«A volte mi chiedo cosa saremmo noi senza questa guerra, se una persona estranea saprebbe collocare geograficamente la Bosnia se non ci fossero stati Gavrilo Pincip e la guerra. A volte ho l’impressione che la definizione di serbi, croati e bosniaci passi solo attraverso la guerra. Chi l’ha subita e dove? Chi ha fatto cosa? Di chi è la colpa? Nel posto dove sono nata sarei anche potuta venire al mondo come bosniaca. Sarei stata la stessa persona, eppure tu mi avresti guardata con occhi diversi – come vittima. In quanto serba, tutti mi vedono come potenziale carnefice, senza sapere niente della mia vita e dimenticando che ci sono vittime anche tra i carnefici e che le vittime diventano carnefici nel momento in cui ne hanno l’opportunità.» (pag. 73)

Mare calmo, di Nicol Ljubić, Keller editore 2013, traduzione dal tedesco di Franco Filice, pagg. 188, vincitore del premio Adelbert-von-Chamisso-Förderpreis 2011

Il romanzo di cui vi parlo oggi è uno di quelli che ho inserito nel mio progetto di letture relative ai paesi della ex Jugoslavia. L’autore, Nicol Ljubić, è nato a Zagabria ma è vissuto in Grecia, Svezia e Russia, fino al trasferimento in Germania dove ha studiato e vive tuttora, a Berlino.

Anche Robert, il protagonista del romanzo, ha origini croate per parte di padre, mentre la madre è tedesca, e lui è nato e vissuto in Germania. Conosce ben poco del paese di origine del padre, nemmeno qualche parola di serbo-croato; il padre ha cercato in tutti i modi di lasciarsi alle spalle le sue origini, costruendosi una nuova vita nel paese in cui si è trasferito.

Una sera, a teatro, in una Berlino accogliente, Robert conosce Ana e rimane subito affascinato da questa ragazza sfuggente, enigmatica. Ana, capelli lunghi, neri, uno sguardo penetrante e allo stesso tempo inafferrabile, ricambia le attenzioni di Robert e in breve tempo tra loro nasce una storia coinvolgente. Robert prova per la prima volta un sentimento molto forte ed è desideroso di sapere tutto sulla ragazza che ama. Ana, invece, è piuttosto restia ad entrare nei particolari della sua vita, sembra trincerarsi dietro una incomprensibile reticenza.

Ana è serba. Al contrario di Robert, ha vissuto sulla sua pelle la guerra degli anni Novanta che ha insanguinato la Bosnia. Originaria di Višegrad, allo scoppio della guerra, ha dovuto lasciare la sua città e trasferirsi a Belgrado, dove però ha vissuto i bombardamenti e le difficoltà di una città sotto l’assedio delle forze ONU. Per lei questa esperienza è stata come uno spartiacque, tra la vita serena e spensierata della sua infanzia, e la lacerante realtà di un conflitto che ha lasciato su tutti cicatrici difficili a rimarginarsi. Ma se questo è stato un destino comune a tante persone, il suo è ancora più doloroso. Nella sua famiglia si nasconde un segreto terribile, una colpa difficile da raccontare anche – o forse, più – alla persona che si ama, e che si ha paura di perdere.

Visegrad Bosnia
Višegrad, Bosnia

Robert viene a conoscenza di un processo che si sta tenendo a L’Aja, a carico di un uomo ritenuto colpevole di avere preso parte all’eccidio di un intero nucleo familiare di bosniaci musulmani, proprio a Višegrad. Decide di recarsi in quel tribunale e di assistere al dibattimento; vuole sapere cosa accadde in quelle circostanze, vuole capire perché furono perpetrati crimini di tale efferatezza; all’epoca dei fatti, per lui quel conflitto era solo qualcosa di lontano, una serie di immagini viste di sfuggita in televisione, non si era mai posto domande sulle origini del conflitto. Ma ora per lui è vitale approfondire le cause, le responsabilità, e soprattutto vuole andare fino in fondo alla questione che riguarda Ana, di cui ormai sa, attraverso delle lettere che lei ha ricevuto dal padre, che anche lei è stata toccata da quelle tragedie.

E come spesso accade, alla fine la verità si palesa in tutta la sua crudezza. Ana è la figlia di Zlatko Šimić, l’imputato del processo.

Mio padre è accusato di essere coinvolto nell’omicidio di quarantadue persone. Sarebbero state bruciate. Agli occhi della gente è un criminale di guerra. Ti sei innamorato della figlia di un criminale di guerra. (pag. 166)

Ecco che la scioccante verità si frappone tra i due, creando una crepa nei loro sentimenti; Ana, è la figlia di Zlatko, il cui ruolo pubblico, fino alla scoppio della guerra, era quello di un professore del dipartimento di anglistica dell’Università di Belgrado, uno dei maggiori studiosi di Shakespeare nell’area balcanica, docente stimato, invitato come visiting professor in università straniere; un padre amorevole con la figlia, pronto a difenderla definendosi il Tito Andronico shakespeariano, cioè il vendicatore per antonomasia. Può essere la stessa persona che ha partecipato all’esecuzione di un crimine così efferato e vile, in cui persero la vita uomini, donne e bambini, uccisi con premeditazione?

E, ora che la verità sembra essere venuta a galla, possono Robert e Ana continuare a vivere la loro storia d’amore? Quali potrebbero essere i sentimenti di Robert nei confronti del padre di Ana, se la verità fosse confermata? Come potrebbe la sua famiglia, che in Croazia ha subito le violenze serbe, accettare la loro unione? E Ana, riuscirà a superare i sentimenti di colpa e di rabbia che la animano?

Sono molte le questioni che questo profondo e coinvolgente romanzo mette sul piatto; questioni dalle quali non si può fare finta di prendere le distanze, una volta emerse. E che destabilizzano la sfera privata dei sentimenti e quella pubblica delle responsabilità.

Robert, che per formazione è uno storico, decide di chiedere ad un professore della sua università, esperto della storia dei paesi balcanici, di chiarirgli il quadro storico del conflitto e delle responsabilità, gli chiede se esiste una colpa serba, così come esisteva quella tedesca. Ma esiste una sola risposta a questa domanda? E perché è così attratto dalla vicenda del padre di Ana? Cosa si aspetta che emerga dal dibattimento?

Perché era tornato? Forse perché vedeva in Šimić l’uomo nero e non poteva quindi fare a meno di gettare lo sguardo in quel vortice scuro. È straziato al pensiero che lui e Šimić abbiano qualcosa in comune. Non sa cosa farsene di quest’idea, il desiderio più immediato è di poterla rimuovere. Entrambi amano Ana e si chiede cosa sappia Šimić di lui. Cosa gli avrà raccontato Ana? Sapeva che c’era uno scambio epistolare tra i due. Ana potrebbe avergli mandato una foto? Teme che Šimić lo possa riconoscere, potrebbe individuarlo tra il pubblico, guardarlo e sorridergli. (pag. 89-90)

Mentre Robert è spinto, quasi in maniera ossessiva, dalla volontà di capire e allo stesso tempo, però, di distaccarsi da una possibile acquiescenza nei confronti di un uomo che, pur essendo il padre della donna che ama, potrebbe essere un criminale, Ana, al contrario, vorrebbe lasciarsi alle spalle il passato doloroso, le accuse; vorrebbe poter aprire una pagina bianca e scriverci sopra la sua vita, magari insieme all’uomo di cui si è innamorata, e vorrebbe che la loro storia fosse come quel mare calmo visto insieme sulla costa baltica. Quella calma, placida e rigenerante, di cui ha un disperato bisogno per distaccarsi dai suoi conflitti interiori.

Visegrad ponte sulla Drina
Višegrad, ponte sulla Drina

Alla fine, Robert decide di fare un viaggio in Bosnia, di vedere i luoghi teatro della guerra sanguinosa, di parlare con le persone del posto, di provare a capire. Questa sofferta decisione lo porta a Sarajevo, dove fa amicizia con il musulmano Alija, e con lui compie un viaggio nella bucolica Bosnia, fino a risalire a Višegrad, e affacciarsi dal ponte sulla Drina, nelle cui acque affiorarono centinaia di civili barbaramente uccisi, per riflettere sull’assurdità che ha provocato tanto dolore.

Quel ponte sulla Drina di cui Ivo Andrić tanto ha raccontato nel suo più famoso libro.

Come descrivere l’ondeggiare di sentimenti nella gente, passata dalla muta paura animalesca alla follia suicida, dai più bassi istinti di sanguinaria e subdola brama di saccheggio alle più nobili imprese che richiedono spirito di sacrificio e nelle quali l’uomo trascende se stesso e attinge per un attimo sfere di mondi superiori reggentisi su leggi diverse da quelle umane?

Mare calmo è un romanzo che vi consiglio di leggere, perché quello che è accaduto vent’anni fa, al di là di un mare che ci è così vicino, forse non lo abbiamo compreso, e nessuno può garantire che non possa accadere di nuovo; e anche perché il romanzo ci spinge a riflettere sul concetto di colpa, quella individuale, di ogni singola persona, e quella collettiva dei popoli, concetti avvolti da molte ambiguità, e che forse non si possono scindere con un confine netto. Così come Robert, Ljubić, ci spinge a chiederci come reagiremmo se messi di fronte a rivelazioni così gravi? Potrebbero esse cambiare i nostri sentimenti, il nostro modo di relazionarci con gli altri?