Atto di violenza, di Manuel De Pedrolo, Paginaotto edizioni 2020, traduzione di Beatrice Parisi, pagg.288
Un autentico classico scritto in pieno franchismo, viene finalmente pubblicato in Italia, da una nuova casa editrice di Trento, Paginaotto.
La scrittura è un atto di violenza, un mestiere violento. O meglio: raccontare una società violenta significa fare della scrittura un atto di violenza. Una scrittura che si propone di raccontare la violenza del potere non può essere la scrittura pacificata che intrattiene: è una scrittura che deve camminare sui carboni ardenti e soffiare sul fuoco della rivolta. La scrittura come la intende e la pratica Manuel De Pedrolo. Una scrittura che non si può fare come se fosse un pranzo di gala, parafrasando una famosa citazione di Mao che ogni amante degli spaghetti western conosce a memoria. Dalla postfazione di Alberto Prunetti.
Come molte altre opere di Manuel de Pedrolo, anche Atto di violenza, terminato nel 1961, non passa al vaglio della censura franchista. Presentato col titolo Esberlem els murs de vidre (Abbiamo rotto le pareti di vetro), viene respinto una prima volta nel 1963, poi nel 1965 e ancora nel 1968, benché vincitore del premio Prudenci Bertrana con il titolo Esta d’excepció (Questa è un’eccezione).
Cambiare titolo era una strategia rivolta ai funzionari istituzionali, che in certi casi risultava vincente. Il Ministero impartiva istruzioni precise su ciò che doveva essere censurato, includendo ogni opinione politica discordante, ogni visione non conforme a quella tradizionale della morale, della religione e della famiglia. Oltre a questo la censura di regime prestava una particolare attenzione alle opere scritte in catalano, dalle quali si doveva eliminare ogni allusione all’identità nazionale e al catalanismo, e non permetteva di fare riferimento alla storia e alla società contemporanea della Catalogna, di cui invece Atto di violenza è molto rappresentativo. Alla morte di Franco, nel 1975, la casa editrice Edicions 62 pubblicò finalmente Acte de violència. Da tempo fuori catalogo, Acte de violència è stato ristampato nel 2016 da Sembra Llibres ed ora è finalmente approdato in Italia.
«È molto semplice: restate tutti a casa.» Questo anonimo slogan è stato in grado di contagiare un’intera città. Le strade sono vuote. La paralisi si diffonde. Quasi nessuno andrà a lavorare. Trasporti, negozi e fabbriche cessano le attività. Una rivolta collettiva sembra possibile senza spargimento di sangue.
Nel corso di tre giornate (il libro è diviso in tre parti, le tre giornate, per un totale di ventuno capitoli) nelle quali la popolazione si ribella contro il regime dittatoriale retto dal giudice Domina, seguendo una consegna tanto semplice quanto efficace, lo scrittore ricostruisce un movimento di disobbedienza civile dal punto di vista dei personaggi minori, che più o meno consapevolmente fanno la storia.
Se i protagonisti popolari emergono vivamente dal racconto, descritti nelle loro occupazioni abituali, il giudice Domina appare direttamente solo nell’ultimo capitolo ma è presente in ogni pagina del libro come lo scenario di fondo davanti al quale si dipana la vicenda narrata: un regime oppressivo che il dittatore incarna pienamente, un potere assoluto e senza limiti che tutto può e tutto ottiene grazie al controllo delle forze di polizia e a una repressione che cala pesantemente sulle tre giornate di rivolta (senza dimenticare l’appoggio della piccola borghesia bottegaia che gli rimane fedele).
Caratterizzato fortemente dai temi della disobbedienza civile, dello sciopero e del conflitto, Acte de violència non solo si scontra con lo zelo censorio del regime ma non si trova in sintonia neppure con l’opposizione rappresentata dal PCE, ormai passato a sostenere la politica di riconciliazione nazionale. Proprio la prospettiva di rottura del libro, la sua proposta ribelle, incontrano invece il favore della sinistra indipendentista nata negli anni’60, per la quale Manuel De Pedrolo rappresenta un punto di riferimento culturale ineludibile. La violenza evocata fin dal titolo e narrata nel libro è quella ordinaria e strisciante con la quale gran parte della popolazione ha imparato a convivere nel corso degli anni, immediatamente riconducibile a quella del franchismo, denunciata nel libro da una minoranza combattiva ma non abbastanza forte per rovesciare il regime. Una violenza ordinaria che finisce per passare inosservata, ormai in grado di spacciarsi come normalità ma finalmente messa in questione da un movimento che, all’insegna della disarmante e perfino surreale parola d’ordine è molto semplice, rimanete tutti a casa, prepara per il giudice Domina un epilogo diverso da quello che la realtà ha riservato a Franco.
(si ringrazia il sito Catalunyasenzarticolo)
Narrato con la forza e l’astuzia di una delle voci principali della letteratura catalana del ventesimo secolo, Atto di Violenza ci pone di fronte a un potente interrogativo: cosa accadrebbe se sommassimo le forze in uno sciopero collettivo e indefinito? La risposta è uno dei libri più rappresentativi e celebri di Manuel de Pedrolo. Un romanzo in cui questo aspirante alle utopie ci parla di resistenza e oppressione, di solidarietà e violenza, di coinvolgimento e indifferenza.
La storia che Manuel de Pedrolo ci racconta sorprenderà piacevolmente il lettore per due cose: la modernità dello stile e l’attualità della trama.
Manuel de Pedrolo (L’Aranyó, Segarra, 1918 – Barcellona, 1990) è uno degli scrittori più illustri della letteratura catalana del del XX secolo. Da noi è sconosciuto, ma in Catalogna è un mito: murales, biblioteche e strade a lui intitolate, convegni, continua riproposta dei suoi oltre settanta romanzi (polizieschi compresi).
Narratore, drammaturgo, saggista, poeta e traduttore, Pedrolo coltiverà tutti generi letterari e collaborerà regolarmente con la maggior parte delle riviste catalane dell’epoca. Come traduttore si concentrerà sugli autori francesi e nordamericani contemporanei e dirigerà la collana di romanzi neri La cua de palla. La sua prolifica produzione oltrepassa il centinaio di opere con romanzi di grande rilievo come, per esempio, Totes las bèsties de càrrega, Milions d’ampolles buides, Joc brut, il ciclo Temps Obert o Mecanoscrit del segon origen, il libro più tradotto della letteratura catalana (pubblicato in Italia nel 2001 da Atmposphere col titolo Seconda origine). Durante la sua carriera meriterà numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali il Premi d’Honor de les Lletres Catalanes, e manterrà un fermo impego politico per le libertà sociali e nazionali del suo popolo.
contraccambio gli auguri, nello specifico a te di buona lettura, Flavio
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Almeno quello si può fare….
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