Continuo la lettura dei sonetti di Lorca, di cui trovate la presentazione in questo post; sul blog sono presenti gli altri sonetti esaminati.
El poeta habla por teléfono con el amor
Tu voz regó la duna de mi pecho
en la dulce cabina de madera.
Por el sur de mis pies fue primavera
y al norte de mi frente flor de helecho.
Pino de luz por el espacio estrecho
cantó sin alborada y sementera
y mi llanto prendió por vez primera
coronas de esperanza por el techo.
Dulce y lejana voz por mí vertida.
Dulce y lejana voz por mí gustada.
Lejana y dulce voz amortecida.
Lejana como oscura corza herida.
Dulce como un sollozo en la nevada.
¡Lejana y dulce en tuétano metida!
Il poeta parla al telefono con il suo amore
La duna del mio petto nella dolce
cabina di legno la tua voce intrise,
e al sud dei miei piedi primavera arrise
e al nord della mia fronte fior di felce.
Cantò un pino di luce in quel rettangolo
senz’opera di seme né d’aurora,
e il mio pianto intessé una corona
di speranze, la prima, verso l’alto.
Dolce e lontana voce per me effusa.
Voce dolce e lontana alla mia sete.
Lontana e dolce voce che si smorza.
Lontana come oscura cerva in fuga.
Dolce come un singhiozzo tra la neve.
Lontana, dolce, e infitta nelle ossa.
traduzione di Mario Socrate
La suddivisione normativa tra quartine e terzine è rispettata anche nel presente sonetto. Al tema espresso nella fronte – la voce dell’amato che giunge attraverso il telefono – fa riscontro il commento contenuto nella sirma.
In Q1 il calore della voce apporta beneficio al poeta fin nel profondo dell’animo – “la duna de mi pecho” – fino a trasformare in bellezza e felicità anche tutto ciò che lo circonda – “por el sur de mis pies … flor de helecho”. Il calore della voce diviene luce; voce alta e verde, giovane – “pino de luz” – la cui melodia non ha né “alborada” ne “sementera”, ma che trasforma il pianto del poeta in pianto di gioia, di speranza.
T1 e T2 descrivono la voce; voce che è sempre “dulce y lejana” e, di verso in verso, effusa, gustata ed infine attutita, smorzata. In T2 – unico momento in cui Lorca usa la comparazione – la voce è paragonata ad una “oscura corza herida” e ad un “sollozo en la nevada”: ci appare quindi come un suono delicato e ferito, unico atto emotivo nella freddezza che lo attornia. Questa voce ormai è parte del poeta stesso, è dentro di lui fin nel midollo delle ossa, “en tuétano metida”.

Affascinante ☺️ anche la cabina
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ormai non se ne vedono più…
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Così non ne ho mai viste.
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qualcosa di simile mi sembra di averlo visto a Roma, da bambina
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Sarò direttrice artistica di uno spettacolo dedicato a Garcìa Lorca. Ballerine di flamenco accompagneranno poesie e letture. È tutto ancora in embrione e dobbiamo ottenere ancora i permessi. Speriamo che vada tutto bene e si parte.
Tu cosa proporresti come opera di inizio?
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Che bello! Poi facci sapere i dettagli, magari chi è vicino potrebbe essere interessato a partecipare. Per la scelta, dipende dal tema conduttore dello spettacolo e dallo sviluppo. Personalmente, sono molto legata al teatro di Lorca e al Poema del cante jondo. Se il focus è incentrato su Andalusia e poetica del gitano, pescherei dal Romancero. grazie del passaggio!
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L’ha ribloggato su Alessandria today @ Pier Carlo Lava.
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