Israeliano di quinta generazione, Abraham Yehoshua ha ambientato la maggior parte dei suoi romanzi in questo paese, cogliendone tutte le contraddizioni, le criticità ma anche la bellezza e lo spirito. Ricorre nei suoi libri il tema della famiglia e in particolare del matrimonio, che definisce il più libero e il più intimo dei legami (lui stesso ha passato la vita insieme alla moglie Rivka, psicanalista, sua prima lettrice, scomparsa recentemente). Interessato all’uomo medio, senza particolari velleità culturali, Yehoshua si è calato di romanzo in romanzo nei panni di ingegneri, meccanici, registi, riuscendo a creare un particolare amalgama tra realismo e surrealismo, a far balenare l’inaspettato lì dove meno lo s’immagina. Noto anche per le sue posizioni politiche progressiste, Yehoshua crede nella necessità di un solo stato in cui arabi ed ebrei convivano pacificamente e nel rispetto reciproco.

Nei miei libri – spiega Yehoshua in una intervista a Daniele Rocchi – ho cercato di parlare della vita in generale, intesa come rapporti nella famiglia, rapporti matrimoniali, rapporti tra gli ebrei che vivono qui e gli ebrei che vivono nella diaspora, rapporti tra noi e gli arabi. Il conflitto si articola attraverso i rapporti tra ebrei e arabi, soprattutto israeliani, che sono anche cittadini del nostro Paese, e fanno quindi parte della nostra vita.

Di Yehoshua ho letto quasi tutto, mi piace molto il suo stile, i temi che via via ritrovo nei suoi romanzi. Mi manca solo l’ultimo, “Il tunnel“, ma presto rimedierò. Da parte mia, non posso che consigliarlo, soprattutto a chi vuole provare a conoscere la complessa realtà israeliana. Yehoshua è uno dei maestri della letteratura israeliana a cui anche gli autori delle nuove generazioni – come Eshkol Nevo – guardano.

 

Yehoshua l'amante

 

L’amante, 1977

Sullo sfondo di una Haifa scossa dalla guerra del 1973, si dipana lo scenario de L’amante, il più sinceramente israeliano dei romanzi di Yehoshua. L’autore si affida alle voci dei suoi personaggi, ai loro sogni, ai ricordi, ai desideri, alle aspettative: sono le parole di Adam, agiato proprietario di una grande officina meccanica; le riflessioni della figlia Dafi, quindicenne insonne e ribelle; i sogni della moglie Asya, intellettuale precocemente ingrigita; gli stupori di Na’im, giovane operaio arabo; i vaneggiamenti della novantenne Vaduccia; e infine il resoconto stupefatto di Gabriel, l’amante scomparso. Mondi lontani, a dispetto dell’amore; voci tanto vicine quanto diverse che siglano l’impossibilità di conoscere veramente chi ci vive accanto.

 

Yehoshua divorzio tardivo

 

Un divorzio tardivo, 1982

Nel corso di nove dense giornate si consuma l’estremo soggiorno in patria di Yehudà Kaminka, fuggito da Israele per rifarsi una vita in America e ritornato per sciogliere ogni legame con Na’omi, sua moglie. Nove giorni culminanti nella Pasqua (in ebraico «passaggio») che diventa lo spartiacque tra ciò che è stato, e non potrà mai piú tornare, e ciò che sarà. Ancora una volta Yehoshua disegna con lucidità e poesia la crisi di una famiglia come metafora dell’identità ebraica, divisa tra diaspora e costruzione di uno stato nazionale. E racconta ciò che nessuna ragione o progetto politico potrà mai spiegare: la vicenda semplice e banale di un uomo e di una donna che si amano, vivono una vita insieme, arrivano ad odiarsi, a impazzire d’amore e di odio, e non riescono a scindere il legame che li unisce se non a prezzo della vita.

Recensione su Mangialibri.

 

Yehoshua cinque stagioni

Cinque stagioni, 1989

Al termine di una lunga malattia la moglie di Molcho muore, lasciando al marito un immenso vuoto, una vita da reinventare. Negli ultimi sette anni Molcho è vissuto come un perfetto infermiere. Ora sembra che tutti vogliano trovargli un’altra moglie. Ma Molcho è talmente attaccato al ricordo della moglie da tornare a Berlino, città natale di lei, due volte l’anno. E lì si sente accusare d’aver fatto morire la moglie proprio con le sue cure amorevoli e assidue. Attraverso cinque, intense stagioni, l’autore racconta lo spaesamento, le ansie, il senso di inadeguatezza del suo personaggio, ma anche la sua lenta rinascita.

 

Yehoshua Mani

 

Il signor Mani, 1989

Dal giovane Efraim, soldato israeliano di stanza in Libano nei primi anni Ottanta, al patriarca Abraham vissuto nell’Atene di metà Ottocento, i diversi «signor Mani» sfilano nella storia e si trasmettono di padre in figlio una tragica eredità. Può un uomo spezzare la catena che lo lega al passato e al futuro? Può annullare la propria identità? Yehoshua mette in scena cinque dialoghi in cui di volta in volta una voce diversa ci guida verso i molti misteri di un’intero popolo e di una famiglia animata dall’utopia della pace.

 

Yehoshua tutti i racconti

Tutti i racconti, 1993

Il libro raccoglie tutti i racconti scritti da Yehoshua: dodici storie pervase da atmosfere surreali, nelle quali i personaggi si muovono in bilico tra sogno e realtà, preda di un disagio che si trasforma in stanchezza, in un bisogno incontrollato di dormire. Sono dei perdenti, gli «eroi» di Yehoshua; uomini stanchi, incapaci di raggiungere i propri scopi, privi di certezze, e quando le certezze sembrano esistere sono destinate a soccombere. Nemmeno i sentimenti sono un’ancora di salvezza, gli equilibri familiari sono fragili, gli amori disillusi. Eppure, il tormento e la disperazione appaiono lontani: ironia e divertimento sono la cifra di una prosa intensa, coinvolgente e tuttavia leggera.

 

Yehoshua ritorno dall'india

 

Ritorno dall’India, 1997

Un giovane medico israeliano, Benji Rubin, è coinvolto dal dottor Lazar, direttore sanitario dell’ospedale in cui lavora, in un viaggio in India che sconvolgerà la sua vita di studente e figlio modello. Si tratta di andare a riprendere e riportare in Israele la figlia di Lazar, Einat, che si è ammalata laggiù di epatite. Durante il viaggio Benji si innamora non di Einat, ma della madre di lei, Dori. Nasce così un triangolo “impossibile”: per gli anni che dividono Benji dall’amante cinquantenne, per il sentimento di amicizia profonda che nel frattempo ha maturato per Lazar. Il senso di colpa spinge il prudente e timoroso Benji a scelte azzardate fino al matrimonio con un’amica di Einat.

 

Yehoshua viaggio fine millennio

 

Viaggio alla fine del millennio, 1997

Nell’estate del 999 il ricco mercante ebreo Ben-Atar salpa da Tangeri alla volta di Parigi, sperduta cittadina nel cuore di un’Europa selvaggia, in fermento per l’approssimarsi dell’Anno Mille. Scopo del viaggio è ritrovare il nipote Raphael Abulafia, suo socio in affari, che fino a un paio di anni prima aveva venduto con profitto la merce dello zio in Francia. La loro collaborazione è stata troncata in seguito alle critiche rivolte alla bigamia del mercante sefardita dalla moglie di Abulafia. Compagni di viaggio di Ben-Atar sono il socio ismaelita Abu-Lufti, le due mogli e un rabbino andaluso, che ha il compito di convincere la devota moglie di Abulafia della legittimità della situazione famigliare di Ben-Atar.

 

Yehoshua il potere terribile

Il potere terribile di una piccola colpa: etica e letteratura, 2000

In questi saggi Yehoshua s’interroga sul rapporto fra arte ed etica, qui intesa nella sua accezione piu ampia. Yehoshua ha, infatti, notato che sempre piú raramente la critica d’arte – sotto qualsiasi forma questa si presenti: letteratura, teatro o cinema – si riferisce in modo esplicito alle questioni morali sollevate dall’opera. “Solitamente i critici preferiscono astenersi dall’esprimere […] un semplice giudizio morale sullo scrittore o sul comportamento dei suoi personaggi… Nelle recensioni concetti come “valori morali”, “giustizia” e “bene” compaiono del tutto incidentalmente”. Da ciò Yehoshua deduce che oggi con difficoltà si trova qualcuno disposto a battersi in nome di un valore e quindi a sollevare obiezioni nei confronti di un’opera d’ arte, specie se d’avanguardia. Riflettendo su questo amaro stato di cose Yehoshua si è “sentito investito di una modesta missione” e ha quindi scelto otto opere della letteratura classica e contemporanea, tanto ebraica che universale, su cui riflettere e di cui valutare il peso morale.

 

Yehoshua la sposa liberata

La sposa liberata, 2002

Un matrimonio può finire per molti motivi, ma Yohanan Rivlin, professore di storia mediorientale a Haifa, è convinto che a causare il divorzio del figlio Ofer sia stato un segreto nascosto. Da quando la moglie, Galia, lo ha ripudiato, sono passati cinque anni e Ofer non ha ancora superato il trauma. Cosa lo tiene incatenato a lei, cosa genera tanta sofferenza?
Ignorando la calma e la razionalità della moglie Haghit, giudice distrettuale, Rivlin si macera nell’ansia, incapace di sopportare l’infelicità del figlio. E quando scopre che il padre di Galia è morto improvvisamente, ne approfitta per riannodare i legami con la famiglia dell’ex nuora. Iniziano così le sue visite, e le sue indagini, nell’albergo di proprietà del defunto, a Gerusalemme, dove l’altra figlia, Tehila, comanda adesso con piglio manageriale. Visite e indagini di cui Haghit e Ofer non devono sapere nulla.
Ma il professore ebreo non riuscirà a risolvere il mistero da solo, e gli arabi, temuti e amati, arriveranno ad aiutarlo. Oggetto dei suoi studi, gli arabi assumono per Rivlin la funzione di catalizzatori: accelerano gli eventi. Così Rashed, il messaggero-autista, e Fuad, il capocameriere-poeta, s’incaricano di rendere giustizia al povero Ofer, che né la Storia né il Diritto, né Rivlin né Haghit, possono aiutare.
Ambientato tra il 1998 e il 1999, quando ancora erano vive le speranze di pace, e l’Autonomia palestinese compiva i primi passi in Cisgiordania, La sposa liberata è un’allegoria potente del destino di due popoli sempre in guerra, e conferma ancora una volta la maestria narrativa e poetica di Abraham Yehoshua, ponendolo tra i maggiori scrittori della letteratura mondiale.

Vi consiglio questo articolo apparso su Minima&Moralia, a proposito de “La sposa liberata

http://www.minimaetmoralia.it/wp/tag/abraham-yehoshua/

 

Yehoshua tre giorni

 

Tre giorni e un bambino, 2003

Ze’ev è uno studente di matematica fuori corso. Yali è un bambino di tre anni. I due dovranno vivere insieme per tre giorni, e saranno tre giorni difficili per entrambi.
Il problema è che Yali è figlio della donna che è stata il più grande amore di Ze’ev. Il giovane vede nel bambino qualcosa che ricorda da vicino colei che a un certo punto lo ha rifiutato. Forse troppo da vicino. Vede il figlio che poteva essere suo, ma anche il figlio di chi è stato prescelto dalla sua amata. Per questo, nei tre giorni fatali, deve convivere con un affetto quasi incontrollato e, nello stesso tempo, con un innominabile desiderio di vendetta. Senza avere il coraggio di un pensiero omicida, Ze’ev dedica al bambino una «cura negligente»: lascia che corra su un muretto senza protezioni, lascia che si sporga dal balcone appoggiato a una sedia, lo porta in piscina con la febbre. E in più altri eventi casuali, come una vipera che gira per casa, si aggiungono a far sì che il soggiorno di Yali diventi una specie di roulette russa.
Ambientato in una Gerusalemme abitata da giovani un po’ buffi e un po’ matti, il racconto è soprattutto la storia di una prova che il protagonista deve superare per diventare adulto, per lasciarsi alle spalle in modo più o meno risolto il proprio passato, per entrare in sintonia con i cicli della natura e della riproduzione. Insomma per prepararsi a diventare a sua volta padre.

 

Yehoshua lettore allo specchio

 

Il lettore allo specchio: sul romanzo e la scrittura, 2003

Quante volte, terminata la lettura di un libro, avremmo voluto avere l’autore accanto per potergli chiedere lumi e notizie su un personaggio, su un finale, sull’origine di una storia, sui motivi di una certa svolta nel racconto.
In Il lettore allo specchio Yehoshua risponde, con semplicità e acutezza, a queste domande e a tante altre che toccano i nodi della sua narrativa e altre questioni cruciali: la vocazione di scrittore, i temi dell’impegno e della necessità di una morale in letteratura, la situazione culturale nello Stato di Israele, il rapporto con il passato, l’influenza della vita sulla letteratura, le radici, il senso di appartenenza, il rapporto con i lettori.
Ciò che colpisce in questo piccolo libro è come la profondità delle riflessioni si coniughi a un tono sommesso, paterno, quasi che l’autore volesse dirci che le questioni fondamentali della vita e della scrittura appartengono a ogni uomo che pensa, e ogni uomo deve essere messo in grado di capirle.

 

Yehoshua responsabile risorse umane

 

Il responsabile delle risorse umane, 2004

Un terrorista suicida si fa esplodere in un mercato di Gerusalemme. Una donna muore. Era straniera, viveva da sola in una squallida baracca di un quartiere di religiosi. Nessuno va a reclamare il suo cadavere all’obitorio del Monte Scopus. Eppure Julia Regajev aveva ancora formalmente un lavoro, come addetta alle pulizie in un grande panificio della città. Un giornalista senza scrupoli sfrutta il caso per imbastire uno scandalo e denuncia la «mancanza di umanità» dell’azienda, che non si è nemmeno accorta dell’assenza della dipendente. Tocca al responsabile delle risorse umane, spedito in missione dall’anziano proprietario del panificio, cercare di rimediare al danno d’immagine. Ma il viaggio verso la compassionevole sepoltura della donna si rivela per lui molto piú importante di un’operazione di facciata nei confronti dell’opinione pubblica.

 

Yehoshua un cagnolino

Yehoshua ha pubblicato (2005) anche questo libro per bambini, illustrato da Altan.

Efrat vorrebbe un cagnolino, ma i genitori sono contrari. Un cane in un appartamento? Non è possibile. Eppure, un giorno, appare in casa un grosso cane peloso. Chi sarà mai? Tamar e Gaia, invece, hanno un problema diverso: un topolino dispettoso si è stabilito nella loro cucina. Per catturarlo, ci vorranno una trappola e molta furbizia. Con questi due racconti, illustrati con spirito e sensibilità da Altan, Yehoshua si avventura in un territorio inedito per lui, facendo un regalo ai figli e ai nipotini dei suoi lettori e, naturalmente, ai lettori stessi.

 

Yehoshua fuoco amico

 

Fuoco amico, 2008

“Ruach” in ebraico significa vento, ma anche spirito, e “ruach refaim” è lo spirito dei morti, il fantasma. Il vento, in questo nuovo romanzo di Abraham B. Yehoshua, è quello che si insinua nelle fessure di un grattacielo di recente costruzione a Tel Aviv e provoca sibili e ululati che turbano gli inquilini. Amotz Yaari, il progettista degli ascensori, viene chiamato a indagare e a difendere il buon nome del suo studio dalle accuse che gli vengono rivolte. È la settimana di Hanukkah, una delle feste più amate in Israele, ma non è una settimana facile per Amotz. Sua moglie Daniela, che ama moltissimo è partita per la Tanzania, dove in una specie di esilio volontario vive Yirmiyahu, vedovo della sorella di Daniela. Da quando suo figlio è stato ucciso per sbaglio da un commilitone durante un’azione nei territori occupati, Yirmiyahu non sopporta più di vivere in Israele. Non solo: non vuole più vedere un israeliano o leggere un giornale o un libro scritto in ebraico. Vuole liberarsi dalla storia del suo paese, e per farlo ha accettato un lavoro di contabile al seguito di una spedizione paleoantropologica in Africa. Alla ricerca degli ominidi preistorici, per non rischiare dolorosi incontri con la storia. Al centro del racconto, il ricordo di un giovane ucciso, la rabbia per quelle due parole – “fuoco amico” -, il rifiuto di vivere in un paese continuamente in guerra, ma anche la sete di normalità, l’amore e la testarda volontà di tenere unita la famiglia.

 

Layout 1

La scena perduta, 2011

Indebolito dall’età nel fisico ma non nello spirito, Yair Moses è un regista israeliano invitato a Santiago per una retrospettiva sui suoi film. Lo accompagna Ruth, protagonista di gran parte delle sue pellicole, di volta in volta definita «compagna», «musa», «personaggio». Ad accoglierlo, però, vi saranno alcune sorprese: la rassegna è organizzata da un religioso appassionato di cinema e si concentra sui suoi primi titoli, pellicole così datate che lo stesso regista fatica a ricordarne il contenuto (facendo assomigliare le proiezioni a stranianti viaggi nella memoria, a metà tra la seduta psicanalitica e la confessione religiosa). Inoltre nella stanza d’albergo è appeso un quadro che lo turba profondamente: una versione del celebre tema iconologico della «carità romana» in cui la giovane Pero allatta il padre Cimone, chiuso in carcere e condannato a morire di fame. Il dipinto ricorda al regista una scena simile che sarebbe dovuta apparire in uno dei suoi film. Ruth, però, si era rifiutata di girarla: l’avallo di Moses alla decisione dell’attrice aveva causato la loro rottura con lo sceneggiatore, Shaul Trigano, la mente creativa alla base dei loro successi (e all’epoca compagno della donna). Una rottura tanto dolorosa quanto irrimediabile. Almeno fino ad oggi: Moses scopre che dietro l’organizzazione della rassegna c’è proprio Trigano. La scena perduta è il romanzo più misterioso e profondo di Yehoshua: un libro che ha il sapore del bilancio di una carriera, ma anche un’indagine sui segreti legami fra creatività e trascendenza, desiderio e identità, passione e compassione. Su ciò che di più prezioso abbiamo perso pur non avendolo mai posseduto.

 

Yehoshua camminano forse due uomini insieme

Camminano forse due uomini insieme? Dramma in due atti, 2012

In un appartamento londinese, un uomo talmente privo di senso pratico da non saper aprire una latta di sardine osserva incredulo il suo rivale piú accanito, impegnato nella preparazione di una frittata. Il primo è Vladimir Jabotinskij, leader della destra revisionista sionista, l’uomo ai fornelli invece è David Ben Gurion, ebreo socialista e futuro fondatore dello Stato d’Israele. È il 1934: mentre sull’Europa incombe lo spettro del nazismo, i due leader, solitamente divisi da un contrasto insanabile, si incontrano per cercare un terreno comune con cui affrontare il destino che li attende e costruire il futuro di Israele. Del resto è la Bibbia a insegnarlo: «Camminano forse due uomini insieme, se prima non si sono accordati?» Mettendo in scena il dramma di due uomini carismatici e tormentati, Abraham Yehoshua ci fa entrare in quelle stanze, solitamente inaccessibili, in cui la Storia si svela.

 

Yehoshua la comparsa

La comparsa, 2015

Noga è una musicista, le sue dita sapienti e affusolate sono abituate a sfiorare le corde dell’arpa e a farne melodia. Ma adesso è lontana dal suo amato strumento, è lontana dalla musica, è lontana dalla vita che si è costruita in Olanda: è dovuta tornare a Gerusalemme, dopo molti anni che l’aveva lasciata, per prendersi cura dell’appartamento dove è cresciuta. L’anziana madre, infatti, sta trascorrendo alcuni «giorni di prova» in una casa di riposo a Tel Aviv: per delle oscure clausole contrattuali l’appartamento non può restare disabitato, nemmeno per un breve periodo. Molte cose sono cambiate da quando Noga era giovane. Il quartiere «si sta tingendo di nero»: i vecchi abitanti hanno lasciato il posto a una sempre piú nutrita comunità di ebrei ultraortodossi con le loro tradizionali vesti nere. A cominciare da due bambini che continuano a intrufolarsi in casa della madre per guardare la televisione (attività proibita dalle loro famiglie). Ma anche Noga è cambiata. Ad esempio non è piú sposata dopo che il marito l’ha abbandonata perché lei si rifiutava di avere un figlio. Per passare il tempo e guadagnare un po’ di soldi – tanto piú che il soggiorno israeliano la costringe a saltare molti concerti – Noga inizia a fare la comparsa nei film e negli sceneggiati che si girano in città. Ma quella inattività «forzata» fa nascere in lei un dubbio fastidioso e dolente: che Noga sia ormai una comparsa nella sua stessa vita. Il tormento di Noga, il conflitto che vive tra ricerca della felicità e aspettative sociali, tra il proprio desiderio e quello altrui, ne fanno uno dei piú potenti e sfaccettati ritratti di donna degli ultimi anni.

Yehoshua il tunnel

Il tunnel, 2018

Zvi Luria ha poco piú di settant’anni quando un neurologo gli diagnostica un principio di demenza senile. All’inizio la malattia lo porterà soltanto a commettere piccole distrazioni, sbagliare un nome, confondere un altro bambino per suo nipote, oppure visitare il letto di uno sconosciuto in ospedale convinto di essere al capezzale di un vecchio amico in coma. Poi però tutto diventerà piú duro e passo dopo passo la sua lucidità finirà con l’essere completamente compromessa. Zvi però è sempre stato un uomo preciso e pragmatico, prima di andare in pensione aveva lavorato come capo ingegnere ai lavori pubblici, e non riesce ad accettare di essere destinato in breve tempo a fare una fine del genere. Sua moglie Dina, una pediatra di fama legata a lui da un amore ancora tenero, lo sa benissimo, e lo convince ad aiutare Assael Maimoni, che ha preso il suo posto ai lavori pubblici. Maimoni sta però lavorando al progetto di un tunnel segreto, che trascina Zvi nel cuore del conflitto israelo-palestinese. In mezzo a questo caos mentale e geopolitico Zvi a un certo punto rischia di perdere anche Dina, la sua unica ancora di salvezza… Come può un uomo che è sempre stato affidabile e solido, un punto di riferimento per famiglia e amici, un ingegnere, scendere a patti con il proprio inevitabile declino mentale? Come possono farlo sua moglie e i suoi figli? Come ci si comporta di fronte alla razionalità che lentamente svanisce? E come si affronta la paura? Yehoshua costruisce intorno a queste domande una toccante meditazione sull’identità e sull’amore, sui gesti che è necessario compiere prima di congedarsi. Una vicenda intima e privata che s’intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure cosí distanti dal trovare un modo per esistere insieme.

Vi propongo questa intervista in occasione della presentazione del romanzo “Il tunnel“, 2018:

https://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/abraham_yehoshua_alibi_memoria_deforma_presente-4153599.html

E questo articolo apparso su Doppiozero:

https://www.doppiozero.com/materiali/abraham-b-yehoshua-il-tunnel

E anche questo su Minima&Moralia:

http://www.minimaetmoralia.it/wp/tocco-leggero-rivka-ne-tunnel-abraham-yehoshua/

 

A.B. Yehoshua

Abraham B. Yehoshua nasce a Gerusalemme il 19 dicembre 1936 da una famiglia d’origine sefardita. Il padre Yaakov Yehoshua è uno storico. Ha insegnato nelle Università statunitensi Harvard di Chicago e Princeton e Letteratura comparata presso l’Università di Haifa. Durante la sua permanenza a Parigi ricopre anche il ruolo di Segretario Generale dell’Unione Mondiale degli Studenti Ebrei. Il suo primo libro è una raccolta di racconti, Mot Hazaken (La morte del vecchio), ed è del 1962. I suoi romanzi sono: L’amante (1977, tradotto in quindici lingue), Un divorzio tardivo (1982), Cinque stagioni (1987), Il signor Mani (1990), Ritorno dall’India (1994), Viaggio alla fine del millennio (ultima edizione ET Scrittori, 2017), La sposa liberata (2002), Tre giorni e un bambino (2003), Il responsabile delle risorse umane (2004), Fuoco amico (2008 e 2009), La scena perduta (2011) e La comparsa (2015), tradotti in Italia da Einaudi, che ha anche pubblicato Il lettore allo specchio (2003), Tutti i racconti (1999), i saggi Il potere terribile di una piccola colpa, Etica e letteratura (2000), la commedia Possesso (2001), gli articoli Diario di una pace fredda (1996), il saggio Antisemitismo e sionismo (2004), il libretto d’opera Viaggio alla fine del millennio, tratto dall’omonimo romanzo, e la raccolta di saggi Il labirinto dell’identità. Scritti politici (2009). Nel 2005 sono uscite la raccolta di racconti L’ultimo comandante, la pièce Una notte di maggio e i due racconti illustrati da Altan raccolti in Un cagnolino per Efrat. Nel 2009 Einaudi ha pubblicato il volume Trilogia d’amore e di guerra che riunisce i romanzi L’amante, Un divorzio tardivo e Cinque stagioni. Del 2011 è La scena perduta (Einaudi).
Con Casagrande nel 2000 pubblica Il cuore del mondo; con Elliot pubblica nel 2007 Sedici feriti-Vaduccia, scritto con Eliam Kraiem; per la casa editrice E/O nel 2012 esce Ebreo, israeliano, sionista: concetti da precisare.
Tra gli editori italiani che hanno pubblicato suoi scritti anche Giuntina e Leonardo.