est: c’è posto per tutte le tasche e per tutti i viaggiatori, persino le galline ogni tanto salgono a bordo dei treni. Fuori dai finestrini scorrono distese di natura selvaggia, periferie di cemento, giganti complessi industriali e mercati allestiti tra le stesse rotaie. Materiale rotabile di seconda mano comprato a basso prezzo nei paesi occidentali o addirittura scambiato con materie prime: questa è la ruvida spina dorsale delle ferrovie balcaniche, che raccoglie in ogni stazione centinaia di storie da raccontare.
Nuova edizione con un lungo racconto inedito sulla Ferrovia Transalpina di Gorizia/Nova Gorica.

Dalla Bosnia ed Erzegovina alla Cecoslovacchia, dall’Ungheria alla Serbia, Rumiz scrive di quest’Europa che ha vissuto una storia drammatica, piena di contraddizioni ma anche di spinte positive represse, di slanci e di frustrazioni. Terre dove il desiderio della gente di democrazia, di nuovo, di apertura trova freni e ostacoli nella volontà dei gruppi di potere vecchi e nuovi, di mantenere i propri privilegi. Tutto questo con un costo spesso terribile in termini di sacrifici e di tragedie e con un carico di enigmi che talvolta avvicinano queste pagine a quelle di una spy story.
Un libro appassionante che propone chiavi di lettura preziose di una realtà dove il peso del passato e della tradizione si intreccia e si scontra con tensioni al rinnovamento.

La storia di una parte d’Europa complessa, stratificata, eppure al centro di tutto. Sentimentale perché non è un trattato, ma una narrazione soggettiva, intima, di che cosa sono e che cosa rappresentano i Balcani. Breve perché non vuole essere esaustiva ma regalare al lettore suggestioni, immaginari e passioni. Floramo parte per un viaggio che esplora in profondità le geografie, le anime, la Storia attraversando il confine orientale per addentrarsi nella terra balcanica che sconfina verso gli Urali, segue il Danubio, parla le lingue di Sarajevo. Interroga le fonti più antiche, narra le vicende dei Turchi, dei Veneziani, degli Uscocchi, giunge fino ai giorni nostri dove insegue le utopie, osserva i ponti, piange con le donne di Srebrenica.

Una città senza cimitero, una lingua con ottantadue consonanti, un porto turistico che non esiste sulle mappe, vecchi sottomarini sovietici in vendita, confini che solo un cieco può attraversare, valli perdute e litorali riconquistati, giovani radicalizzati e vecchi credenti… Ai confini dell’Europa, dai Balcani al Caucaso, si estendono spazi indefiniti, schiacciati negli ingranaggi di un’interminabile “transizione”, ma ideali per incontri improbabili e unici. Per comprendere dove si sta dirigendo oggi l’Europa è necessario avventurarsi in una storia dei confini che è al contempo racconto di viaggio e reportage sul Novecento e sul dopoguerra così come ricerca delle tracce storiche che superano i secoli, e dove incontriamo sia la Repubblica di Venezia, sia gli spettri di Tito e di Enver Hoxha, sia figure di rivoluzionari impenitenti che di personaggi pieni di inventiva. Dove si incontrano le acque è un testo che sa unire perfettamente qualità letteraria della scrittura, una vasta conoscenza e un’indomita curiosità. Jean-Arnault Dérens e Laurent Geslin recuperano il filo delle memorie di questa parte del continente eurosasiatico costeggiando le rive dell’Adriatico, del Mar Egeo e del Mar Nero, ma spingendosi anche nell’entroterra con lo sguardo privilegiato di chi ha calcato a lungo quei territori e ora vi si avvicina da una nuova prospettiva. Ci raccontano di minoranze dimenticate, di paesi che non esistono più o che non esistono ancora, di migrazioni che non si fermano mai e di appuntamenti sempre mancati. Con il ritmo lento dei viaggiatori d’un tempo, i due autori esplorano i Balcani, i mari, superano Istanbul, svelano una Turchia sconosciuta ai più e giungono fin sulle coste caucasiche dell’Agiaria e dell’Abcasia, in Crimea e nella Transnistria e, infine, sul delta del Danubio, dove il fiume e tutta la polvere d’Europa si mescolano alle acque del mare.

Quando Kapka Kassabova era bambina, il confine tra Bulgaria, Turchia e Grecia era considerato una via di fuga dal blocco di Varsavia migliore rispetto al Muro di Berlino, e così i suoi boschi e le sue montagne erano affollati di militari, spie e fuggiaschi. Kapka ricorda di avere giocato, nelle sue vacanze sul Mar Nero, sulla spiaggia a pochi chilometri dall’imponente barriera elettrificata il cui filo spinato puntava minacciosamente verso l’interno. Oggi questo paesaggio denso di foreste non è più altrettanto militarizzato, ma è ancora un sentiero battuto dai profughi di tragedie lontane, e porta ben visibili le sue molte cicatrici. È qui, in quelli che vengono chiamati i Balcani sud-occidentali, che Kassabova intraprende un viaggio verso le proprie radici e al tempo stesso verso il cuore di un passato secolare fitto di misteri, di sofferenza e di insopprimibile umanità. Scopre una regione plasmata da una successione di violente forze della storia: dalle molte crisi migratorie, dal comunismo, da due guerre mondiali, dall’Impero Ottomano e, prima ancora, da un’ancestrale eredità di miti e di leggende. In un paesaggio dominato da una natura selvaggia, disseminata delle enigmatiche tracce di vicende remote, Kassabova incontra guardie di confine e cercatori di tesori, imprenditori e botanici, guaritori e adepti di riti magici, rifugiati e contrabbandieri: il popolo del confine, un mondo brulicante di storie, di aspettative, di credenze e di conflitti, pervaso da una peculiare energia psichica che sembra scaturire dalla natura stessa.

Se cercate delle guide per organizzare un viaggio attraverso questi paesi vi suggerisco di consultare quelle redatte da Marco Vertovec; per metà sloveno, la sua conoscenza dell’universo balcanico gli ha permesso di esplorare e poi descrivere questi luoghi con una sensibilità diversa da quella del classico turista. Le guide sono pubblicate da Odòs Libreria Editrice.