pupara sono

e faccio teatrino con due soli pupi

lei e lei

lei si chiama vita

e lei si chiama morte

la prima lei percosìdire ha i coglioni

la seconda è una fessicella

e quando avviene che compenetrazione succede

la vita muore addirittura di piacere

jolanda insana tutte le poesie

La poesia di Jolanda Insana è “ispida,  aggressiva, radicale e sperimentale, nel contenuto e nella lingua“, dice Ottavio Rossani; forse per questo non è molto amata e apprezzata. Aveva un carattere forte, in continua controtendenza e in polemica con la morale borghese. Qualcuno (non pochi, però) ha saputo apprezzarla: primo tra tutti Giovanni Raboni che le pubblicò la prima raccolta “Sciarra amara“- da cui è tratta “Pupara sono” -, facendola conoscere. Anche il Premio Viareggio si accorse di lei, premiando “La stortura“.

 

Sempre Rossani, dice della sua poesia:

Poeta della ribellione e dello sdegno (..) nei suoi libri si trovano (..) dolcezza e durezza, passione e razionalità, urlo e silenzio, godimento e afflizione. (..) La sua poesia è un viaggio sul cammino della conoscenza, è un progressivo scavo nel dolore personale, è un’indignazione contro l’ambiguità e l’ipocrisia dei rapporti umani e della convivenza civile. La sua poesia con accanimento ha reso giustizia all’autonomia e all’intelligenza delle donne, esaltando la femminilità e la ribellione contro le indegne vessazioni della società.

da La clausura:

l’impeto dell’assenza fu così forte nell’impatto dello specchio

che ne fui risucchiata e dissennata ma per fortuna

la mente dimentica molto e troppo getta nel secchio dei rifiuti

e nessuna precauzione prende per non essere ingannata

e nulla tralascia e tutto brucia e così vive e sbanda

e rapita da nuovi e padroni sensi

si tappa occhi e orecchi per sentire e vedere meglio

la terra alla deriva

Jolanda Insana era nata a Messina nel 1937; aveva scelto Roma come città di adozione e vi ha vissuto dal 1968 fino al 2016 quando la sua vita si è interrotta. Laureata in Lettere Antiche, è stata traduttrice di classici greci e latini e insegnante di lettere nei licei classici.

Di seguito, riporto un suo testo del 1988 pubblicato sulla rivista “Poesia“, edita da Crocetti:

Difficile raccontare della febbre che smangia e del delirio che mi disorienta e però mi fa padrona delle contorsioni. Per riempire altri corpi e tappare buchi, mutevole e incoerente nell’epifania dell’evento, mi piego a raccattare torsoli di materia verbale, piume e frattaglie, andando per scarti e rottami, annaspando in depositi fuoriuso, grattando mappe del deserto o carte sideree, sgraffignando da ricettari, affilando imprecazioni e bestemmie, le lame della rissa quotidiana, bagliori dell’evento.

Inorridita davanti a stragi e contumelie, agnellaggine e menzogna, prendo dalla vita e i suoi concimi, e rincalzo le radici con terriccio e foglie, di tanto in tanto abbeverando per non annacquare vino e verità, poi che alla poesia non c’è rimedio e chi ce l’ha se la gratta come rogna, affacciato sui calanchi a strapiombo di vita e morte, follia e ragione.

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E tuttavia ogni giorno il desiderio, incallito maestro di gridazioni, ricomincia le prove e mette in scena le sue teatranterie: è lui che addenta la pesca e mostra i denti. Fuori della scena non conta nulla, la morte gli toglie la parola, e desiderio muto è uguale a desiderio senza passione.

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Trapasso lo specchio e mi spacco la mano per cogliere la parola che si muove a campo di grano e dà i brividi e arriccia, e poiché usus non scemat abusum, la taglio e la espongo a mazzi e a covoni per flussi disperati, riconoscendola come mia sovrana dittatora, non senza sgomento e indignazione.

A me non resta che la lima, questa particolarissima e personalissima ossessione del cuore.

jolanda insana by giovanna frisardi
Jolanda Insana. Foto di Giovanna Frisardi