
Provate a digitare “Benedizione” di Kent Haruf, NNE, su Google e vi ritroverete davanti centinaia di recensioni. Per quei pochi che ancora non lo hanno letto, aggiungo che il romanzo fa parte della “Trilogia della pianura”, insieme a “Canto della pianura” post e “Crepuscolo” post. Inoltre, dello stesso autore, è da poco uscito “Le nostre anime di notte”, post, l’ultimo romanzo di Kent Haruf. http://www.nneditore.it/libri/
Non conoscevo questa casa editrice, quando ho comprato il libro incuriosita anche dalla copertina (con la N in cui è racchiusa la foto, che è la loro cifra); e così, tornata a casa, sono andata sul loro sito. Vi consiglio di fare altrettanto e capirete perché proprio loro hanno scoperto e fatto conoscere questo autore (e non solo questo!).
Felice del mio acquisto e di avere minimamente incoraggiato l’editoria di qualità, ho applicato il mio metodo: non leggere nessuna recensione, prima di avere letto il libro.
È il metodo che mi permette di leggere un romanzo come se l’autore, dopo averlo terminato, avesse preso una busta, ci avesse infilato dentro il libro, e me lo avesse spedito a casa. È il metodo che mi permette di vivere consapevolmente tutta l’emozione di una prima e ignara lettura, che pagina dopo pagina, mi fa entrare nella storia, mi fa vivere le stesse emozioni, dolori, pensieri, angosce e gioie dei personaggi. E con “Benedizione” tutto questo funziona a meraviglia.

Quello di Kent Haruf è il genere di scrittura che preferisco in assoluto: preciso, asciutto, implacabile, non ti lascia scampo, ti tiene inchiodato sullo svolgersi della storia. Non sai mai cosa aspettarti voltando la pagina, iniziando un nuovo capitolo. È come il paesaggio che la racchiude, quell’altopiano battuto dal vento, una natura che si descrive con poche parole perché è assoluta nella sua essenza, lontana da ogni ridondanza. Uno stile che il traduttore, Fabio Cremonesi, è riuscito a rendere in italiano, lingua con una struttura completamente diversa dall’americano. Uno stile su cui l’autore ha fatto un lavoro di limatura che mi ricorda Calvino.
“Voglio pensare di aver scritto quanto più vicino all’osso che potevo. Con questo intendo dire che ho cercato di scavare fino alla fondamentale, irriducibile struttura della vita, e delle nostre vite in relazione a quelle degli altri.” (intervista a Kent Haruf del 2014, ripresa dal sito dell’Editore NNE)
Le vite di cui seguiamo lo svolgersi in questo romanzo sono quelle comuni di una cittadina del Colorado, della provincia americana, fatta di normalità e conformismo, di regole di comportamento da seguire per non essere emarginati ed essere poi costretti a fuggire dalla famiglia e dalla città.
Vite sature di lavoro e di fatica, di relazioni non sempre felici tra le persone. Le vite di Dad Lewis e sua moglie Mary che all’inizio del romanzo si trovano nel momento più tragico della loro esistenza: la malattia senza via di scampo di Dad Lewis. Un evento che accettano come ineluttabile: si prende atto, per affrontarlo come uno dei tanti compiti difficile che la vita ci impone.
Ci sono la figlia Lorraine e il figlio Frank, il loro rapporto col padre. La vicina Berta May e la nipotina Alice, Willa e Alene – madre e figlia – amiche da sempre di Mary, il pastore Lyle con sua moglie e il figlio. La matassa si dipana tra presente e passato; l’attuale e dolorosa condizione di Dad Lewis e ciò che la sua vita è stata prima; e così anche per gli altri personaggi, che potrebbero benissimo essere i protagonisti di altrettanti romanzi.
Tra le pagine di questo romanzo ci si imbatte in momenti di rara poesia. Come accade nel capitolo 29, solo per fare un esempio. Un pic nic a casa di Willa e Alene, con Lorraine e la piccola Alice: le tre generazioni che si uniscono in un gesto di libertà e sorellanza, un bagno, nude, all’aperto, nell’acqua fresca di una cisterna, senza vergogna, senza imbarazzo. Solo un senso di pace e armonia.
Haruf non ti racconta una storia, ti ci butta dentro, come se fossi anche tu un personaggio; un’amica di Mary, per esempio, che conosce lei e Dad Lewis da sempre e che dalla sua casa li osserva muoversi sulla loro veranda, parlare, rimanere in silenzio a fissare la strada vuota. Ti mostra cosa accade e come accade, riporta i dialoghi asciutti, così efficaci nella loro essenzialità da costruire i personaggi in modo perfetto, da scavare nelle loro vite per tirare fuori le molte miserie e le rare epifanie, i segreti da tenere nascosti e i successi di cui andare fieri. La bassezza di certi comportamenti al limite del tollerabile, e la dolcezza dei semplici gesti.
La benedizione è ciò di cui ha bisogno Dad perché sta morendo e la riceverà da un pastore non più in possesso dei suoi poteri; ma la benedizione più vera è quella di avere ricevuto l’amore di Mary, lungo una vita imperfetta, cinica, generosa, ruvida. La benedizione è riuscire a riconciliarsi col passato e avere capito gli errori commessi.
Dopo avere finito il romanzo, vi consiglio, di leggere la nota del traduttore che trovate sul sito e di ascoltare i brani raccolti nel song book dedicato al romanzo, ritornando sui brani riportati e su quelli che vi hanno maggiormente colpito; io l’ho fatto e mi sono ulteriormente emozionata.
“Questo libro è per chi ama rileggere i classici e vorrebbe perdersi negli sconfinati spazi della pianura americana (o nelle fotografie di Robert Adams), per chi desidera un cappello da cowboy anche se forse non lo indosserà mai, per chi nutre una sorta di fiducia razionale nel genere umano e crede che le verità gridate siano sempre meno vere di quelle suggerite con pudore.”
Potete leggere l’incipit qui e nel menu a tendina. Ho sul tavolo gli altri romanzi della trilogia e “Le nostre anime di notte” che mi aspettano e non vedo l’ora di tuffarmi nella lettura. Buon Kent Haruf a tutti!
Bel post, anch’io ho visto ma non letto le decine di recensioni come te e mi ha incuriosito il libro.
A dirla tutta l’unico articolo che ho letto è il tuo.
Mi sa che prendo nota.
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Sono contenta di averti incuriosito! Il libro a me è piaciuto molto, spero ti regali le stessa soddisfazione quando lo leggerai.
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Cough, sono tra i pochi che non l’hanno ancora comprato. In compenso, ne ho letto diverse recensioni e posso dirti che sei riuscita nel tuo intento: ne hai parlato con la tua, voce, raccontandolo in modo diverso dagli altri. Mi piace la tua attenzione per il lavoro di traduzione :). Vedremo se sarai tu a convincermi a provare a leggerlo 😉
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io o magari un topo strano…. un certo Firmino… 😉
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Bella recensione, invoglia a conoscere l’autore. Anche per me è importante accostarmi ad un nuovo romanzo senza aver prima letto altri commenti, e se mi capita di incapparci (come in questo momento 😉 ma tu sei brava a suscitare interesse senza rivelare troppi dettagli) leggo magari solo qualche pezzo qua e là, per non lasciarmi condizionare troppo, e poi ci ritorno sopra a libro finito, per confrontare le mie impressioni con quelle degli altri. Perché trovo sia davvero bello, alla fine, scoprire se un romanzo ha fatto anche ad altri lettori lo stesso effetto che ha procurato a noi. E i blog letterari offrono appunto questa possibilità di confronto e scambio, di arricchimento reciproco anche attraverso il dialogo (uno degli aspetti positivi che ci offre oggi la tecnologia, tra i tanti che appaiono invece nocivi e dispersivi).
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Abbiamo lo stesso approccio! Nelle mie recensioni (parolone: diciamo commenti) cerco di non svelare troppo del romanzo in questione ma di scrivere le mie impressioni, cosa mi ha suscitato. Per questo testo, in particolare, non ho nemmeno riportato stralci: ho aggiunto solo l’incipit nel menù a tendina così lo può leggere solo chi decide di farlo. Per il resto, lascio a ciascuno la sorpresa di questa preziosa scoperta. grazie e buona domenica!
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“Quello di Kent Haruf è il genere di scrittura che preferisco in assoluto: preciso, asciutto, implacabile”. E’ anche il mio. Sia l’autore che la casa editrice mi avevano già incuriosito, mo’ lo compro e lo leggo (il dramma è la pila dei libri da leggere che cresce, cresce, cresce…). Grazie della bella recensione e buona domenica!
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Grazie Elena! Buona domenica anche a te
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Lo annoto nei libri da leggere
Complimenti per il post: è un piacere seguirti
Adriana
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Grazie Adriana, a presto
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Ciao Pina ho letto la tua recensione, anche se devo ancora iniziare i libri di Haruf, la trilogia e anche l’ultimo. Li ho comprati tutti e sono in attesa nella mia libreria. Ho questo strano modo di acquistare i libri e di lasciarli lì a decantare (non so precisamente cosa ma è come se avessi bisogno di un silenzio che si crei attorno a loro). Però ti ho letto volentieri e sarò curiosa di rileggerti dopo aver completato la mia conoscenza con Haruf. Sei stata molto rispettosa di chi ancora non si è accostato al libro (non so se ne sono capace come te) ma mi hai sollecitato a prenderlo in mano. A presto Gina
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Ciao cara; anche a me piace lasciarli un po’ lì e fare salire la voglia… se posso darti un consiglio, dosali piano piano i romanzi di Haruf, perché mi sa che una volta letti, poi ti mancheranno…. Ciao, a ri-leggerci
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