Poi mi portarono via e trascinarono davanti alla telecamera la mia compagna di studi. La sciarpa e gli occhiali non li aveva più. In compenso aveva un occhio nero. La pettinatura si era disfatta, i lunghi capelli le cadevano giù sulle spalle e sulla schiena. Quando ci incrociammo davanti alla telecamera mi fece un sorriso meraviglioso, direi quasi innamorato. E quel suo sorriso fu filmato e depositato negli archivi della polizia segreta. Di sicuro lì dentro era ben custodito, ma ancor più lo era dentro di me. (pag 139)
Dalla parte del bene, di Martin Fahrner, Keller editore 2018, traduzione di Laura Angeloni
Quello di Fahrner è un libro piacevole, di quelli che scorrono veloci, pagina dopo pagina, e nei quali segui il flusso dei ricordi del protagonista un po’ come se fosse un amico che ti racconta la sua vita, le persone che l’hanno resa speciale, i fatti in cui si è trovato coinvolto, le scelte davanti alle quali ha dovuto prendere una decisione. Scelte, le sue e quelle dei suoi genitori, come quelle dell’amico Honza, che provano a stare sempre dalla parte del bene. Sia che si tratti di scelte nella vita personale, che di fronte ad eventi politici; scelte pensate e soppesate, il più delle volte; raramente prese di getto, perché sia il protagonista principale che gli altri personaggi sembrano accomunati, tra le tante cose, da questa capacità riflessiva, figlia del rispetto e della volontà di fare la cosa giusta.
In una concatenazione di brevi capitoli, viaggiamo attraverso i ricordi, mescolando un po’ quelli più vecchi e i più recenti, di un uomo – di cui non si dice il nome – che racconta la sua vita a partire dai nonni, e poi i genitori, e lui stesso, da quando era bambino fino all’età adulta.

Figlio di un asso del calcio, trascorre tutta l’infanzia e l’adolescenza all’ombra del mito del padre, l’asso sportivo ammirato e invidiato, di cui lui – almeno nelle speranze del padre – dovrebbe continuare il lustro; ma la vita di un figlio, si sa, non prende quasi mai la strada che i genitori si aspettano. Dunque, nel corso dei capitoli, vediamo il protagonista crescere e seguire la sua strada, passando attraverso molte prove, come nei romanzi di formazione. Quello che però ha ereditato dal padre, sono la determinazione e il desiderio di essere sempre dalla parte del bene: è quello il faro che illumina le sue scelte, ma non è sempre facile tenere quella rotta. E allora, si può solo imparare ad accettare le proprie imperfezioni, a perdonare quelle degli altri, e a costruire un castello di ricordi e di sentimenti capace di consolarci quando non tutto va per il meglio, così come di darci la forza quando le prove che si profilano dinnanzi sono le più dure.
Il racconto è ambientato in un piccolo paese prossimo al confine con la Polonia, in quella che era allora la Cecoslovacchia: gli eventi storici di quel periodo – l’invasione russa, il regime comunista, le lotte studentesche, la caduta del muro di Berlino – erompono nelle vite dei protagonisti, mostrando al lettore come sia stato viverli in quel paese.
Lo scrittore ceco Martin Fahrner scrive questo romanzo con uno stile lieve, venato da una sottile ironia, creando un quadro che si arricchisce di particolari con il procedere dei capitoli, svelando poco a poco i fatti, i legami familiari, le vittorie e le sconfitte. Una lettura che si sposa bene con due stati d’animo: quando si è soverchiati da mille inciampi e dilemmi, oppure quando si ha bisogno di ridare valore ai legami familiari, alla loro forza coesiva.
Qui potete leggere l’incipit.
Letto l’inciit, è un libro che nn si vorrebbe lasciare.
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di quelli che ti prendono per mano, in modo dolce e affabile
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