Chi guarda stando fuori da una finestra aperta non vede mai tante cose quanto colui che guarda una finestra chiusa. Non c’è oggetto più profondo, più misterioso, più fecondo, più tenebroso, più abbagliante d’una finestra rischiarata da una candela. Quanto si può vedere al sole è sempre meno interessante di quanto avviene dietro un vetro. In quel buco nero o luminoso vive la vita, sogna la vita, soffre la vita.
Charles Baudelaire
Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi
per vedere gli alberi e i fiori.
Bisogna anche non aver nessuna filosofia.
Con la filosofia non vi sono alberi:
vi sono solo idee.
Vi è soltanto ognuno di noi,
simile ad una spelonca.
C’è solo una finestra chiusa
e tutto il mondo fuori;
e un sogno di ciò che potrebbe esser visto
se la finestra si aprisse,
che mai è quello che si vede
quando la finestra si apre.
Fernando Pessoa, Poemas completos de Alberto Caeiro
Riguardando le opere di Hopper, mi ha colpito – di nuovo – una delle prospettive che più si ritrovano nei suoi quadri: la finestra.
Sono rari i quadri di Edward Hopper in cui non compaia una porta, una finestra o un finestrino: che la scena ritratta sia ambientata in una stanza, in un ufficio, nello scompartimento di un treno, nella camera di un motel, o di un desolato bar notturno, la finestra è il focus centrale. Hopper attribuiva un senso metafisico a questo elemento di comunicazione, che lascia passare lo sguardo dall’interno verso l’esterno, così come dall’esterno verso l’interno. Le persone ritratte hanno uno sguardo assente, come quello di chi guarda ma non vede. Sotto una luce implacabile, o nella penombra soffusa, di fronte o di spalle, queste persone trasmettono un senso di solitudine inquietante.
Hopper mi ha ricordato che anche Magritte, ha spesso dipinto la finestra. E Dalì ci ha regalato la famosa ragazza alla finestra…. E gli Impressionisti…..



E Caspar David Friedrich, con la sua “Donna alla finestra”
Dai dipinti, la mente è andata subito ad uno dei più famosi film di Alfred Hitchcock, “La finestra sul cortile“. Ma anche al film di Fernan Ozpetek “La finestra di fronte“. E un vago ricordo di “Profondo rosso” di Dario Argento….
In letteratura, ci sono tantissimi romanzi in cui questo varco assume il ruolo di cartina al tornasole per far riaffiorare ricordi, volti, sensazioni. Quanti personaggi letterari si sono soffermati dentro o fuori, per volgere il loro sguardo attraverso l’apertura nel muro di un edificio che mette in contatto l’esterno e l’interno? Ce ne sono molti, moltissimi: quanti personaggi si sono affacciati alla finestra e hanno osservato il mondo fuori, sollecitando, attraverso questo sguardo, emozioni, ricordi, paure?
La finestra riassume in sé la duplicità del mondo: quello interno, il nostro spazio intimo, a volte rassicurante, altre foriero di ansia claustrofobica, o di solitudine; e poi quello esterno, nella valenza di desiderio di libertà o di ignoto, sia in senso positivo che negativo. Nell’arte, come nella letteratura, assume anche un significato voyeristico: lo spiare cosa accade fuori, o, da fuori, cosa accade all’interno di una stanza, di una casa.
Avete serbato una scena particolare, in cui il/la protagonista si affaccia alla finestra?
Un paio di romanzi in cui fin dal titolo si attribuisce un ruolo centrale alla finestra:
Siamo a Batum, sul Mar Nero, nei primi anni di Stalin. Adil bey è il nuovo console turco. Comincia a guardarsi intorno. Entra nel suo ufficio, «sporco di quella sporcizia lugubre che si ritrova nelle caserme e in certi uffici pubblici». Dà un’occhiata fuori e vede due persone affacciate alla finestra di fronte. «Prendevano il fresco, nell’oscurità, in silenzio». Più tardi vedrà il punto rosso di una sigaretta nel buio di quella finestra. Adil bey avverte subito un invincibile disagio, in quella città desolante, dove tutto lo respinge, dove ogni significato è dubbio e sfuggente. E si sente preso in una rete: sguardi, mezze parole, contrattempi, scene intraviste. Capisce di essere un insetto condannato a contemplare la ragnatela che lo imprigiona. Continua a guardare le finestre di fronte, con maggiore curiosità di quella che mostrano gli altri a osservare lui. Spia le spie, e intanto anche il suo corpo sembra intaccato, una cupa rabbia si unisce alla paura. E l’angoscia si espande, nulla può arrestarla. Su questa scena si consuma una storia di amore, inganno e morte.
Pubblicato nel 1933, quando la natura della Russia di Stalin era ancora ignota all’esterno, e nessuno poteva raccontarla dall’interno, questo romanzo è una prova sconcertante della precisione visionaria di Simenon. Nel ritmo torpido e maligno della vita a Batum troviamo tutti i tratti dell’ossessione poliziesca che fa da sfondo al nostro tempo. Nulla di essenziale c’è da aggiungere a questa immagine, che ha una sonnambolica sicurezza. Non vi è qui alcuna preoccupazione ideologica: sola all’opera è la capacità primordiale di cogliere un’aria, un’aura, un’essenza nascosta. Così, forse senza accorgersene, Simenon ha scritto il romanzo russo di quegli anni che altri non hanno potuto scrivere.
Anna Fox vive rinchiusa nella sua casa di New York e la sola idea di mettere piede fuori dalla porta rischia di provocarle un attacco di panico.
Passa le sue giornate vagando da una stanza all’altra con un bicchiere di Pinot in mano, chattando con uomini sconosciuti, guardando vecchi film noir – la sua passione – e soprattutto… spiando i vicini con l’aiuto della sua Nikon D5500. Nel mirino ora ci sono i Russell, che da poco si sono trasferiti nella villetta al lato opposto del parco. Una madre, un padre e un ragazzino adolescente: la famiglia perfetta, quella che Anna rivorrebbe con sé.
Una notte però alla finestra dei Russell, Anna assiste a qualcosa di terribile, qualcosa di così sconvolgente che sgretolerà il suo fragile equilibrio e metterà a nudo la verità che ha sepolto per mesi.
Ma il giorno dopo un dubbio spaventoso si insinua nella sua mente: la scena che ha visto è reale o frutto della sua immaginazione? Qualcuno è davvero in pericolo o a terrorizzarla è solo la sua paranoia?
Un bellissimo post, grazie.
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Grazie cara, buona giornata
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Che piacevole questa digressione nell arte! A me piace molto il film di Ozpetek per la storia dei due giovani uomini, di cui uno e’ l’ottimo Massimo Girotti.
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Vero, bravissimo. Ozpetekk mi piace molto. Anche le fate ignoranti mi era piaciuto molto. Buona giornata
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la scelta di Pessoa è perfetta almeno per me , è io credo il senso della finestra, non basta solo aprirle!! è molto bello questo tuo post con tutti i richiami giusti! dei libri che citi ho letto solo “le finetre di fronte” essedo una lettrice di gialli accanita! io ci aggiungerei anche “La finestra sul parco” Barbara Taylor Sissel, che si legge velocemente e che apre proprio una finestra su di una “storia” familiare non semplice! buona giornata!!
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Grazie per questo suggerimento! E buona giornata 🌷
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Il libro di Simenon sembra molto accattivante.
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Si, lo è. L’ho letto anni fa e mi è piaciuto molto.
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Bellissimo post! Mi è venuto subito in mente Simenon, ma ho pensato a “La scala di ferro”. Poi ci sono i racconti-finestra di Carver, così simili ai quadri di Hopper e le finestre “illuminate nella notte fonda” della Buenos Aires di Arlt.
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Giusto!!!
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Questa di Arlt non la conosco. Mi daresti per cortesia qualche dettaglio in più?
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Credo che Benny si riferisca ai racconti di Roberto Arlt (scrittore argentino), raccolti in “Acqueforti di Buenos Aires”, pubblicata da Del Vecchio Editore, che sono folgoranti visioni di Buenos Aires.
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Grazie mille per l’informazione!
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Sono piccole scene di vita, Acqueforti, della vecchia Buenos Aires popolare. In Ti rimando a questo post > http://www.flaneri.com/2014/10/29/acqueforti-di-buenos-airesdi-roberto-arlt/. Per qualsiasi informazione su Arlt chiedi al nostro “collega” SettePazzi ;)>https://settepazzi.wordpress.com/
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Ciao grazie per queste informazioni e link. Nonostante ami Baires e la letteratura Argentina non ho mai letto Arlt. Sette pazzi è un bellissimo blog che seguo, andrò ad informarmi. Vado a leggere anche il primo link. Buona domenica. Fritz.
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“D’in sui veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela”…
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Giacomo da quelle finestre (aperte sui balconi) rimirava Silvia….
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In molte poesie del Leopardi è presente la finestra, lui che vede il mondo attraverso una finestra
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Sempre spunti interessanti!!
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