Il 27 gennaio si commemorano le vittime dell’Olocausto. Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
Potrebbe accadere di nuovo? Potrebbero cambiare le vittime e i carnefici, le ideologie, ma non dimentichiamo mai che il male si nasconde nelle pieghe della normalità e che ignorarlo ce ne rende complici.
“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”. Hannah Arendt, La banalità del male
In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i 13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato.
Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.
Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell’esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come “inutili bocche da sfamare”. Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi – insieme agli anziani, ai malati e ai disabili – per essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni.
Allo stesso modo, al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio, le autorità dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas. Le SS e le forze di polizia in Polonia e nell’Unione Sovietica occupata fucilarono migliaia di bambini, dopo averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente. A volte, la selezione dei più giovani per riempire i trasporti verso i centri di sterminio, o per fornire le prime vittime alle operazioni di assassinio di massa, furono il risultato di penose e controverse decisioni prese dai presidenti dei Consigli Ebraici (Judenrat). Tra queste, la decisione del Consiglio Ebraico di Lodz, nel settembre del 1942, di deportare i bambini al centro di sterminio di Chelmo rappresenta un esempio delle scelte tragiche operate dagli adulti quando costretti ad accontentare le richieste dei Tedeschi. Invece, Janusz Korczak, direttore di un orfanotrofio nel ghetto di Varsavia, si rifiutò di abbandonare i piccoli a lui affidati, quando questi vennero selezionati per la deportazione, e li accompagnò sul convoglio che li condusse a Treblinka, e poi fin dentro la camera a gas, condividendo così il loro destino.
Anche i bambini non-Ebrei dei gruppi presi di mira dai Nazisti non vennero risparmiati, come ad esempio i bambini Rom (Zingari) uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz; o i bambini – tra i 5.000 e i 7.000 – eliminati nell’ambito del programma “Eutanasia”; o, ancora, quelli assassinati durante le operazioni di rappresaglia, come per esempio la maggior parte dei bambini di Lidice; e, infine, i bambini che vivevano nella zona occupata dell’Unione Sovietica e che vennero uccisi insieme ai loro genitori.
Le autorità tedesche incarcerarono anche un certo numero di bambini nei campi di concentramento e nei campi di transito. Medici delle SS e ricercatori usarono i più giovani, in particolare i gemelli, per esperimenti medici nei campi di concentramento, esperimenti che spesso ne causarono la morte. Le autorità dei campi, poi, usarono gli adolescenti, in particolare gli adolescenti Ebrei, per il lavoro forzato; molti di loro morirono a causa delle condizioni in cui tali lavori venivano svolti. Le autorità tedesche confinarono anche altri bambini nei campi di transito, costringendoli a vivere in condizioni spaventose: fu quello che accadde ad Anna Frank e a sua sorella nel campo di Bergen-Belsen, e a molti altri orfani non-Ebrei i cui genitori erano stati uccisi dai soldati tedeschi e dalla polizia nelle operazioni contro i partigiani. Alcuni di questi orfani vennero detenuti per un certo periodo nel campo di concentramento di Lublino/Majdanek e in altri campi.
Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente “Trasferimento dei Bambini” (Kindertransport); un’operazione che – dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi – portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori. In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei. In Francia, quasi l’intera popolazione di Le-Chambon-sur-Lignon, insieme a molti preti cattolici, a suore e a laici cattolici, nascosero i bambini ebrei della città dal 1942 al 1944. In Italia e in Belgio, infine, molti sopravvissero nascondendosi in luoghi diversi.
Un paio di scarpette rosse
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu
Nel 1941 l’intera cittadina ceca di Terezín (in tedesco Theresienstadt), nata a fine ‘700 come città fortezza, venne destinata dalla Gestapo a ghetto, diventando un vero e proprio campo di concentramento con funzione di smistamento e transito per ebrei destinati ad Auschwitz. I documenti relativi ai trasporti ferroviari indicano che tra il 1941 e il 1945 vennero deportati a Terezín più di 140.000 ebrei, dei quali un quarto morì nel campo, principalmente a causa di fame, stress, e malattie. Più di 88.000 furono i deportati dal campo verso i ghetti orientali e i campi di sterminio, alla fine della guerra i sopravvissuti erano 17.247. Ma non è la “banalità” di questi dati a rendere celeberrimo il campo, bensì il programma di abbellimento a cui, nel giugno del ‘44, lo sottoposero i nazisti per prepararlo alla visita di due delegati svizzeri della Croce Rossa Internazionale e due rappresentanti del governo Danese.
La visita della Croce Rossa a Terezín, non fu certo l’unica visita a un campo nazista, ma è sicuramente la più famosa, dato che i tedeschi poterono usare quell’episodio come potente mezzo di propaganda.
Già nel ‘42 si cominciava a parlare degli orrori dei campi di concentramento, e in particolare il governo danese premeva per conoscere le condizioni dei 466 ebrei danesi deportati a Terezín nell’ottobre del 1943, i tedeschi non poterono rifiutare la visita senza destare sospetti. Nella primavera del 1944 i nazisti cominciarono ampi miglioramenti del ghetto in preparazione della visita della Croce Rossa: furono aperti dei negozi, perfino un caffè, costruiti un parco giochi per bambini, un auditorium per la musica, piantati alberi e fiori. Inoltre per eliminare l’impressione di sovrappopolazione del campo e nascondere gli effetti della malnutrizione, 7.500 ebrei giudicati “impresentabili” vennero deportati ad Auschwitz.
Gli altri furono istruiti per recitare una grande messinscena. La visita ebbe luogo il 23 giugno e durò dalle dieci del mattino alle sei di sera. La delegazione venne guidata dal comandante del campo Karl Rahm e da Paul Eppstein, capo del consiglio ebraico; ai visitatori fu concesso di guardare ovunque, di aprire ogni porta e soddisfare ogni curiosità, fu loro offerta addirittura la visione di uno spettacolo: l’opera Brundibàr scritta dal deportato Hans Krása ed eseguita dai bambini del campo. Il delegato della Croce Rossa, Maurice Rossel fece molte fotografie e nel suo rapporto scrisse con meraviglia di essersi trovato in un luogo accogliente e di aver visto una “normale città di provincia” e aggiunse: “Possiamo dire che abbiamo provato uno stupore immenso per il fatto di aver trovato nel ghetto una città che vive una vita quasi normale”. La commedia inscenata davanti a Rossel fu un tale successo che la propaganda nazista decise di ripeterla per riprenderla e farne un film. Guarda caso nel ghetto non mancava un regista: Kurt Gerron, apparso anche accanto a Marlene Dietrich nel film L’angelo azzurro.
Il film che diresse, in cambio della promessa di aver salva la vita, venne intitolato “Il Führer regala una citta agli ebrei” e fu proiettato in tutti i cinema tedeschi…ma dopo le riprese l’intero cast, e lo stesso regista, vennero deportati ad Auschwitz.
La letteratura su questa immensa tragedia collettiva è varia e corposa; segnalo un testo poco conosciuto che si occupa di una delle tante atrocità messe in atto dai nazisti.
In una fredda mattina di novembre del 1944 l’uomo nero si vestì di infame cattiveria: il dottor Mengele, l’angelo della morte, si presentò nella baracca 11 di Auschwitz-Birkenau e disse: “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti…”.
Pochi mesi dopo, il 20 aprile 1945 nella scuola amburghese di Bullenhuser Damm 20 bambini ebrei, dopo essere stati sottoposti a inutili esperimenti medici, vennero uccisi insieme ad altri quattro prigionieri adulti: due medici francesi e 2 infermieri olandesi.
Questo libro è la ricostruzione puntuale e documentata della storia di 20 bambini ebrei, deportati da Francia, Italia, Olanda, Polonia e Slovacchia prima al campo di sterminio Auschwitz-Birkenau, poi nel campo di concentramento tedesco di Neuengamme (Amburgo), dove divennero vittime degli esperimenti medici e della brutalità insensata della politica dello sterminio del Terzo Reich.
La cronaca dell’orrore perpetrato sui 20 bambini dal medico, criminale nazista, dottor Heissmeyer e dai suoi complici, ripercorre la tragica catena di vicende – l’arresto, la detenzione nel campo di Auschwitz-Birkenau, la separazione dai genitori, gli esperimenti medici e il terribile epilogo – attraverso documenti inediti, testimonianze, atti processuali, azioni di giustizia e di “non giustizia” eseguite nei confronti dei carnefici coinvolti nella vicenda.
Un libro che non sarebbe stato possibile senza la tenacia e lo sforzo condotto dal giornalista tedesco Günther Schwarberg, che per primo ha intrapreso le ricerche per preservare dall’oblio i 20 bambini uccisi Bullenhuser Damm, salvaguardandone così il ricordo per sempre. A lui, l’angelo dei 20 bambini, è dedicato un intero capitolo del libro di Maria Pia Bernicchia che, proprio da Schwarberg ha ricevuto il testimone per non dimenticarli mai.
informazioni prese da varie fonti sul web
non ci sono parole per commentare tutto questo.
mi viene forse da dire che purtroppo quello nazista è stato solo un tentativo di sistematizzare una strage che è sempre esistita, che dura ancora oggi e che pare destinata a continuare per sempre: quella contro il nemico, il diverso, il capro espiatorio.
e che la giornata della memoria dovrebbe servire sì a ricordare le vittime delle infamie del Nazifascismo, ma pure tutte quelle che continuano a soffrire e a morire per le infamie (con tanto di ispettori e opinione pubblica messi di fronte a recite grottesche) dei giorni nostri.
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sono d’accordissimo
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Non c’è parte né colore che tenga … il mondo è un’eterna guerra tra il bene e il male. È doloroso sapere e pensare a tutte le persone che hanno sofferto e soffrono…io non riesco a darmi pace mai su un punto, è il mio chiodo fisso : la fame nel mondo! Ma come può esistere??????????????? Un bacio Pina😢🌸
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Considerare non persone cioè soggetti con una dignità intrinseca permette ad alcuni gruppi di considerare l’altro oggetto, manipolabile a piacere, fino a disporne della vita arbitrariamente. Questo è stato tragicamente mostruoso con il nazismo, ma esistono tante forme per cui si smette di essere persone agli occhi di qualcuno. Quello che ci può salvare è lo sguardo sull’altro, riconoscere la sua umanità, l’appartenenza ad un’unica famiglia umana.
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Le vere grandi vittime di quella crudele guerra furono proprio i bambini
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anche chi di loro è sopravvissuto, si è portato dentro ferite mai più rimarginate
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Vero ferite che non guariscono mai
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Scopro con piacere che anche tu hai dedicato un articolo alle piccole-giovani vittime di questa immane tragedia, presentando un’utile sintesi degli accadimenti più gravi e anche di quelli meno conosciuti. C’è sempre da riflettere su queste tremende vicende del passato, considerando anche il fatto che in molti paesi del mondo ci sono simili crudeltà che si ripetono, anche se su base minore. Giusto non allentare la guardia, conservando e alimentando la Memoria non solo nel giorno dedicato, se possibile, ma anche nel corso dell’anno.
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Credo anch’io che vada mantenuta la memoria, ogni giorno, sperando che ci aiuti a prevenire le atrocità. Dico sperando perché seppur con forme e ideologie diverse, l’annientamento dell’umanità è sotto i nostri occhi
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Questa tragedia ha così tanti punti di vista da essere davvero esemplificativa nel suo orrore.
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Mengele, che quando arriveranno gli Alleati riuscirà a scappare e a rifugiarsi in Alto Adige, dove sarà accolto e nascosto dal comune di Termeno – Tramin in tedesco, proprio quel luogo ameno sulla strada dei vini, dei magnifici vini sopra Mezzocorona – e dai funzionari di quel comune gli verranno consegnati documenti falsi non solo a lui del resto ma anche a Adolf Eichmann. E con quei documenti falsi si imbarcò per il Sudamerica, nessuna condanna lo raggiunse mai, e dopo anni e anni morì serenamente di suo, come si dice.“
Da “La compagnia del vento” di Vanna de Angelis.
https://zapgina.wordpress.com/2017/01/26/la-compagnia-del-vento/
Gli esperimenti sui bambini sono stati compiuti anche dal dr. Alfredo Siegfried, psicologo svizzero fondatore dell’opera di soccorso ‘Enfants de la Grand-route’, specializzata nella protezione dei bambini rom dal rischio dell’abbandono. Usava vasche di acqua gelida e sterilizzazioni. Quest’opera era sostenuta dall’Associazione Svizzera ‘pro Juventute’.
“E pensare che l’associazione benefica Pro Juventute venne chiusa solo nel 1972, che solo nel 1998 la Confederazione Elvetica si è decisa a definire l’opera di soccorso ‘Enfants de la grand-route’ del dottor Siegfried ‘un tragico esempio di discriminazione e persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della maggioranza’.”
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agghiacciante…
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Non c’è niente di peggio che spacciare per “operazione di soccorso” un massacro; e non è cosa che si possa relegare al passato.
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no, purtroppo no
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Ciao Pina…. preferisco NON COMMENTARE…..
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Scusami, sono troppo emozionata per trovare parole adeguate ad un commento
Io vivo tutti i giorni con i piccoli della mia classe, piccoli di soli sei anni, e il solo pensiero che qualcuno possa tradire, lacerare la loro innocenza mi sconvolge!
Un grazie sincero
Adriana
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