Niente di vero, di Veronica Raimo, Giulio Einaudi editore 2022, pp. 176, vincitore Premio Strega Giovani 2022, candidato all’International Booker Prize 2024

Il senso di tutte le cose tende ad assomigliarsi appena ti viene richiesto di esprimerlo, e sembra che la verità possa esistere soltanto nella reticenza.

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All’inizio del libro, dopo la citazione in esergo da Ursula E. Le Guin, Veronica Raimo pone un’avvertenza al lettore, affinché intuisca il percorso, e il tono, che troverà nelle pagine a seguire:

Quando in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita, si dice. In realtà la famiglia se la caverà alla grande, come sempre è stato dall’alba dei tempi, mentre sarà lo scrittore a fare una brutta fine nel tentativo disperato di uccidere madri, padri e fratelli, per poi ritrovarseli inesorabilmente vivi.

In queste poche righe è racchiuso il romanzo di Raimo: uno spaccato graffiante di una famiglia italiana della piccola borghesia, come tante altre, di cui la voce narrante scompone gli elementi costitutivi più canonici, così come demolisce ogni retorica consolatoria, con una scrittura libera, ironica, spudorata che spesso diventa sarcastica, irresistibile fino “al paradosso” (cit. la frase tipica del padre).

Costretti ad una coabitazione coatta e frazionata, in un appartamento in cui nascono pareti e stanze dove non ci sarebbe spazio neanche per un mobile, padre, madre e due figli, cercano di intonare la propria esistenza alle idiosincrasie, agli umori, alle fobie che ciascuno coltiva.

Il perno che fa ruotare la narrazione è Veronica, Verika, di cui seguiamo l’evoluzione del protagonista dall’infanzia all’età matura. Tutto viene passato al setaccio, come radiografato per arrivare fino all’osso: i legami, di sangue e d’elezione, il sesso, le delusioni, gli scontri, le perdite, i traumi, i sogni.

La madre Francesca, un’insegnate ossessionata dal controllo sulle vite dei figli che ritiene costantemente in pericolo di vita appena ne perde le tracce per qualche ora; il padre, direttore del personale in una azienda, collerico e maniacale; il fratello, impegnato in politica, fervente credente e scrittore pure lui.

I suoi resoconti familiari mi hanno strappato tante risate, a volte amare, ma più spesso divertite e pronte a ritrovare assonanze con la mia esperienza di vita, sia da figlia che da madre (non si può sapere quanto è facile cadere in certe trappole, anche se le avevi previste, e temute).

“Niente di vero” recita il miglior titolo che poteva scegliere per questo libro; perché la verità nei legami famigliari, nelle dinamiche di relazioni, assume l’aspetto di un’entità multiforme, che non lascia mai intravedere la sua vera faccia, perché ne ha molte, anzi “una, nessuna e centomila”, perché a turno scegliamo quella che si confà al momento, perché si cambia nel corso dell’esistenza, perché nessuno può definire con una linea netta certi confini.

Non ho mai avuto un’immagine di me nel futuro che non fosse del tutto velleitaria. Le velleità di solito servono a ingannare se stessi, mentre io volevo ingannare gli altri. (..) Coltivare un sogno, alla lunga, è noioso quanto coltivare un orto.

Pag. 151

Leggetelo, vi farà divertire e pensare. Cos’altro serve per un buon libro?

Qui potete leggere l’incipit.

Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978. Ha scritto i romanzi: Il dolore secondo Matteo (minimum fax 2007), Tutte le feste di domani (Rizzoli 2013) e Miden (Mondadori 2018), uscito in UK, Usa e Francia. Nel 2019 ha scritto il libro di poesie Le bambinacce con Marco Rossari (Feltrinelli). I suoi racconti sono apparsi su diverse antologie e riviste, sia in Italia che all’estero. Ha cosceneggiato il film Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio. Si occupa di giornalismo culturale per diverse testate. Ha tradotto dall’inglese, tra gli altri: Francis Scott Fitzgerald, Octavia E. Butler, Ray Bradbury. Per Einaudi ha pubblicato Niente di vero (2022, Premio Strega Giovani e Premio Viareggio-Rèpaci sezione Narrativa, e 2024), tradotto in diversi Paesi, e La vita è breve eccetera (2023).