Mi riallaccio alla premessa relativa alla gestazione dei Sonetos di Federico García Lorca, per passare alla lettura del secondo sonetto pubblicato dalla rivista spagnola “ABC” nel marzo 1984. Pubblicazione che, lo ricordo, fu curata da esperti conoscitori della materia lorchiana, quali il fratello del poeta, Francisco, da Marie Laffranque, Mario Hernández, e Francisco Giner de los Ríos, apparsa a ridosso dell’edizione clandestina e anonima che era circolata in edizione limitata pochi mesi prima. La famiglia aveva conservato tutti gli scritti del poeta e decise di avvalersi di esperti per portare a termine una edizione completa delle opere del poeta. La pubblicazione dei sonetti venne anticipata proprio per rispondere alla provocatoria e non autorizzata edizione anonima.
Soneto de la dulce queja
Tengo miedo a perder la maravilla
de tus ojos de estatua y el acento
que me pone de noche en la mejilla
la solitaria rosa de tu aliento.
Tengo pena de ser en esta orilla
tronco sin ramas, y lo que más siento
es no tener la flor, pulpa o arcilla,
para el gusano de mi sufrimiento.
Si tú eres el tesoro oculto mío,
si eres mi cruz y mi dolor mojado,
si soy el perro de tu señorío,
No me dejes perder lo que he ganado
y decora las aguas de tu río
con hojas de mi Otoño enajenado.
Sonetto del dolce lamento
Ho il timore di perdere il prodigio
dei tuoi occhi di statua e la cadenza
che mi posa di notte sulla guancia
la solitaria rosa del respiro.
Ho l’angoscia ch’io sia su questo lembo
un tronco spoglio, e ciò che più m’accora
è che non abbia argilla, polpa o fiore
per il verme di questo mio tormento.
Se mai sei tu il mio tesoro occulto,
se la mia croce, la mia intrisa pena,
se il cane sono io del tuo dominio,
fa’ che non perda quello che ho raggiunto,
e le acque del tuo fiume pavesa
con foglie dell’autunno mio in delirio.
Questo sonetto riprende la paura di perdere il bene amato, conquistato dopo lunga fatica e ad un prezzo alto. Nella strutturazione perfettamente bilanciata tra fronte e sirma il discorso poetico si suddivide altrettanto simmetricamente tra la prima e la seconda quartina, e tra la prima e la seconda terzina.
La prima quartina esprime il timore di perdere l’oggetto del proprio amore, caratterizzato con due immagini rivelatrici, “tus ojos de estatua” e “la solitaria rosa de tu aliento”, dove la rosa è metafora di respiro perché è legata dalla traslazione sensitiva del profumo; questa metafora trova diretto riscontro nel sonetto shakespeariano XCIX. La seconda quartina esprime il senso d’angoscia che sopraggiungerebbe al ritrovarsi solo, senza vita perché senza amore – “tronco sin ramas” – che culmina nella accettazione del tormento amoroso – “el gusano de mi sufrimiento” – poiché esso sottintende la presenza di un amore per cui soffrire.
Nella prima terzina l’amante si dice pronto ad accettare la clandestinità dell’unione con l’essere amato – “el tesoro oculto mío” – le pene di questo amore – “mi cruz y mi dolor mojado” – e financo la cieca sottomissione all’amato – “el perro de tu señorío” – purché non vada perso ciò che si è raggiunto.
Lo stesso tema di devozione è presente in Shakespeare nel sonetto XXVI: “Lord of my love, to whom in vassalage (..)”. Nel sonetto LVII: “Being your slave what should I do but tend / Upon the hours, and times of your desire?” e nel LVIII: “That God forbid, that made me first your slave”.
Nella seconda terzina compare un altro topos della lirica amorosa, di chiara derivazione shakespeariana: quello della diversità di età degli amanti. Lui, il poeta, “Otoño enajenado” e l’altro, l’amato, “las aguas de tu río”; così come in Shakespeare nel sonetto LXXIII: “That time of year thou mayst in me behold / when yellow leale, or none, or few do hang”.
Metricamente, il sonetto presenta una prevalenza di endecasillabi a maiore. Nelle quartine si registra l’unica eccezione di rima alternata (ABAB ABAB) presente nella serie. Lorca si rifà qui ad uno schema di rima che ha il suo più autorevole assertore nel Marqués de Santillana; questo schema – in Italia non più normativo dopo Petrarca – fu ripreso in Spagna dal Modernismo, influenzato in quest’uso dal modello francese.
1948 – Disegno di Dario Fo dedicato a García Lorca con quattro colombe bianche in volo. Dall’archivio Franca Rame Dario Fo.
(foto in copertina: Federico García Lorca. Dibujos (Edición de Mario Hernández. Museo Arte Contempráneo, Madrid 1986)
Una poetica affascinante, anche se carica di tormento… Colpisce in particolare la seconda quartina, con quella metafora bella e straziante del tronco spoglio.
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