Nel salone Tattoo da Tryggvi, il banco da lavoro è gremito di vasetti di vetro contenenti inchiostro di vari colori. Il ragazzo vuole sapere come procede la scelta, se pensavo a un motivo personalizzato oppure a qualche simbolo in particolare. Il suo corpo è praticamente tutto un tatuaggio, mi colpisce il disegno di un serpente che gli si snoda sinuoso tutto intorno al collo ed è a sua volta avvoltolato a un teschio nero. Tra i ghirigori d’inchiostro di cui è ricoperto, sull’avambraccio della mano che impugna l’ago come un’arma spicca una gran spirale di triplo filo spinato.
Sa, sono tanti quelli che vengono per nascondere le cicatrici, – dice il tatuatore, parlandomi attraverso lo specchio. Quando si volta, non posso fare a mano di notare che sono gli zoccoli di un cavallo imbizzarrito quelli che gli spuntano fuori dalla parte posteriore della canottiera. Si allunga verso una pila di raccoglitori plastificati, ne prende uno e comincia a sfogliarlo alla ricerca di disegni che potrebbero fare al caso mio.
Auður Ava Ólafsdóttir