Sto leggendo “Anime baltiche” di Jan Brokken: un libro incredibilmente interessante, colmo di artisti e storia, di destini terribili che si conclusero nelle terre baltiche: Lituania, Estonia e Lettonia. Terre che nel corso del Novecento sono state teatro di tumultuosi avvenimenti.
Il libro è pieno di spunti di riflessione, di fascinazioni e anche di tragedie collettive; per chi non conosce la storia di questi Paesi, è un ottimo mezzo per approfondirla. Nel libro i destini personali di artisti e persone comuni, dei singoli e delle collettività, si incrociano e diventano un’unica amina: l’anima baltica.
Vi proporrò qualche stralcio, qualche “illuminazione” via via che proseguo la lettura perché per raccontare un libro come questo poche righe di commento non bastano. Avevo già avuto un “incontro” felice con Brokken: “Bagliori a San Pietroburgo” è un altro dei suoi capolavori, che vi consiglio caldamente, soprattutto se, come me, amate la Storia e l’Arte.
Nel capitolo 4, “La volontà del padre“, Brokken racconta di un concerto a cui assiste a Riga, in Lettonia, nel 2007, presso la sala della Gilda, «costruzione neogotica dell’Ottocento nel cuore della città vecchia», eseguito dall’orchestra sinfonica nazionale.
La prima parte del concerto non lascia presagire lo straordinario momento musicale che sto per vivere. (…) Dopo l’intervallo, l’orchestra attacca il Cantus del compositore estone Arvo Pärt. Mi raddrizzo sulla sedia. Una musica baltica, una musica di qui, che Pärt (…) scrisse in memoria del compositore britannico Benjamin Britten. Il pezzo si apre con dei rintocchi di campana, poi attaccano gli archi (…) sessanta strumenti in totale. I fiati non partecipano. Tutti gli archi sono donne, tranne il primo violino, il secondo violoncello e i sei contrabbassi; donne che con note lente e ondeggianti evocano secoli di sofferenza dei paesi baltici e sembrano piangere gli uomini, le donne e i bambini deportati nei campi in Siberia, le vittime delle battaglie della Seconda guerra mondiale o dei campi di concentramento nazisti. È un pezzo che dura esattamente cinque minuti ma che mi sembra cinque volte più lungo. (…)
Le note di apertura, rarefatte e acute, sprofondano via via sempre di più, con un motivo che si ripete e che evoca il carattere effimero della vita. Per eseguire le note conclusive i violoncellisti si chinano sullo strumento, ed è come se gettassero un fiore o un pugno di terra in una tomba. Ho la pelle d’oca e sento le note più basse vibrarmi dentro lo stomaco.
Ve lo propongo nell’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica della BBC diretta da Edward Gardner:
Il capitolo 12, “Tabula rasa“, è dedicato a questo grande musicista, alla sua tormentata storia, fatta di successi, di censura, di frustrazioni e di riconoscimenti. Un andamento altalenante a cui Arvo Pärt ha saputo adattarsi senza perdersi d’animo, continuando la sua ricerca e percorrendo la direzione che a lui sembrava giusta, nonostante tutto.
“Tabula rasa” è un disco registrato dalla casa discografica ECM, fondata da Manfred Eicher, che riproduce la musica composta da Pärt ; il disco si apre con il brano “Fratres” per pianoforte e violino, eseguito dal grande violinista Gidon Kremer (a cui l’opera è dedicata) e dal pianista jazz Keith Jarret. Fu un successo planetario, che consacrò la fama di Pärt a livello mondiale.
Brokken in questo capitolo ci regala una lunga dissertazione sulla vita e l’opera del compositore; tra le tante informazioni, ne cito una, un ponte artistico tra la musica e il cinema. Infatti Brokken ci dice che la musica di Arvo Pärt è amatissima dai registi : la troviamo nella colonna sonora di cinquanta film, a cui vanno aggiunti film d’animazione e documentari. Le sue musiche si trovano in film americani, francesi, inglesi, tedeschi, messicani, giapponesi, svedesi, danesi, finlandesi e israeliani.

La prima parte del concerto non lascia presagire lo straordinario momento musicale che sto per vivere. (…) Dopo l’intervallo, l’orchestra attacca il Cantus del compositore estone Arvo Pärt. Mi raddrizzo sulla sedia. Una musica baltica, una musica di qui, che Pärt (…) scrisse in memoria del compositore britannico Benjamin Britten. Il pezzo si apre con dei rintocchi di campana, poi attaccano gli archi (…) sessanta strumenti in totale. I fiati non partecipano. Tutti gli archi sono donne, tranne il primo violino, il secondo violoncello e i sei contrabbassi; donne che con note lente e ondeggianti evocano secoli di sofferenza dei paesi baltici e sembrano piangere gli uomini, le donne e i bambini deportati nei campi in Siberia, le vittime delle battaglie della Seconda guerra mondiale o dei campi di concentramento nazisti. È un pezzo che dura esattamente cinque minuti ma che mi sembra cinque volte più lungo. (…)
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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Interessantissima lettura, da recuperare.
Come sempre un post molto interessante, il tuo.
Adoro Arvo Part e un anno fa ho avuto la fortuna di assistere a un concerto di gruppo vocale estone (Vox Clamantis) di cui fa parte anche lui, che era in sala (in realtà in chiesa, la Basilica di S. Maria Maggiore, in città alta, ottimo teatro per questo genere di esibizione). Un compositore straordinario.
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Personalmente, al di là del nome, non lo conoscevo. Sto recuperando degli ascolti e devo dire che mi sta conquistando. grazie del passaggio! ciao
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Non lo conoscevo. Una musica meravigliosa, avvolgente…. non ho parole.
Attendo con curiosità le tue opinioni su Anime baltiche (con gli stralci che hai promesso 🙂 )
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E’ un libro bellissimo, ogni pagina contiene emozioni e suggestioni
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E’ una musica bellissima e commovente. Mi sono emozionata
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Anch’io ho conosciuto Arvo Pärt tramite un libro (“Requiem for Immortals”) ed è piaciuto molto anche a me! “Anime baltiche” ce l’ho in lista, mi fa piacere sapere che, quando lo leggerò, ci ritroverò Pärt!
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