INCIPIT
PARTE PRIMA
Fine anni ’50
PROLOGO
Vide quell’uomo di spalle. Era ritto sul pendio che finiva in un torrente, affaccendato attorno al tronco di un salice bianco. Capì subito che si trattava di suo padre, perché nei sogni come nei momenti di particolare tensione o attesa, un padre si riconosce anche di spalle. Con un coltello incideva la corteccia dell’albero, ne staccava lunghe e sottili strisce. Non poteva che essere autunno, il periodo più adatto a un simile lavoro, benché la cognizione del tempo sia il pedaggio che si paga per entrare nei sogni. Quell’uomo fu sempre convinto che la corteccia del salice bianco avesse proprietà antidolorifiche, e ci credeva anche il figlio, dal momento che non si può non credere a un padre che si sveglia alle prime luci dell’alba, si inerpica su un pendio sassoso con dietro uno strapiombo e cerca un rimedio contro i dolori.
Avrebbe voluto che si girasse, per rivedere il suo volto, anche se da dove si trovava non avrebbe distinto granché. Non gli andava però di chiamarlo padre, tanto meno papà. Aveva voglia di gridare il suo nome di battesimo, dal suono forte ed echeggiante, per agganciarlo alla forma delle sue spalle, come una fune con il rampino d’abbordaggio. Perciò si concentrò, andò a tentoni nel torbido della memoria, ma, in mezzo a cento nomi associati a cento facce, non gli riuscì di ricordare quello di suo padre.
Si stava ancora sforzando quando uno stormo d’uccelli irruppe sulla scena, scendendo in picchiata con uno schiamazzo assordante. Flettendo le ali in un’unica onda nera – becchi aguzzi, piumaggio screziato di blu – i volatili portarono scompiglio, si impaniarono in una rete apparsa all’improvviso, e oscurarono la vista del pendio e dell’albero e del padre, scuotendo il figlio dal sogno.
Ruska Jorjoliani