C’è un tempo per vivere e un tempo per morire. E tra i due, c’è il tempo per ricordare. É quel che ho fatto nel silenzio di questi giorni in cui ho potuto scrivere i dettagli mancanti per completare le pagine che ti scrivo, un testamento sentimentale più che disposizioni di ordine materiale. Da alcuni anni non riesco più a scrivere a mano, la mia grafia è illeggibile, ho perduto l’elegante scrittura di un tempo imparata da Miss Taylor quand’ero bambina, ma l’artrite non mi impedisce di usare il computer, l’estensione più utile del mio corpo storpiato. Mi prendi in giro, Camilo, dici che sono l’unica centenaria moribonda più attaccata al computer che alle preghiere.
Violeta, pag. 349
Violeta, di Isabel Allende, Feltrinelli 2022, traduzione di Elena Liverani, pagg. 357
Un bel memoir che ha la forma di un grande baule pieno di ricordi: oggetti della memoria, tessere di un grande mosaico pieno di colori, di odori, di volti, di gioie e di dolori. Un grande album di foto color seppia all’inizio, in bianco e nero e infine a colori; un diario a posteriori dove i destini particolari assurgono a ritratto di una società. Questi sono, per sommi capi, gli ingredienti del nuovo romanzo di Isabel Allende, scritto nel suo consueto stile epico sudamericano, che trasporta i lettori attraverso un secolo di storia sudamericana, attraverso il collasso economico, la dittatura e i disastri naturali come un terremoto e un uragano, e due pandemie. Infatti il racconto prende l’avvio durante la pandemia di spagnola e arriva fino ai giorni nostri con la pandemia che tutti ben conosciamo.
Violeta ricorda molto il romanzo più noto e venduto di Isabel Allende, La casa degli spiriti – capolavoro del realismo magico apparso quarant’anni fa -, che intreccia il personale e il politico in una saga che abbraccia decenni.
Sono stata testimone di molti eventi e ho accumulato esperienza, ma poiché ero distratta o forse troppo occupata non ho raggiunto la saggezza. Se davvero ci reincarnassimo, dovrei tornare al mondo a completare ciò che ho lasciato indietro: un’ipotesi terrificante.
Violeta, pag. 350
Violeta del Valle racconta la storia della sua vita in un paese sudamericano senza nome (in cui si può ravvisare il Cile) in un’ampia lettera a suo nipote Camilo. Dalla sua nascita in una notte tempestosa, unica figlia femmina in un clan di cinque maschi, Violeta passa attraverso l’epidemia di Spagnola, la Grande Depressione degli anni Venti, gli orrori delle dittature sudamericane degli anni Settanta in cui decine di migliaia di sospetti oppositori politici sono stati rapiti, torturati e uccisi, spesso attraverso l’operazione Condor, un’alleanza sostenuta dagli Stati Uniti tra i governi militari di destra nella regione.
Mentre la prima parte della narrazione è incentrata sulle vicende della famiglia di origine di Violeta, gran parte del libro tratta della lunga, appassionata ma travagliata relazione di Violeta con il padre di suo figlio dopo un breve e insoddisfacente matrimonio. Negli ultimi anni della sua lunga esistenza, ottiene la soddisfazione di fine vita con un diplomatico e naturalista in pensione. Come in tutte le opere della Allende, tutto gira intorno ai due poli della vita: l’amore e la morte.
A ispirarla è stata la madre: Francisca Llona Barros, l’amata mamma ‘Panchita’, con la quale la scrittrice cilena ha mantenuto una corrispondenza quotidiana – 24mila missive – durante l’intera vita; senza di lei non sarebbe sopravvissuta alla morte traumatica della figlia Paula nel 1992, dopo un anno intero in coma.
Panchita non è Violeta del Valle, ma condivide con lei «la voce intelligente e ironica», l’epica femminile, le riflessioni sulla libertà, l’amore, la lotta per i diritti, l’affresco storico di un’età convulsa fra due pandemie.
«Dopo la sua morte, tre anni fa, a 98 anni, mi dicevo: devi scrivere di lei, è tutto nelle lettere. Ma ero troppo vicina emotivamente per farlo. L’idea è maturata pochi mesi dopo, nell’isolamento per il coronavirus nel marzo 2020, un secolo esatto dopo la nascita di mia madre, in piena epidemia spagnola. Mi è sembrato un circolo poetico».
Violeta ha più di un’eco della stessa autrice. «C’è la mia memoria, l’esperienza personale, il tempo e il luogo che abbiamo condiviso: il XX secolo in America Latina. Tuttavia, viene sempre il momento cui bisogna uccidere e far fuori il personaggio», dice con amorevole ironia l’autrice. «La forma non poteva che essere di diario epistolare, per vicinanza al lettore».
Un bel romanzo che vi consiglio di leggere se amate il genere, e magari durante un periodo di vacanza, quando potrete immergervi in una lettura che appassiona e richiede tempo a disposizione.
Le citazioni sono riprese dall’articolo apparso su Avvenire.

Scrittrice e giornalista cilena. Dopo aver terminato gli studi a Santiago del Cile, lavora dapprima per la FAO, quindi si dedica a un giornalismo impegnato, scrivendo anche per il cinema e la televisione. Nipote di Salvador Allende, vive in esilio dal 1973, anno del golpe organizzato dal generale Augusto Pinochet Ugarte, al 1988, anno della caduta di Pinochet.
In esilio scrive il primo romanzo, La casa degli spiriti (1982; ebbe una trasposizione cinematografica nel 1993).
Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita, ma ha anche parlato delle vite di altre donne, unendo insieme mito e realismo. In Italia è pubblicata da Feltrinelli.
Tra le prime scrittrici latinoamericane a raggiungere fama mondiale, continua la sua esplorazione del tema politico e di quello personale nei due romanzi successivi – D’amore e ombra (1984) ed Eva Luna (1987) – e nella raccolta di novelle Eva Luna racconta (1992). Del 1992 è anche il romanzo Il piano infinito. Nel 1995 pubblica Paula. Tra gli altri romanzi ricordiamo Afrodita. Racconti, ricette e altri afrodisiaci (1997), La figlia della fortuna (1999), Ritratto in seppia (2001), Il mio paese inventato (2002), La città delle bestie (2003), Il regno del drago d’oro (2003), La foresta dei pigmei (2004). Zorro. L’inizio della leggenda (2005), Inés dell’anima mia (2006), La somma dei giorni (2008), L’isola sotto il mare (2009), Il quaderno di Maya (2011), Il gioco di Ripper (2013), L’amante giapponese (2016), Per Paula. Lettere dal mondo (1997), che raccoglie le lettere ricevute da Isabel Allende dopo la pubblicazione di Paula, La vita secondo Isabel di Celia Correas Zapata (2001), Amore (2013), un miscellanea delle più belle pagine della scrittrice sull’amore, e il sesso, i sentimenti.
E ancora ricordiamo: Oltre l’inverno (Feltrinelli 2017), Lungo petalo di mare (Feltrinelli 2019) che racconta la storia del Winnipeg, una nave che ha portato in Cile 2200 rifugiati spagnoli che fuggivano dalle rappresaglie franchiste, Donne dell’anima mia (Feltrinelli 2020) e Violeta (Feltrinelli 2022).
È una delle autrici latine di maggior successo, avendo dato alla letteratura sudamericana un contributo enorme; le sue opere sono tradotte in tutto il mondo.