«Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo fu mai ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che mi infondano molta paura»
Jean-Jacques Rosseau
Se dico montagna e penso all’arte, la prima grande personalità che mi viene in mente è senza dubbio Giovanni Segantini. Il suo legame con i monti dei Grigioni e soprattutto dell’Engadina ha dato vita a delle opere di grande bellezza. Fu proprio lì che morì – aveva solo quarantuno anni – per un attacco di peritonite, mentre dipingeva.
Letture sulla montagna ce ne sono a migliaia, e di varia tipologia; ci sono anche CE specializzate dove potere attingere. Vi segnalo ciò che mi sembra degno di nota, secondo la mia esperienza.
Naturalmente (non posso farne a meno…) Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli ed.
È un viaggio di ottomila chilometri che cavalca la lunga gobba montuosa della Balena-Italia lungo Alpi e Appennini, dal golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). Esso parte dal mare, arriva sul mare, naviga come un transatlantico con due murate affacciate sul mare, e lungo tutto il percorso evoca metafore marine, come di chi veleggiando forse vola – in un immenso arcipelago emerso. Trovi valli dove non esiste elettricità, grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, ferrovie abitate da mufloni, case cantoniere e paracarri da leggenda, bivacchi sotto la pioggia in fondo a caverne, santuari dove divinità pre-romane sbucano continuamente dietro ai santi del calendario. E poi parroci bracconieri, custodi di rifugi leggendari, musicanti in cerca di radici come Francesco Guccini o Vinicio Capossela. Un’Italia di quota, poco visibile e poco raccontata, dove la tv sembra raccontare storie di un altro pianeta. Le due parti – o forse i due ‟libri”, alla maniera latina – del racconto, Alpi e Appennini, hanno andatura e metrica diversa. Le Alpi sono pilastri visibili, famosi; sono fatte di monoliti bene illuminati e sono transitate da grandi strade. Gli Appennini no: sono arcani, spopolati, dimenticati, nonostante in essi si annidi l’identità profonda della Nazione. L’altra differenza è che sulle Alpi non c’è mezzo di trasporto unitario e si fotografa una serie di luoghi monografici (per esempio: il lago del Vajont che non c’è più, il tunnel del Gottardo durante lo scavo), spesso senza dire del viaggio che collega i fuochi della narrazione. Sugli Appennini, invece, il mezzo di trasporto è unitario e la strada assume un ruolo preponderante, assieme alle persone incontrate secondo una trama casuale.
Marco Albino Ferrari, In viaggio sulle Alpi, Einaudi
Il viaggio proposto in queste pagine dense di riflessioni e curiosità avviene nel cuore di un immaginario che sì è convertito nel tempo. Un viaggio illuminante dal quale si evince come ognuna delle montagne incontrate abbia assunto la propria attuale riconoscibilità. Come, ad esempio, il Cervino sia diventato il simbolo onnicomprensivo di un idealizzato eden alpino, di quel mito della Svizzera conosciuto come elvetismo. Oppure, come il Monte Bianco sia stato il laboratorio naturale per i viaggiatori-scienziati di fine Settecento. Un viaggio che si anima attraverso l’incontro con personaggi, storie, drammi, avventure. E che si rivela anche un percorso letterario tra i libri che hanno contribuito a formare una nuova mitologia delle montagne.
Mirella Tenderini, Tutti gli uomini del K2, Corbaccio
C’è il K2 del Duca degli Abruzzi, quello di Houston, quello di Desio, di Bonatti, di Diemberger, di Viesturs… Ogni salita è una storia a sé, un’avventura diversa da tutte le altre. In questo libro, invece, Mirella Tenderini racconta la montagna; è lei la protagonista e l’artefice del destino di centinaia di uomini che da secoli l’hanno ammirata, idolatrata, salita, esplorata, oppure ancora conquistata, espugnata. In quest’ultima accezione il K2 è la montagna degli italiani e la spedizione guidata da Desio nel 1954 è uno spartiacque nella storia del K2 e delle spedizioni alpinistiche. Il modo in cui fu condotta e le polemiche che ha scatenato sono tutt’ora materia incandescente che ha ancora tanti lati oscuri e che l’autrice riesce a mettere a fuoco ripercorrendo tutte le tappe che portarono al raggiungimento della vetta.
Una storia di uomini, di rivalità, di generosità e di contrasti, di nazionalismi e individualismi. Una storia sportiva, politica, ma soprattutto la storia dell’Ottomila più difficile della Terra.
Bellissimo l’abbinamento con Segantini e il grande Rousseau!
trovo sempre affascinanti le tue recensioni
un abbraccio
Adriana
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Graie Adriana! ricambio l’abbraccio
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Ciao bello questo tuo viaggio per montagne! Tra i libri che proponi mi permetto di suggerire anche quello di Cognetti, Le otto montagne
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Sì, certo! Non l’ho menzionato solo perché pensavo fosse noto, visto l’esito del premio Strega… ma hai fatto bene a ricordarlo!!
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Grandissimo Segantini! Posso suggerire anche “Aria sottile” di Krakauer?
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Splendido! grazie del passaggio… verrò a visitare il tuo sito
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