Oggi vorrei consigliarvi un romanzo che non vedo più comparire da molto tempo. Eppure, a mio modestissimo giudizio, è in sé un piccolo (quanto piccolo?) capolavoro. Risale a molti anni fa (1955), e Sellerio lo ha portato in Italia negli anni Novanta, ma vi assicuro che è godibilissimo.

«La carta di identità in cui Rosaura si chiama Marta Córrega è falsa. Un lavoro raffinato, di cui mi congratulo con lei, ma che non impedisce che la carta d’identità sia irrimediabilmente falsa. (…)»

«(..) dal suo punto di vista la carta è falsa. Ma forse questo si deve al fatto che lei crede vera Rosaura. Il falso non è in quella povera carta di identità, ma nella persona. (..)»

«(..)Rosaura non esiste.»

 

Rosaura alle dieci, di Marco Denevi, Sellerio Editore, traduzione di Glauco Felici

Marco Denevi, argentino, in questo intrigante romanzo ha messo a punto un’architettura perfetta che, attraverso punti di vista diversi, frammenta la realtà in versioni diverse, a seconda di chi è a riportarla. Niente di strano o di originale, direte: beh, però bisogna essere dei grandi maneggiatori di parole per ottenere un risultato come questo.

Un delitto non poteva mancare; quindi bisogna capire come sono andate le cose. A questo scopo, l’autore propone quattro dichiarazioni ad un ispettore di polizia, di cui la prima, quella resa dalla logorroica proprietaria della pensione, doña Milagros, occupa la gran parte. Pettegola, chiacchierona, moralista e ficcanaso, si sbrodola in mille congetture intorno alla vita del restauratore-pittore Camilo Canegato, suo ospite buono e carino finché non salata fuori la sua relazione con Rosaura, che crea un grande disappunto nella locandiera.

Dopo di lei, tocca a David Réguel, ospite pure lui e studente di legge, che tra latinismi e puntate filosofiche, cerca di impressionare l’ispettore, mal celando il suo interesse per Rosaura.

La terza dichiarazione è di Camilo, “Conversazione con l’assassino”, si intitola il capitolo per togliere ogni dubbio. Ma le certezze non appartengono a questo romanzo. Di questo ometto tanto dileggiato, man mano che espone la sua versione, capiamo di che pasta sia fatto, di quanto viva in un mondo tutto suo, adagiato su un piano sfalsato rispetto a quello reale, di quanto la sua personalità potrebbe benissimo essere un ennesimo eteronimo pessoano. Il colloquio tra Camilo e l’ispettore Baigorri si apre con una lunga disquisizione sulla pittura, tutta da leggere! e, naturalmente, non casuale. Man mano, il nostro Camilo si manifesta e con prepotenza guadagna la scena, affermandosi come vero protagonista di questo giallo divertente e ironico.

Come ultima testimonianza, abbiamo la zitella di turno, la signorina Eufrasia Morales; ospite presso la pensione, non avendo una vita sua da vivere, ovviamente vive facendosi i fatti degli altri.

Chiude il tutto un “Frammento” che lascia poco spazio a congetture e fantasie romantiche.

Non avrei permesso che nessuno sapesse della sua esistenza né del suo amore per me. Sì, sì, lei ha ragione. La mia irresponsabilità era la tranquillità d’animo dell’attore di teatro, che soffre e piange e muore sul palcoscenico, e sa che poi il sipario calerà, e lui si spoglierà del dolore e della morte come del trucco, e se ne andrà a casa a dormire. Ma quando rimanevo solo, a volte mi assalivano dei rimorsi, dei lampi freddi della coscienza .. Nella solitudine dello studio o della mia camera, Rosaura, priva di ogni sostegno esterno, sprovvista di scopo, mi appariva come un mostro da incubo.