Teheran era la mia casa, ma qualcosa era cambiato, qualcosa era perduto per sempre. Sentivo di non appartenere più a quei luoghi, come fossi stata via per molti anni e poi fossi tornata in una città di estranei. Avevo vissuto un sogno, e senza Keyvan nulla aveva più senso. Quella città era piena di fantasmi: Sara rinchiusa in cella, il livido sul viso di Sima e la sua gonna macchiata, le costole fratturate di Hastee, i ragazzi sugli autobus diretti in battaglia. Nasrin e io che ci tenevamo strette mentre le sirene ululavano; e in ogni ombra, gli occhi scuri di Keyvan. (pag. 231)
Il cielo color melograno, di Louise Soraya Black, 66th and 2nd 2012, traduzione dall’inglese di Barbara Ronca, pagg. 251
Louise Soraya Black, col suo primo romanzo, ci mette in connessione con una città, una cultura, un mondo distanti da noi e che, grazie alla sua capacità creativa, alla fine dell’opera, ci sembra di conoscere meglio.
Protagonista del romanzo è Layla, una venticinquenne iraniana cresciuta in una famiglia della società agiata, in un quartiere elegante; nonostante una certa apertura di vedute, la sua è comunque una famiglia legata alle tradizioni, come quella che prevede per le ragazze che il loro destino si compia con un buon matrimonio. Layla sente che questa realtà le va stretta, immagina di potersi realizzare anche per se stessa, attraverso ad esempio un lavoro, e soprattutto vuole essere lei a decidere con chi e quando pensare ad un rapporto stabile.
Il racconto prende avvio e si sviluppa nei primi anni Duemila, ma grazie ad una serie di flash-back, l’autrice ripercorre le vicende familiari della protagonista e trent’anni di storia dell’Iran: la cacciata dello Scià, la rivoluzione, l’avvento dei mullah, la repressione politica e religiosa, la sanguinosa e lunga guerra contro l’Iraq.
Layla insegna inglese in una scuola femminile ed è combattuta tra il rispetto dovuto alla famiglia e il desiderio di libertà. Un pomeriggio conosce alla scuola d’arte, che frequenta per hobby, il giovane e affascinante Keyvan. Tra loro si stabilisce subito una forte intesa che sfocia presto in una relazione che li costringe a vedersi di nascosto, lontano dagli occhi delle rispettive famiglie e soprattutto del Komiteh, la polizia della morale pubblica che vieta ai giovani di incontrarsi fuori dal vincolo del matrimonio. In breve tempo Layla diventa l’amante di Keyvan ed costretta ad intessere una rete di bugie per continuare questa relazione, mentre sua madre continua a fare pressioni per presentarle un buon partito da sposare.
L’improvvisa morte dello zio Mammad – un giornalista dissidente – riunisce la famiglia per i rituali religiosi e di lutto. Arrivano a Teheran la cugina Roxana, avvocato che vive a Londra e la cugina Sara, studentessa di college, che vive in California. I loro punti di vista su temi come la libertà, la possibilità di scegliere per se stesse il futuro che si vuole, il non dovere sottostare al cliché che vuole la donna iraniana madre e casalinga sottomessa, portano Layla a riflettere profondamente sulla propria realtà e a rifiutare il giovane promesso sposo scelto dalla madre.
Durante i giorni del lutto accadono una serie di fatti legati alle politiche repressive attuate dal governo iraniano e Layla si trova di fronte ad una verità a cui non era preparata e che manda in frantumi le sue aspettative. Layla, dopo questi fatti, non è più la stessa di prima e l’unico passo che si sente di fare è chiedere un visto per l’Inghilterra, una fuga che le permetta di affermare la sua identità e di inseguire le sue aspirazioni, senza doversi sottomettere alla morale pubblica di un paese in mano ai mullah. Quello che si lascia alle spalle non potrà essere dimenticato; resteranno nel suo cuore gli affetti familiari, le tradizioni e la cultura di un paese che, nonostante tutto, ama profondamente.
Louise Soraya Black col suo romanzo ci porta nella parte più ricca di Teheran, dove l’alta società vive in belle case immerse nei giardini, con alle spalle i sontuosi monti Elburz; siamo negli anni Duemila, in un Iran post-rivoluzionario, che cerca di vivere la normalità ma che è comunque costretto a fare i conti con la nera ombra del regime religioso. L’autrice descrive con precisione ma senza pedanteria lo stile di vita, le tradizioni familiari e culinarie, regalando al lettore un punto di vista privilegiato, di prima mano, senza però appesantire la narrazione dove comunque i protagonisti e le loro vicende restano centrali. Dunque un libro per chi ama viaggiare e conoscere società lontane, senza rinunciare ad una storia coinvolgente.
Padre iraniano e madre inglese, Louise Soraya Black è nata nel 1977 in Inghilterra, ma i primi diciassette anni della sua vita li ha passati in giro per il mondo, prima in Nigeria, dove il padre dirigeva un programma di aiuti per conto dell’Unicef, poi in Pakistan, Bangladesh e Indonesia. Nonostante i continui spostamenti, la scrittrice sostiene di aver sempre avuto radici molto forti: tutte le estati i suoi genitori tornavano in Inghilterra e a Natale andavano in visita in Iran. Studentessa prima di Letteratura e poi di Giurisprudenza, l’autrice ha lavorato per otto anni come avvocato a Londra. Nel frattempo scriveva, nei fine settimana, sul treno, durante le pause pranzo, e ha pubblicato il suo primo romanzo, Il cielo color melograno, che si è aggiudicato il Virginia Prize for Fiction. Louise Soraya Black è sposata e vive nel Surrey con il marito e il figlio.
Vi segnalo questa intervista per approfondire.
“un libro per chi ama viaggiare e conoscere società lontane, senza rinunciare ad una storia coinvolgente”: esattamente il tipo di libro che cattura il mio interesse. Esattamente il tipo di libro che trova una posizione privilegiata nella tua libreria e che su sai presentare così bene :).
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Merito del libro…
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e di chi lo ha recensito 😉
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grazie, lo aggiungo nell’elenco di libri da leggere!
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Buona giornata 🌷
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