Per gli amanti della musica, e in particolare della musica rock, un libro che sicuramente non rimpiangerete di avere letto:

1971. L’anno d’oro del rock, di David Hepworth, Sur edizioni, collana BigSur, pagg. 400

Il 1970, con lo scioglimento ufficiale dei Beatles, segna la conclusione simbolica degli anni Sessanta. Archiviata traumaticamente un’era musicale, se ne apre una interamente nuova, in un misto di aspettative e delusioni, paure e slanci creativi. Il 1971, il primo anno del nuovo e all’apparenza fragile decennio, si dimostrerà alla fine tra i più fertili e innovativi di tutta la storia del rock, lasciando un’eredità che a distanza di quasi mezzo secolo continua a essere fortemente sentita nel panorama musicale contemporaneo.


Seguendo un filo cronologico, ma arricchendo la narrazione con libere associazioni, approfondimenti o semplici curiosità, il critico inglese David Hepworth racconta eventi noti e meno noti di un anno irripetibile. La prima visita di David Bowie negli Stati Uniti, da cui scaturirà l’idea del personaggio di Ziggy Stardust. Le leggendarie sedute di registrazione agli studi A&M di Hollywood, dove negli stessi giorni vengono incisi Tapestry di Carole King e Blue di Joni Mitchell, i due capolavori del cantautorato femminile del decennio. La nascita della prima catena di negozi di dischi su scala mondiale, la Tower Records, e quella del primo programma televisivo dedicato alla black music, Soul Train. E poi il matrimonio di Mick Jagger, l’infortunio di Frank Zappa, la morte di Jim Morrison…

Organizzato come un Concept album, diviso in dodici capitoli – uno per mese -, una playlist di dieci canzoni per mese, il libro ripercorre i successi nati nel 1971, come Hunky Dory di David Bowie, Sticky Fingers dei Rolling Stones, o il – meno noto da noi – Tapestry di Carole King che ha rappresentato la rivolta delle “brave ragazze”, andando a sollecitare un immaginario collettivo di chi lo ha vissuto, ma anche di chi a quell’anno guarda con gli occhi di oggi.


Tra songwriter romantici e rockstar in fuga dal fisco, produttori avventurosi e discografici spregiudicati, ideatori di trasmissioni radiofoniche e inventori di strumenti elettronici, 1971 compone, con rigore e un tocco di nostalgia, una cronistoria inedita dell’«anno d’oro del rock».